Una performance non stop in un importante museo milanese per dialogare di reti e tecnologia con gli artisti del movimento creativo Street Art.
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GRAFFITI – In scena a Milano, note e notizie sui writing
L’evento e’ in programma fino al 29 agosto al Museo Nazionale della Scienza e Tecnologia. Per l’inaugurazione e’ stata allestita ( 12 e 13 giugno) una maratona di 24 ore per la realizzazione di un grande graffito su pannelli nel chiostro cinquecentesco del museo, con ingresso libero e musica – oltre 360 mq di arte grafica – .
La mostra vera e propria, con circa 40 opere, sara’ visitabile fino a fine agosto, forse è la volta buona per sdoganare quest’espressione artistica spesso ghettizzata, ma che rappresenta un vero e proprio linguaggio dei giovani, di arte e di denuncia che non può confondersi con chi usa spray e bombolette semplicemente per imbrattare. Provocatoria l’idea di affidare a questi artisti le “tristi e grige” cabine elettriche e dei telefoni per colorare paesi, città e quartieri….. che bell’idea.
Graffiti writing
Il writing, anche detto Graffitismo, è una manifestazione sociale, culturale e artistica diffusa in tutto il pianeta, basata sull’espressione della propria creatività tramite interventi sul tessuto urbano. Correlata ad essa sono gli atti dello scrivere il proprio nome d’arte (tag) diffondendolo come fosse un logo.
Il fenomeno, ricordando la pittura murale (murales – disegni su muro), è da alcuni ad essa accostato, e viene spesso associato ad atti di vandalismo, poiché numerosi adepti utilizzano come supporti espressivi mezzi pubblici o edifici di interesse storico e artistico. Generalmente, i writer più vicini ad un lavoro di ricerca artistica tendono a esprimersi in campi più protetti, come nelle “hall of fame”, spazi a disposizione dei writer in cui dipingere più o meno legalmente (siano questi muri esplicitamente dedicati dalle amministrazioni comunali all’espressione della “spray-can art” – un modo, questo, per cercare di arginare il dilagare del fenomeno nel contesto dei centri storici o di quartieri residenziali – o siano luoghi siti in periferie degradate o di poco interesse o difficilmente raggiungibili in cui, per un tacito accordo con gli organi deputati al controllo dell’ordine pubblico, si lascia ai writer “carta bianca” e una relativa tranquillità per dipingere ). I writer che scelgono di esprimersi per lo più in contesti del genere, attraverso la scelta consapevole e responsabile del supporto per la pittura, si distinguono da quelli che intervengono anche su edifici di interesse storico e artistico.
Ogni writer, qualsiasi sia la sua inclinazione e provenienza, ricerca e studia un’evoluzione personale, per arrivare ad uno stile proprio in modo tale da distinguersi dagli altri ed essere notato maggiormente.
Nel corso degli anni molti artisti hanno comunque maturato nuove tendenze creative per cui, pur mantenendo radici nel graffiti writing, si è riusciti a sconfinare nella tipografia, nel design, nell’abbigliamento, contaminando il tipico stile degli anni ’80 con ideali più razionali e vicini alla grafica. Si parla di tendenze artistiche “post-graffiti” in particolare riferendosi alla street art, e di Graffiti Design per le influenze oramai evidenti nelle tecniche pubblicitarie e nella moda. È possibile affermare che molti artisti oramai integrati nel sistema convenzionale del mercato dell’arte, traggono il loro valore da esperienze precedenti spesso formalmente illegali. Non è una novità osservando i risvolti delle avanguardie di primo Novecento, oppure gli happening degli anni Settanta, tuttavia movimenti del genere non avevano mai raggiunto una scala globale. Il confine fra arte e vandalismo e tra fascino e illegalità contiene quindi una vasta gamma di sfumature, e ad illuminare il pubblico, spesso capace di interpretare correttamente gli stilemi ed i concetti proposti, ci hanno pensato artisti e designer ormai di fama internazionale come il tedesco Mirko Daim Reissler, l’inglese Banksy, i francesi 123 Klan, lo spagnolo La Mano, l’olandese Neck, l’italiano Eron, volutamente evitando la scena americana, totalmente diversa da quella europea.
L’obiettivo di ogni writer è sia raggiungere una certa fama all’interno della “scena” dei graffiti, sia far conoscere il proprio nome a chiunque; per questo è di fondamentale importanza una certa visibilità delle opere, sia essa ottenuta grazie ad una presenza imponente di tag (firme), bombing (scritte semplici e veloci con contorno e un colore di interno), pezzi (graffiti con lettere evolute e di vari colori) e pezzi monumentali ovvero bianconi o argentoni chiamati anche block (fatti con la tempera o l’argento oltre che nelle strade soprattutto lungo le ferrovie)
Oltre alla fama si pone un altro elemento: l’espressione personale. Molto spesso questo bisogno è fine a se stesso, e alla soddisfazione individuale di vedere una propria opera in un contesto urbano , fuori dagli schemi che il sistema impone.
