ZAMBITO Vs CIOTTI… PARLIAMONE – Un esemplare sferzata ai pulpiti del potere… Il punto di vista di Nino Lo Iacono
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ZAMBITO Vs CIOTTI… PARLIAMONE – Un esemplare sferzata ai pulpiti del potere… Il punto di vista di Nino Lo Iacono


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“Non permetto il Corano in chiese della diocesi. Don Ciotti? Si occupi delle cose sue. Benedire una coppia di lesbiche sull’ altare è un sacrilegio che scandalizza i fedeli.” Questo in sintesi il pensiero di monsignor Ignazio Zambito, vescovo di Patti che aggiunge anche che il fondatore di Libera contro le mafie dovrebbe “occuparsi delle cose sue e non dire ai vescovi quello che devono fare”. Un atteggiamento, quello di don Ciotti, per il Vescovo, che “limita la religiosità popolare, non sempre certi avvenimenti sono legati a fenomeni mafiosi. Certe prese di posizione nascondono altro”. E quidni l’affondo finale nei confronti del prete antimafia per antonomasia “Don Ciotti antimafia? E’ una definizione che non mi piace, il sacerdote non deve essere contro qualcuno, ma per la conversione. Vi sono atteggiamenti che fanno guadagnare facili applausi, specie nelle trasmissioni televisive, una morale a senso unico”.

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Pubblichiamo il punto di vista di Nino Lo Iacono, ma al solito, scomunicando.it, apre sulla questione il dibattito e il confronto libero a tutti coloro, che nel rispetto delle regole delle dialettica, vogliano intervenire.

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E’ stata pubblicata in questi giorni dal web giornale “La fede quotidiana”, un’interessante intervista al vescovo di Patti Mons. Ignazio Zambito.

Patti, la mia città, è capoluogo di diocesi dal 1094, per volere del Gran Conte Ruggero d’ Altavilla, che la fondò subito dopo aver liberato la Sicilia dal dominio degli islamici ; praticamente è una delle più antiche Diocesi d’Italia.

L’intervistatore, BRUNO Volpe, nel titolo esordisce “ Mons. Zambito attacca don Ciotti”.

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Ho letto l’articolo deducendo che in buona sostanza, il Presule non attacca nessuno, ma invita semplicemente Don Ciotti al rispetto dei ruoli.

Quando nel 1972, il Cardinale Michele Pellegrino, ordinò sacerdote Pio Luigi Ciotti, gli assegnò come parrocchia la strada, dando a tale decisione un significato preciso: la strada era ed è rimasta scuola di vita ed a tale scuola il neo sacerdote avrebbe dovuto attingere esperienza.

Questo prete di strada seppe capitalizzare nel tempo tutte le esperienze fatte, iniziando con associazioni come “ Gruppo Abele” per finire ad una specie di holding che gravita intorno a “Libera”. L’attività antidroga ed antimafia divenne un impegno primario e il sacerdote di strada si trasformò in un “personaggio”. Così come può capitare che un grande scienziato non riesca a cuocere due uova al tegamino, anche Don Ciotti può perdere il significato di parrocchia e di Diocesi.

Il palcoscenico della così detta antimafia di Stato,  gli fu e gli è da supporto per incassare applausi di rito e penso che don Ciotti, come tutti gli artisti, abbia imboccato la strada del successo, passando più tempo dietro i microfoni che dietro gli altari o in mezzo ai poveri di quella strada,  alla quale lo aveva destinato il buon Cardinale Pellegrino.

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Senza dubbio meritorie sono state le idee iniziali di quest’uomo che dal picciotto di strada ha avuto il primo imput per coinvolgere volontari in un progetto finalizzato a tirare fuori dal fango dell’illegalità tanti giovani, ma tale impegno si è dopo, forse, a sua volta impantanato negli ingranaggi di quella antimafia di facciata, che in questo ultimo anno ha mostrato i suoi grandi limiti e le sue enormi distorsioni.

Il p.m. Catello Maresco, della procura di Napoli,  ha definito i contorni e gli ambiti di quella associazione “Libera” nei seguenti termini: «Libera è stata un’importante associazione antimafia,ma oggi mi sembra un partito che si è auto-attribuito un ruolo diverso. Gestisce i beni sequestrati alle mafie in regime di monopolio e in maniera anti-concorrenziale. Personalmente, sono contrario alla sua gestione, la ritengo pericolosa….Registro e osservo che associazioni nate per combattere la mafia hanno acquisito l’attrezzatura mentale dell’organizzazione criminale e tendono a farsi mafiose loro stesse. Hanno esasperato il sistema. Sfruttano beni che non sono di loro proprietà, utilizzano risorse e denaro di tutti..». 

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Non sta certo a me verificare quanto ha sostenuto il p.m. di Napoli, ognuno faccia il proprio mestiere, ed in questa ottica, Don Ciotti, sostiene Mons. Zambito, non invada il campo e il ruolo dei Vescovi che sono gli unici a conoscere il territorio delle proprie diocesi e le tradizioni culturali e religiose dei fedeli a loro affidati.

