Il dolore merita soprattutto rispetto, quel rispetto che è mancato, che, “andando troppo piano”, si è andato a schiantare contro la vita”. Pubblichiamo mentre a Capo d’Orlando sono in corso i funerali della studentessa universitaria rimasta uccisa nel tragico incidente di sabato notte.
Sarà che a volte non ci penso.
Anzi, sarà che non ci penso proprio.
Sono quei casi della vita in cui ti dici “figurati se può succedere a me”.
Di amici, conoscenti, sulla strada ne ho visti morire un paio, non è un numero o un’esperienza di cui vantarsi, il dolore per carità non può essere relativizzato, ma sicuramente la sofferenza fa riflettere.
Ho conosciuto decessi a 16 anni, a 19, a 21 e, adesso, a 23.
Lorena probabilmente sabato non aveva chissà quali pensieri.
Guidava una panda (diciamocelo Lorena, una frizione peggiore non potrebbe esistere) salendo da una via periferica della città, forse diretta verso la litoranea, per una di quelle sere d’estate collocate nel bel mezzo della sessione d’esami, tra prove date e prove ancora da dare.
Quando ha imboccato l’incrocio, passando il punto dell’incidente, lei sicuramente neanche si sarà detta “figurati se può succedere a me”.
Ha normalizzato il fatto che fosse tutto ok, che niente potesse ferirla, ma a quanto pare il concetto di normale è, adesso (e questo adesso dura da troppo), ribaltato.
Per carità, quando si guida, dice mia nonna, ci vogliono gli occhi dietro, davanti e di lato, ma quando all’una e mezza di un sabato notte attraversi un incrocio deserto rispettando il codice della strada, non ti aspetteresti tutto questo.
Normalità, a quanto sembra, è diventata sfrecciare a chilometri oltre il limite della legge in città, fare gare con altre auto, mettere a repentaglio la propria e l’altrui vita, tra l’altro avendo bevuto quel drink o quella birra di troppo che, quando si sta dietro ad un volante, dovrebbe essere solo un miraggio.
Lorena era una studentessa dell’università di Messina, non ha mollato subito, ha tenuto duro alcuni giorni ma, alla fine, ci ha lasciati.
Chi guidava l’Audi che l’ha travolta speronandola (fattelo dire, una signora macchina ma usata in maniera molto meno signorile) non ha considerato normale andare ad una velocità consentita, non ha considerato normale non bere prima di mettersi sul sedile, non ha considerato normale mandare a cagare (scusatemi, ma consideratelo normale) l’amico che gli avrà proposto “vediamo chi arriva prima”.
Ha considerato normale pensare “figurati se può succedere a me”.
Per carità, come detto sopra è la frase che gira a tutti in testa quando siamo giovani e ci sentiamo i padroni assoluti del mondo. “Figurati se può succedere a me.
Tanto in strada non c’è nessuno”.
Oso, anzi, esagero, ma credo che la frase pensata dal guidatore dell’Audi sia stata questa.
Credere che in strada non ci sia nessuno è qualcosa di agghiacciante.
Lorena non era nessuno, era un sorriso in macchina con le amiche, la radio a tutto volume e la testa già verso il mare, era semplicemente una ragazza che, quel nessun, non se lo meritava assolutamente.
I fatti sono chiari: Lorena all’una e mezza del mattino ha imboccato l’incrocio tra torrente trapani e via Garibaldi, venendo travolta dal finanziere che, a folle velocità, ha distrutto la sua auto.
I soccorsi immediati, i giorni di agonia ed infine la morte.
E’ sbagliato in questi casi santificare, maledire, supporre e parlare. Il dolore merita silenzio.
Il dolore merita soprattutto rispetto, quel rispetto che è mancato, che, “andando troppo piano”, si è andato a schiantare contro la vita.
Una vita che però, anche se spezzata, aiuterà quella di altre persone, di altri che magari, in situazioni tragiche, avranno bisogno di una mano: gli organi di Lorena, infatti, verranno donati.
Anche noi di UniVersoMe ci uniamo al silenzio, pochi pensieri sparsi, questi, che non valgono realmente quanto un cambio effettivo di rotta: dovremmo tutti cominciare a dirci “può accadere anche a me, soprattutto a me, di trovarmi da una o l’altra parte”.
La vita non ha una valenza effettiva, allora diamo vita agli attimi non dimenticando che “figurati” e “nessuno” non sono termini comprensibili. A 16, a 19, a 21 ed a 23 anni.
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