La differenza tra atti di vandalismo e il “writing” è da ricercarsi nelle motivazioni che spingono a dipingere.
L’intero fenomeno del writing arriva con tale impatto allo spettatore da non poter esser frainteso: basti pensare all’evidenza delle allusioni, spesso politiche e di protesta sociale, di una sua nuova derivazione quale può esser la Stencil-art. Il senso espressivo dovrebbe comunque esser evidente a chiunque: dietro alle forme ed all’evoluzione delle lettere c’è un lungo studio, fatto di bozze preparatorie ed ispirazioni provenienti dall’ambiente che circonda il writer in questione. Ogni persona vive in un determinato ambiente e viene influenzato direttamente e profondamente nel proprio modo di fare e di agire. Lo stesso avviene per colui che opera nella città (come lo fanno i writers e gli street artist) e che ha al contempo una missione personale e universale: esprimersi e farsi conoscere. Di conseguenza ogni nazione e città ha scuole di stili diversi: lo stile tedesco (tendente per lo più al Wild Style newyorkese con lettere sottili e intrecciate o fortemente accostate), lo stile brasiliano, lo stile romano (lettere tondeggianti, tendenti al bomb-style e al Throw up ma più studiato) e via dicendo.
Origini del graffiti writing
Sebbene le sue origini si possono far risalire all’abitudine dei soldati alleati nel corso degli anni quaranta di disegnare lo scarabocchio Kilroy, il writing nasce a Filadelfia nei tardi anni sessantasui treni e si sviluppa in seguito a New York negli anni settanta fino a raggiungere una prima maturità stilistica a metà degli anni ottanta.
Nel 1972-75 appaiono i primi “pezzi”, rappresentanti inizialmente una semplice evoluzione delle firme, divenute più grandi, più spesse e con i primi esempi di riempimento e di contorno (outline). Ben presto, anche se un pezzo aveva bisogno di molto spray (due o più bombolette) che avrebbero permesso di fare molte tag, tutti i writer raccolsero la sfida lanciata da Super Kool 223 e cominciarono a fare pezzi. Iniziarono le prime repressioni e le campagne contro il writing. Le carrozze della metro vengono pulite e lavate, si mettono taglie sui Writer, si recintano i depositi della metro (luoghi preferiti per l’azione) e si piazzano pattuglie cinofile lungo le recinzioni. Nonostante ciò tra writer c’era una continua sfida, che portò all’evoluzione ed al miglioramento qualitativo del fenomeno, che prese ad ampliarsi. Alcuni writer inventarono nuovi stili (come loop o nuvole) o perfezionarono quelli già esistenti, aggiungendo sfondi, grazie di provenienza tipografia, personaggi di cartoni animati (puppets) e forme prese dalla segnaletica stradale o dalla logotipia. I pezzi si ingrandirono top-to-bottom wholecar, diventando più elaborati e colorati Wild Style.
Il Wild Style è lo stile più evoluto e complesso: ha come fondamento lettere (come del resto tutti i pezzi) combinate, legate, sviluppate e attaccate tra loro in modo da sembrare delle “macchie” di colore dove (per i neofiti) è difficile ritrovare le lettere di partenza.
Nei primi anni ottanta, anche grazie alla realizzazione di Style Wars (documentario sui graffiti della metropolitana newyorchese) e del film Wild Style, il fenomeno graffiti si diffuse su scala mondiale, trovando in Europa un fertile terreno. Le città europee che meglio recepirono gli input provenienti da New York furono Amsterdam e Parigi, a seguire presero a svilupparsi le scene in Germania, Spagna e Svezia. Una dura repressione rese invece abbastanza taciturna la scena inglese. Dagli anni ottanta ad oggi il fenomeno si è sviluppato grazie alla diffusione di riviste specializzate, video convention e ai frequenti viaggi di molti writer per le città europee e americane.
In Italia, le città maggiormente interessate dai graffiti sono Roma, Napoli, Milano, Pesaro, Bologna, Bari, Firenze, Torino e Ascoli Piceno. Il fenomeno si è sviluppato in due ondate, quella tra il 1986 ed il 1995, fatta di ragazzi che arrivarono a rubare i tappini dei dosatori spray nei supermercati, poi messi fuori commercio e sostituiti da tappi ad incastro “femmina”. La seconda ondata arriva fino ad oggi, con il raggiungimento, da parte dei novizi del 1995, di una certa maturità stilistica. Tra gli artisti americani più noti, attivi a New York, ricordiamo Haring (che venne influenzato, come da sua ammissione, dal pittore africano Lilanga), Angel Ortiz (TAG: LA II) e Paul Kostabi.
La tendenza Graffiti-Logo si delinea quando alcuni graffiti writer cominciano ad associare il proprio nome ad un’icona che viene riprodotta serialmente sulle superfici di contesti urbani. L’efficacia comunicativa di queste produzioni sulla popolazione estranea al fenomeno è indubbiamente maggiore rispetto ai normali loghi delle produzioni graffiti writing. Questo fenomeno espressivo è stato protagonista delle prime esperienze di “street art” internazionali connotando molti artisti di successo. La prima street artist in Italia ad usare nuove tecniche espressive quali la riproduzione del logo e le pitture monumentali per mezzo di spray e tempere è stata Pea Brain a Bologna all’inizio degli anni novanta, precedendo la “nouvel vague” di street art che sta nascendo da qualche anno a questa parte.
