CIAO MAESTRO – Onore a Giorgio Albertazzi
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CIAO MAESTRO – Onore a Giorgio Albertazzi

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«Il torbido mi attrae, perché sono solare e non ho alcun pregiudizio moralistico né etico-cattolico.

Sono introvabile e scompaio sempre, chiunque può fare di me quello che vuole, ma se stringe il pugno sono svanito: sono aria e inconsistenza»

Giorgio Albertazzi

 

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Ciao Maestro.

Abbiamo avuto l’onore di verderlo più volte a Tindari, sino alla scorsa estate, e ogni palco che calcava lo rendeva grande, perchè lui era immenso. Lo vogliamo ricordare così come l’abbiamo visto tra di noi, ospite nella seconda edizione della stagione teatrale invernale pattese, solo qualche anno fa, pronto a regarci un indimenticabile ed umano Puccini in cui c’era tanto…tanto di se. Lo ricordiamo tra le antiche pietre del teatro greco di Tindari che amava tanto co le sue Memorie di Adriano alla bellissima interpretazione di vento a Tindari, e fino all’ultimo spettacolo su Borges e Piazzola.

Lo ricordiamo con la sua forza, la battuta pronta, lo sguardo in grado di “uccidere”, il suo stile, la sua classe, con un “bastone” che diventa un terzo arto recitante, i suoi calzini colorati, le sue sciarpe, il suo essere grande.

Grazie Maestro che la terra ti sia lieve.

Così avevamo scritto di lui, ascoltandolo al teatro di Patti nella conferenza stampa, di due inverni orosno, avendo la fortuna di fotografarlo e parlargli.

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Novant’anni  superati da un pò, ma il suo spirito non ha una grinza, è battagliero, il suo sguardo fiero, quel sorriso che gli taglia il volto non smentisce il suo carattere, che l’ha reso a volte Picasso, a tratti la maschera del Dottor Jekyll e Mr. Hyde, perfetto nell’ “L’idiota”, sempre in scena, da mattatore, attraversando i classici del teatro senza dimenticare di lasciare traccia di sé in pochi ma memorabili film, con naturalezza e grandeur, mischiando arte e vita, amori e ispirazione, il suo genio di Maestro della scena con il genio del Maestro della e nella vita ricca di inquietudini e di vicende esistenziali.

Albertazzi_sp-007Albertazzi_sp-014Albertazzi_sp-4Albertazzi_sp-5E così Albertazzi si concede a sorpresa a Patti.

In una conferenza stampa che doveva essere “fredda” e per pochi, ma che per incanto diviene un vero tributo al Teatro, alla Vita, alla Sicilia.

Lui, prima risponde alle domande di una stampa che avverte il peso e lo spessore dell’intervistato, ci sono anche le telecamere di Rai3, poi parla a ruota libera.

Un monologo intenso, ricco di emozioni, di figurare, di intuizioni.

E noi tutti zitti, ad ascoltarlo.. senza fiatare.

Lui, Giorgio, che segue, fino all’ultimo, con meticolosità il lavoro dei tecnici delle luci, che impone i tagli delle ombre sul palcoscenico, che incute riverenza e rispetto ed è seguito, lo si avverte, con venerazione da tutto lo staff ben lieto di apprendere il “fare” proprio da lui;

Lui, “Re” Giorgio, che intrattiene da decenni un intenso colloquio con Dante e Shakespeare, da l’impressione che continua a rigenerarsi vivendo di Arte, nutrendola, e di rigenerare la sua non ancora sopita passione teatrale, fatta di slanci, cultura e curiosità.

E di interrogarsi sul senso e il futuro del teatro.

Ed a proposito di Dante, rammenta quando lo leggeva, lo interpretava per le vie e le strade di Palermo “molto tempo prima di Benigni – afferma sornione – … la Divina Commedia è popolare ed al popolo la si deve omaggiare”.

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Tutto questo con la verve di un “ragazzo” toscano, dal passato vivace, dallo sguardo che non sa cosa significa abbassarsi, da vero Maestro.

L’occasione dicevamo è l’incontro con la stampa avvenuto a pochi minuti dall’inizio della prima siciliana del suo Puccini e che apre la stagione pattese voluta da Mauro Aquino e diretta da Anna Ricciardi
Albertazzi incontra, parla, sorride, è amabile, – a dargli noia solo il dolore alla caviglia per una storta – e sta lì, sotto il palcoscenico, da poco rifatto con un  nuovo e ben dosato maquillage, del Beniaminio Joppolo di Patti – il vecchio Comunale –  mentre già i primi spettatori affollano il foyer.

Lui sembra non  badare al tempo, anche se pressato dal direttore di scena e dai tempi del trucco, e  si è concesso, con grande generosità sia alle telecamere che ai giornalisti, concludendo il tutto in un lungo monologo, senza tempo, che, come sopra abbiamo detto pubblicheremo per intero con le trascrizioni ed i commenti di Armando Di Carlo che l’ha seguito per noi.

