65.MO TAORMINA FILM FEST – La coinvolgente masterclass di Pierfrancesco Favino
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65.MO TAORMINA FILM FEST – La coinvolgente masterclass di Pierfrancesco Favino

– di Corrado Speziale

“Il Traditore”, di Marco Bellocchio, sabato sera, si è aggiudicato ben sette Nastri d’Argento. Quello come miglior attore protagonista è andato a Pierfrancesco Favino, per la sua splendida interpretazione nel ruolo di Tommaso Buscetta. L’attore romano, che sta vivendo il periodo più importante della sua carriera, nel corso della prima giornata del Taormina Film Fest, è stato protagonista di una coinvolgente masterclass in cui ha raccontato le sue esperienze di vita dentro e fuori dal set, rispondendo anche alle domande dei giornalisti e del pubblico accorso numeroso nella sala A del Palacongressi di Taormina. Tra gli argomenti, la sua esperienza nel set de “Il Traditore”, la formazione dei giovani talenti del cinema italiano, la creatività, le sensazioni che suscita il mestiere d’attore. Il tutto raccontato in maniera semplice e amichevole da uno dei più grandi attori del momento, uomo e artista dotato di grande sensibilità. Top secret sul suo prossimo film in uscita, “Hammamet”, di Gianni Amelio, dedicato alla vita di Bettino Craxi. Oggi al festival sarà il giorno della superstar Nicole Kidman.     

 

“In conversation with Pierfrancesco Favino”, è stato il titolo dell’incontro che ha fatto seguito alla proiezione del “Il Traditore”, di Marco Bellocchio, evento speciale della prima giornata del Taormina Film Fest, giunto alla 65.ma edizione. Sullo stesso segmento, oggi, alle 17, la sala A del Palacongressi taorminese ospiterà l’incontro, attesissimo, con la superstar di questa edizione del festival: l’attrice australiana Nicole Kidman.

La sera precedente, al Teatro Antico, erano stati consegnati i Nastri d’Argento, premi speciali assegnati dal Sindacato nazionale giornalisti cinematografici italiani, dei quali ben sette sono andati proprio al film di Bellocchio. Tra questi, quello come miglior attore protagonista, se lo è aggiudicato Pierfrancesco Favino che nel film ha vestito i panni di Tommaso Buscetta.

Tanta gente appassionata e interessata ha quasi gremito la sala A del Palacongressi per incontrare Favino, rivelatosi artista dalle spiccate qualità umane, oltre che professionali, ormai ampiamente riconosciute anche a livello internazionale.

L’attore romano, tra l’altro, è tra i responsabili a Firenze, della Scuola di Formazione del Mestiere dell’Attore. “Voglio dare un contributo alla formazione perché credo che in Italia in questo momento sia bistrattata. Ho una grandissima fiducia nei giovani. Penso che essi costituiscano una miniera di possibilità a noi ignota. Noi non li notiamo e loro non hanno alcun interesse ad essere visti da noi”. Così Pierfrancesco Favino ha accennato alla formazione. “E’ giusto dare loro gli strumenti dell’oggi – ha proseguito l’attore – per cui in questa scuola ci sono insegnanti che vengono da tutto il mondo. Il nostro è un mestiere che sta iniziando ad avere un vocabolario globale e rischiamo di non avere attori o registi preparati e competitivi col resto del mondo. Mentre, viceversa, quest’ultimo sta maturando un’idea diversa rispetto alla narrazione, facile, nuova, proiettata verso il futuro”.

Ma la fiducia verso i giovani l’ha sentita anche rispetto all’ultima importante pellicola che l’ha visto protagonista: “Attraverso una lettera che ci è stata mandata da una classe di seconda media, questi ragazzi, dodicenni e tredicenni hanno raccontato a me e a Marco (Bellocchio, ndr) d’aver visto il film e d’aver capito l’importanza della scelta nella vita. Bravissimi i loro insegnanti, ma commovente l’idea che un film come questo possa essere stato utile a dei ragazzi”. Scuola e integrazione: “Le mie figlie, relativamente al discorso dell’integrazione, sono nate e cresciute in classi multirazziali, per cui non hanno assolutamente il problema di cui si parla sui giornali”. Con questa affermazione di Favino, visto il momento, dalla platea è partito un grosso applauso.

Il rapporto tra un attore affermato e il regista che lo contatta per una parte che può andargli più o meno a genio. La scelta sul copione. I criteri: “Ogni film è una storia che si racconta, poi c’è la storia del personaggio, poi ancora la curiosità nei confronti della persona che hai di fronte”. Alla domanda “Con chi vorrebbe lavorare?”, la risposta di Favino è secca: “Con chi ha voglia di lavorare con me…” Poi un’analisi: “Ogni tanto mi metto dall’altra parte. Ci sono film in cui non ricopro il ruolo giusto. Non posso fare tutto. A me piace scoprire e guardo sempre a ciò che non so che sta per avvenire. Se mi chiedi qual è il personaggio che vorresti interpretare, non so rispondere. Può però succedere che arrivi quel film che voglio interpretare e accetto il ruolo, perché sono un attore e quindi lascio aperta la possibilità che qualcosa che mai immagino possa accadere”.