Questo genere di risvolti è nato comunque dalla commistione delle forme iniziali con certe correnti europeiste, principalmente coinvolte nel design, forse anche a causa dei corsi di studi intrapresi da alcuni dei writer più influenti.
Tag e crew
La tag è lo pseudonimo di ogni graffitista, il suo alter-ego. La tag viene scelta dal writer stesso, partendo da giochi di parole sulla propria identità, o semplicemente scegliendo la parola che più lo aggrada.In alcuni casi la tag è seguita da suffissi come “one”, “ski”,”Rock”, “em”, “er”. I primi writer del Bronx usavano unire un numero al nome, come fece John 137 per primo, indicando che il suo numero civico nel quartiere fosse proprio 137. L’elaborazione della tag segue lo stesso percorso stilistico che intraprende un calligrafo nella definizione della sua calligrafia, con l’aggiunta di grazie o svolazzi. Attualmente si è assunta una direzione maggiormente volta alla logotipia ed alla tipografia.
Una crew è un gruppo di amici, necessariamente legati dalla cultura hip-hop, non esclusivamente writer. Sinonimi sono il francesismo “clique”, lo slang salentino “ballotta”, l’americano “squad”, l’inglese “connection”. Una crew è basata prima di tutto sulla stima e sul rispetto reciproco che si instaura tra i suoi componenti, spesso amici di vecchia data. Non si è nuovi comunque a raggruppamenti fatti ad hoc, come furono i “TFP” di Cope2: potevano rientrare tra i “The Fantastic Partners” solamente i migliori studenti dell’ambiente newyorchese, che dimostrassero di esser “king”, re incontrastati, in materia di writing.
Il nome di una crew viene scelto in base agli interessi del gruppo di amici, generalmente accordandosi sulla precisa connotazione che si vuole dare alla propria, futura,immagine. Molte volte il nome di una crew è un acronimo, che può avere diversi significati, come ad esempio FIA (Fuck It All), FAC (Free Age Crew), PED (Paradiso & Dolce), MDF (Morti De Fame), ARF (A Royal Foundation), TMC (The Minds Criminal Crew) , KD (King Destroyers o Killa Dogz) , FS (Free Style o Fuori Servizio). Esempio invece di “diminutivo” lo troviamo con i VMD (Vimodrone).
La tag corrisponde quindi in tutto ad una firma. Evoluzione della tag è il throw up, disegno stilizzato di facile esecuzione, senza riempimento, grande più o meno 1,5mt x 1,5mt, spesso ripetuto sei o sette volte di seguito sulla stessa superficie. Di dimensioni maggiori il bombing, anche lungo 10 metri, colorato a tinta unita bianco e nero, o argento e nero, di facile esecuzione ripetuto uguale numerose volte su diverse superfici per instaurare una certa presenza territoriale. L’obbiettivo del “bomber” è la fama, far girare vagoni dipinti da lui sulla propria linea in modo che tutto e tutti possano vedere il “pannello”, e quindi espandersi fino a classificare tutte le metro o tutti i treni d’Europa.
Queste tre espressioni sono i livelli stilistici più bassi del fenomeno writing, spesso sovraesposti dai media, ma del tutto trascurabili dal punto di vista artistico. Nella comunità è infatti emarginato abbastanza velocemente il writer che non riesce ad esprimersi in forme stilisticamente più valide, e generalmente marcato come “toy”. Nelle generazioni successive di writer, questo genere di modalità espressive viene utilizzato da adepti provenienti da diversi movimenti, quali il punk o il metal, che hanno poco in comune con le basi della cultura di partenza, quella hip-hop, che ha come cardini il rispetto dell’operato altrui ed un’adorazione quasi divina per il “king”.
La street art
La street art è la definizione comunemente utilizzata per inquadrare tutte le manifestazioni artistiche compiute in spazi pubblici. A differenza del graffiti writing l’artista non vuole imporre il suo nome, ma intende creare un’opera d’arte che si contestualizzi nello spazio che la circonda, creando un impatto e interagendo con un pubblico diversificato, che peraltro non ha scelto di visionare l’opera. Il concetto è facilmente riconducibile all’idea di performance nata negli anni settanta, con l’aggiunta del tentativo di proporre un’opera duratura, che non sia ufficiale né richiesta.
Nonostante una maggiore eterogeneità e differenze sostanziali di tecniche in gioco, la street art ha maturato nel corso degli ultimi anni una connotazione Culturale propria. Le tecniche utilizzate, oltre allo spray, comprendono poster, sticker, stencil, installazioni, performance
Esiste un videogioco prodotto dall’Atari per PlayStation 2, Xbox e PC sul mondo dei graffiti chiamato Marc Eckō’s Getting Up: Contents