Poi tutto è stato un successo.

11_AGOSTO_CASAGG_RSI_COMMEMORAZIONE_webLui è stato “repubblichino”, militante nella Decima Mas, quella del principe nero Junio Valerio Borghese, il battaglione del’elite delle repubblica di Mussulini.

Una guerra, un’avventura, “verso la bella morte”, vissuta insieme all’attore-regista-scrittore Dario Fo, premio Nobel per la letteratura, ed a Mauro De Mauro (il giornalista assassinato dalla mafia a Palermo 35 anni fa, fratello dell’emerito linguista prof. Tullio che è stato ministro della Pubblica Istruzione in due governi delle sinistre-Ulivo), ma non vota per i vecchi fascisti o ex fascisti.

Non ha mai rinnegato, questo splendido novantenne ex ragazzo di Salò, il suo passato ed è uno che guarda sempre avanti, che ti guarda sempre negli occhi.

E’ stato radicale, con Pannella fregandosene  che con il voto alla Rosa nel pugno un partito dell’allora coalizione di Prodi, portò al governo quelli di Rifondazione comunista che continuano a definirlo ‘un fucilatore fascista non pentito’.

Allora disse “avverto il dovere, da cittadino laico, di fronteggiare in tutti i modi l’invadenza della Chiesa: per questo voto radicale, come ho già fatto negli anni delle battaglie per l’aborto e il divorzio, accanto a Pannella ed alla Bonino”.

Albertazzi è così.

Per la cronaca, leggendo uno scritto di  Gaetano Saglimbeni che si riferisce proprio al tema politico citiamo: “In Rifondazione comunista, – parlando appunto di Giorgio Albertazzi – tra quelli che lo accusano di essere stato un “fucilatore fascista”, milita (come tutti sappiamo) l’ex “repubblichino” Dario Fo, [ …] il popolare autore-interprete del Mistero buffo”.
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“Insomma, ideologicamente e politicamente  – scriveva Saglimbeni nove anni fa – oggi agli antipodi (uno a destra e l’altro all’estrema sinistra), i due ex “ragazzi di Salò si ritrovano a votare insieme per un omaggio ai radicali”.

Da un intervista ad Albertazzi leggiamo sul suo impegno radicale: “E’ un doveroso riconoscimento che tutti dobbiamo a chi si batte per la difesa dei diritti civili. Alla Bonino, in particolare, che ammiro molto e vedrei benissimo al Quirinale, prima presidente-donna della Repubblica italiana. Il mio grande sogno è di vedere un governo fatto tutto di donne”.

E su Berlusconi ha affermato “Non lo amo per la sua pompa, ma riconosco che è un grande attore”.

Di Prodi: “L’Italia non ha bisogno di professori, ma di maestri”.

Della sua militanza nella Repubblica di Salò, dice che non si è mai pentito e non si pentirà mai.

Con un nonno socialista, un padre fascista “tiepido” ed uno zio “fascista della prima ora” assassinato dai comunisti a Firenze nei 45 giorni del governo Badoglio, ricorda di essere cresciuto con le imprese di D’Annunzio, dei trasvolatori dell’Atlantico e dei calciatori bi-campioni del mondo.

“Il mio mito”, racconta, “non era tanto quello di Mussolini (non apprezzavo la sua retorica), ma di Ettore Muti ucciso dai badogliani, di Italo Balbo abbattuto nel cielo della Sirte, degli eroi della Folgore disfatta a Birel Gobbi.

La parte legale dell’Italia per me era quella; ed io, rispondendo al bando della Repubblica sociale italiana, ho combattuto per l’Italia”.

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Nessun pentimento, dunque, anche se, tiene a precisare l’attore-regista  Albertazzi, sono state tutte di sinistra le persone importanti della sua  vita, da Luchino Visconti ad Anna Proclemer, e di sinistra sono i suoi amici di oggi, dal presidente del teatro di Roma, all’ex “repubblichino della Decima Mas” Dario Fo ed alla moglie Franca Rame, con i quali ha fatto spesso teatro.

L’ex “ragazzo di Fiesole” che si esaltava alla imprese di D’Annunzio respinge decisamente ogni accusa: “No, voltare gabbana, mai. Le cose che mi avevano spinto a Salò, l’anti-clericalismo, l’idea sociale della Carta del lavoro e della partecipazione dei lavoratori agli utili delle aziende, sono quelle  che ieri proclamava Bertinotti oggi Diliberto e fino all’altro giorno proclamavano anche D’Alema e Fassino.

Di che cosa dovrei pentirmi?

Ciascuno fa nella vita quello che ritiene giusto di fare, giusto o sbagliato che sia.

Non amo i pentiti. Il pentimento è un sentimento cattolico che ho sempre disprezzato e continuo a disprezzare”.

