L’anno 1943 è stato un punto di svolta nella storia mondiale, un momento in cui le potenze alleate stavano cercando di liberare l’Europa dalla tirannia nazista. Tuttavia, guardando oltre le vittorie celebrate, emerge un lato oscuro e controverso di questa epoca, una storia di compromessi e interessi geopolitici che spesso contraddicevano la retorica della “liberazione”.
Gli inglesi bombardavano e “liberavano” l’Italia e allo stesso tempo lasciavano morire di fame per carestia dai 3 ai 5 milioni di indiani del Bangladesh.
Nel corso di quegli anni, gli inglesi erano impegnati in una doppia missione: liberare l’Italia dall’occupazione nazista e combattere la guerra in Asia contro le forze giapponesi. Ma c’è un dettaglio scomodo e spesso trascurato: mentre cercavano di sconfiggere il nemico in Europa, gli inglesi stavano anche affrontando una grave carestia in India . doce proprio gli aglosassoni hanno gravi responsabilità – all’epoca parte dell’Impero Britannico.
Stime indicano che tra 3 e 5 milioni di indiani nel Bengala persero la vita a causa della fame.
Questa tragedia fu causata da una combinazione di fattori, tra cui la mancanza di risorse alimentari dovuta all’occupazione giapponese della Birmania, regione chiave per l’approvvigionamento di cereali, e la decisione cinica di esportare le scorte di cibo dall’India per alimentare le truppe inglesi e la popolazione britannica stessa. Questa scelta, sebbene possa essere stata giustificata come necessaria per il proseguimento dello sforzo bellico, solleva interrogativi morali significativi.
Ma c’è di più.
L’India era in tumulto durante quegli anni, con un crescente movimento di indipendenza che lottava contro il dominio coloniale britannico.
Winston Churchill, all’epoca Primo Ministro britannico, aveva una visione distorta e razzista degli indiani, definendoli “il popolo più bestiale al mondo, dopo quello tedesco”. Questa ostilità influenzò le decisioni politiche e strategiche prese dal governo britannico durante la carestia.
Tutto ciò solleva una domanda fondamentale: fino a che punto la liberazione dall’oppressione nazista era effettivamente associata alla promozione della giustizia e della libertà?
Le potenze coloniali, come l’Impero Britannico, spesso difendevano le loro azioni in nome della “libertà” e della lotta contro i “tiranni”, ma le loro politiche nei territori occupati raccontano una storia diversa.
Questa è una lezione dolorosa della storia che ci ricorda che il mondo è complesso, fatto di sfumature grigie piuttosto che di bianco e nero. Gli imperi e gli imperialismi spesso nascondono i loro crimini dietro un velo di retorica idealistica, e la difesa dei valori democratici può essere distorta per servire interessi egoistici. Ciò che è ancora più inaccettabile è la complicità di coloro che, per vari motivi, sostengono queste azioni, cercando di giustificarle in nome della “difesa dei valori democratici”.
La storia ci insegna che dobbiamo essere critici e consapevoli delle azioni delle nazioni e dei loro leader, e che la difesa dei diritti umani e della dignità deve essere un impegno costante, al di là delle retoriche politiche