L’esempio più calzante, dopo l’impegno con Bellocchio. “Quando Gianni Amelio mi parlò di Craxi, restai terrorizzato e ho pensato: come faccio? Poi pensai di restare tranquillo e di trovare la strada. Ci provi, sbagli, ne prendi un’altra. La stessa cosa è stata con Buscetta. A me piace il momento della ricerca, della prova, il momento dell’errore, il momento della creazione, questo è l’insegnamento che viene dall’esperienza sul set della generazione in cui tutto può cambiare. Un po’, invece, la nostra generazione – prosegue Favino – sente che tutto ciò che deve avvenire è già deciso. Questo dipende da realtà economiche e dalla possibilità che i mezzi economici danno a registi e attori, ai quali a volte non viene concesso di poter sbagliare per trovare la soluzione giusta”. Favino ha lavorato su set, come quelli americani, dove i soldi non mancavano: “E’ vero, ma mancava la creatività. Devi stare dentro e farti permeare da ciò che ispira ed esprime quel momento di incertezza e di sorpresa. Ché poi gli spettatori non sanno cosa succede dopo. Le storie funzionano così. E mo’ che succede? In questo senso mi piace il lusso di poter stare sul baratro dell’errore”.

Il padre di Pierfrancesco non era d’accordo a che egli facesse l’attore: “All’epoca voleva che prendessi il pezzo di carte e lavorare. Ma ha gioito per le scelte che ho dimostrato di poter sostenere”. Sul precariato: “E’ molto di moda… Se mia figlia mi dicesse che vuole diventare medico le consiglierei di sì…Ce n’è talmente pochi!” Il riferimento ai suoi sacrifici lavorativi da ragazzo. La possibilità che le figlie seguano le orme dei genitori: “La mia vita non è stata tutta rose e fiori. Dentro di me c’era sempre la passione che mi sosteneva. Io e mia moglie (l’attrice Anna Ferzetti, ndr) se nelle nostre figlie vedremo questa passione, allora varrà la pena, se invece dovesse essere solo un’emulazione cercheremo di fare in modo che si rendessero conto di ciò, ma non posso negarlo, non sarebbe giusto”.

Il talento: “All’inizio sfugge a destra e a sinistra. A volte traspare da tante cose involontarie, come accade in questo mestiere. Raramente è consapevole. Quando lo è, all’inizio, è legato alla vanità. Il talento è qualcosa di abbastanza magico. E’ un dono, e più ne hai, più hai responsabilità. Esso non nasce per forza nelle case dei ricchi né in grandi città e in situazioni agiate. Noi apprezziamo il talento di chi può avere le stesse possibilità di chiunque altro”.

Il carisma: “E’ qualcosa con cui forse nasci che ad un certo punto della tua storia equivale a ciò che gli altri percepiscono di te”.

Sensazioni e professionalità. Una parentesi su una domanda riguardo al set de “Il Traditore”: l’ingresso nell’aula bunker del Tribunale di Palermo. “La prima volta che ci entrai – ha ricordato Favino – è stato estremamente emozionante, mi venne un batticuore folle. Avevo passato tanto tempo a riguardare il maxiprocesso”.

Dai lavori più umili, alla carriera d’attore, alla straripante popolarità. Favino resta con i piedi per terra: “Non mi piace l’atteggiamento di distanza con la gente. Se qualcuno mi ferma per strada vuol dire che c’è un motivo rispetto a ciò che ho fatto. La stragrande maggioranza delle persone mi dimostra affetto”. Il successo: “Fino a quando dura è il caso di ringraziare le persone per la loro attenzione. Dopo tre minuti di parole le persone si rilassano, quindi se le ascolti veramente vedrai che ciascuno ha cose interessanti da dirti. Il pubblico è un’entità astratta, per questo ti rivolgi alle singole persone. Io ho scelto di stare da questa parte. Se son bravo a sufficienza le persone si sentiranno rappresentate da ciò che faccio”.

La cura e il rigore dell’attore rispetto al suo prossimo film in uscita, “Hammamet”, sulla vita di Bettino Craxi. Sarà un altro grandissimo successo, ma la risposta alla domanda non ha vie d’uscita: “Non chiedete a me. La prima volta è bene che ne parli il regista Gianni Amelio”.

Da Buscetta a Craxi, Pierfrancesco Favino ancora una volta è pronto a stupire.

1 Luglio 2019

Autore:

redazione


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