Ritengo che sia stato sottovalutato un passaggio del nostro Presule : ” La tendenza a limitare o peggio coprire la religiosità popolare che è una ricchezza e va incoraggiata. In Sicilia questo è accaduto. Ricordo che dove tale religiosità popolare è finita o taciuta si rivela oggi il deserto.” La fede, qualunque essa sia, va vissuta apertamente senza timori ; il coraggio di professarla è tipico delle persone serene che non hanno turbe mentali. Sullo stesso piano va posto chi si professa ateo e tale si mantiene fino all’ultimo alito. Coerenza e coraggio delle proprie scelte sono alla base della credibilità di una persona e non saranno certo le processioni a modificarne i convincimenti.

Vanno certamente lottate ed osteggiate con tutte le forze le strumentalizzazioni delle manifestazioni sacre, ma non debbono essere queste a patirne restrizioni,  bensì soltanto coloro che ne fanno strumento. Quindi i suggerimenti plateali di Don Ciotti, generosamente concessi per acquisire consensi da prima pagina, sono fuori luogo specie se vengono da chi dovrebbe privilegiare la diffusione della fede.

Il destino del sacerdote è quello di stare vicino all’uomo esaltandone la sua intrinseca spiritualità, pur nella sua modesta condizione di vita. Qualcuno spesso confonde i ruoli ed esalta la propria figura e il proprio operato, lasciando l’uomo dietro le quinte, dopo averne sfruttato condizione e posizione sociale.

la-fede-quotidiana-logoCondivido in pieno anche la coraggiosa dichiarazione sul corano che non può e non deve trovare posto accanto ai nostri Vangeli. Se si volesse veramente attuare un rispetto reciproco, sarebbe indispensabile l’applicazione della totale tolleranza, virtù che non registriamo da parte islamica.

Il coraggio di operare in maniera diversa da come hanno suggerito certe politiche imposte dal più alto scanno della Chiesa Cattolica, fa grande un uomo che vive fra le genti e che con i fatti, in questi anni, ha dimostrato di venire incontro concretamente a quanti hanno bussato alla sua porta e a quanti hanno fatto arrivare indirettamente richieste di aiuto, a prescindere dal colore della pelle e dal credo religioso.

Per quanto riguarda i profughi, mi pare di capire che al di là delle posizioni di circostanza,  nessuno di noi, si è cimentato in gare di solidarietà verso di essi. Quante persone hanno attivato gesti di conforto, di aiuto, o di semplice vicinanza verso queste persone? Certo la maggior parte non ne hanno la possibilità, ma chi può si è trincerato dietro una legittima paura e diffidenza verso persone che provengono da culture, tradizioni, e religioni diverse, spesso in aperta dissonanza con il nostro modo di vivere.

In questo campo, le verità di Mons. Zambito hanno toccato qualcosa di sensibile, hanno forse svegliato un mostro dormiente.

Le critiche immediatamente ricevute dal Presule, non mi appaiono sorrette da obbiettiva realtà, ma piuttosto suggerite d’impulso da strumentali pregiudizi verso ciò che un Vescovo rappresenta.

Dichiarazioni che provengono da persone che hanno fatto del loro curriculum politico un percorso lastricato solo di “no” più o meno sotto dettatura.

Dietro questo modo di concepire la politica alcuni soggetti si esprimono senza riflettere sulle circostanze e sopratutto sui loro stessi comportamenti in rapporto a quanti, pur in contrapposizione a suggerimenti imposti dall’alto, hanno il coraggio di dire una verità,  peraltro ampiamente condivisa dalla gente comune.

Nessuno applauso e nessuna intervista su TV nazionali, nessuna laurea honoris causa per Mons. Zambito, ma solo il riconoscimento di aver aiutato chi ha chiesto soccorso senza abbandonare né la Croce,  né l’altare dal quale si possono esercitare anche la misericordia e la legalità

E’ il coraggio dei semplici,  storia di tutti i giorni che nasce e sviluppa fra la gente e per la gente. Nei vicoli o anche nelle canoniche, nelle quali la viscida politica e le ruffiane amicizie, ad essa correlate, non trovano humus per effimeri accattonaggi di favori e forzati sorrisi di chi ha fatto del proprio ruolo un pulpito, per esercitare potere mediatico fine a se stesso.

E’ facile accodarsi al coro dei luoghi comuni; il difficile è dissociarsi dalle posizioni ufficiali e dire la verità, quella vissuta, quella che ogni giorno si incontra nelle strade e non certamente nei palazzi della politica o sui palcoscenici del potere mediatico artificioso e spesso impostore.

Certamente Mons. Zambito da oggi sarà guardato da un’ottica diversa sia da chi ha condiviso questa intervista sia da chi l’ha criticata, ma di sicuro, il suo nome rimarrà inserito fra quei Presuli che hanno fatto grande la diocesi di Patti.

Da una piccola ma gloriosa Diocesi, un’esemplare sferzata ai pulpiti del potere e all’ipocrisia di Stato.

lo iacono maggio (2)

21 Settembre 2016

Autore:

redazione


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