Ed a Patti Albertazzi ha mostrato questa fierezza, non combattendo guerre ma sconfiggendo – parlando di Teatro, di Teatri, di Poesia e d’Amore, da spirito inquieto, mai domo – la noia delle vite grigie.

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Tra le file della Repubblica di Salò.

Margherita Hack repubblichina pentita. E quanti altri vip hanno fatto come lei!

«Giurai fedeltà al regime perché volevo la medaglia vinta in atletica. Ma quella promessa fu per me una sorta di spergiuro, perché ero contraria al fascismo da quando erano entrate in vigore le leggi razziali». Con queste parole la nota astrofisica Margherita Hack ha rivelato al Corriere della Sera un aspetto sconosciuto del suo passato.

«Fu un atto di viltà», ricorda la Hack, impegnata oggi sul versante politico diametralmente opposto (è stata candidata più volte con Pdci e Rifondazione comunista), «ma allora prevalsero la festa e l’orgoglio».

Non è l’unico volto noto che, per necessità o convinzione, aderì al fascismo.

Rinnegandolo poi a distanza di anni.

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Da “figli di stronza” a “quindicenni sbranati dalla primavera”

I vip che furono repubblichini

repubblica-sociale1ATTORI E SCRITTORI.

 Così, ecco Dario Fo e Giorgio Albertazzi: entrambi hanno militato nella Repubblica sociale di Salò.

Il paracadutista Fo e il tenente della «Tagliamento» Albertazzi erano fianco a fianco nella Gnr, la Guardia nazionale repubblicana.

Ed erano in buona compagnia.

Per esempio era ben rappresentato il cinema: il regista Marco Ferreri e gli attori Ugo Tognazzi (faceva parte della Brigata nera Cremona) e Marcello Mastroianni (era della Todt). Tra le star del varietà televisivo: Raimondo Vianello e Walter Chiari (erano entrambi nella X Mas).

Dove c’era anche il disegnatore-scrittore Hugo Pratt.

Altri attori che indossarono la divisa della Gnr furono Paolo Ferrari, Paolo Carlini ed Enrico Maria Salerno.

Anche Rossano Brazzi, Lina Volonghi, Ernesto Calindri, Lia Zoppelli, Carlo Dapporto, i fratelli De Filippo calcarono le scene repubblichine.

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Dal palcoscenico all’arte e alla cultura.

Ecco altri nomi famosi che (per necessità o per passione) manifestarono simpatia per Salò: Alberto Burri, Ardengo Soffici, Mario Sironi, Giuseppe Berto, Dino Buzzati, Giovanni Comisso.

Altro repubblichino era lo scomparso Tom Ponzi, il primo detective d’Italia.

E Giorgio Bocca scriveva sul giornale della federazione fascista di Cuneo.


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Visto a Patti: Il debutto in Sicilia.

Puccini – d’arte e d’amore

“…D’arte e d’amore…” è indubbiamente un omaggio a Puccini, al grande compositore e alle sue opere immortali che ci restituiscono ancora oggi un teatro modernissimo. Ma è anche un omaggio ad Albertazzi, al grande attore e all’intensità delle sue straordinarie doti drammatiche.

Inesauribile inventore di melodie melodrammatiche di sovrumana bellezza il primo, profondissimo conoscitore e ineguagliabile interprete dell’animo umano il secondo.

Entrambi indefessi estimatori delle donne; entrambi innamorati dei cavalli e del brivido della velocità; entrambi strenui difensori del primato dell’estetica nell’arte; entrambi non credenti ma convinti dell’ineffabile presenza degli Dei; ambedue divorati dall’amore per la vita; ambedue toscani: due stelle in un misterioso universo popolato quasi esclusivamente da donne.

Lo spettacolo è un riuscitissimo mix di musica e parole, di lirica e prosa, con un insolito Albertazzi nei panni del grande compositore lucchese che ci fa rivivere tutti i momenti più salienti di una vita artistica e sentimentale sempre vissuta al limite dell’incredibile.

Dove le due vite a tratti si mescolano approdando ad un livello di pathos di straordinaria grandezza. Tutto questo mentre le magnifiche voci dei tenori e dei soprani ripercorrono l’intera produzione pucciniana, da Bohéme a Tosca, dalla Manon Lescaut al Gianni Schicchi e alla Turandot.
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Giovanni De Feudis

“Vissi d’arte, vissi d’amore” da Tosca

“O soave fanciulla” da Boheme

“Recondita armonia” da Tosca

“Signore ascolta” da Turandot

“E lucevan le stelle” da Tosca

“Quando m’en vò” da Boheme

“Che gelida manina” da Boheme

“Un bel dì vedremo” da Madama Butterfly

“Nessun dorma” da Turandot

“Con onor muore Butterfly” da Madama Butterfly

“Mi chiama Mimì” da Bohème

“Sola, perduta, abbandonata” da Manon Lescaut

“Oh mio babbino caro” da Gianni Schicchi

 

Ciao Maestro. Onore a te!

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28 Maggio 2016

Autore:

redazione


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