di Silvia Rossi Mileto
Lo scopo della vita è vivere, questo è ciò a cui dobbiamo consacrare la vita stessa.Per saper vivere, bisogna innanzitutto comprendere e rivelare, la verità e la forza insita, nel segreto anelito di ogni essere umano.
Capire profondamente, il senso del vivere, significa far luce, riconoscere il caos, il disordine, l’ombra in cui brancola tutto il nostro essere, successivamente, investire nell’impegno per uscire dall’inconsapevolezza.
L’inconsapevolezza, l’incoscienza umana, è il male più terribile, la radice marcia da cui nascono le grandi sofferenze, i grandi mali dai quali l’essere si sente attanagliato, convinto che ne sia malauguratamente vittima.
La narcosi, in cui l’uomo si trova, coinvolge tutto l’essere, su tutti i piani, ha perso il contatto profondo con il proprio corpo, l’alessitimia, il grande buco nero nel quale si trova oggi il genere umano, è l’incapacità di riconoscere concettualmente, i propri e gli altrui stati emotivi, esiste un totale, parziale, nei migliori dei casi, capacità di identificare le situazioni emotive che si vivono interiormente.
Non solo non si hanno le parole per spiegare le emozioni ma non si riconoscono neanche a livello della razionalizzazione.
Qualora poi, accada di sentire il disturbo, il disagio del riflesso emotivo, la reazione meccanica è quella di irrigidirsi e rimuovere, spostando l’attenzione dal nostro stato e proiettando all’esterno, su ciò che ci mette meno in crisi e che diviene responsabilità altrui, non considerando così la nostra realtà interiore, emozionale, psicologica e persino quella dei bisogni.
E’ una condizione di sonno, nel quale la vita non passa. Se guardiamo in noi e intorno a noi, rintracciamo questa assenza di vita nella quale tutti stanno, nella più totale consapevolezza dell’incoscienza da cui sono mossi.
C’è un immenso pudore, inteso come vergogna ad ascoltare e nutrire le emozioni e persino i sentimenti.
Avviene un sussulto, nella pancia e nel centro del cuore, che spesso non è neanche distinguibile, percepibile poiché se ne riconosce solo un confuso disagio, verso ciò che ci mette in azione quest’agitazione e smarrimento, che è poi energia vitale, pertanto, quando si viene a contatto con tali commozioni, si rifiuta il turbamento e si reagisce con un senso di repulsione, di rifiuto, di chiusura, la mente si irrigidisce, scatto l’ego che non ha voglia assolutamente di essere perturbato e da qui si passa alla difensiva con l’attacco.
Non si è capaci di lasciarsi andare all’ascolto, all’accettazione di ciò che arriva come un flusso incandescente che travolge le nostre parti più piccole, l’emozione, piacevole o spiacevole che sia, và accolta e non rifiutata o reagita senza comprenderne la natura e il senso di ciò che ha da rivelarci. Quando qualcuno ci dice qualcosa, che noi riceviamo come fastidio personale, come un’accusa, una critica, ci sale il risentimento, subiamo il rimprovero, spesso non se ne è neanche coscienti, si reagisce difendendo le proprie posizioni, chiarendo e giustificando le proprie motivazioni e non ci si cura di chiederci perché mi sto giustificando?
Perché sto aggredendo?
Perché sento di dovermi difendere?
L’altro mi sta veramente giudicando, o la mia ferita mi fa sentire in difficoltà e sono portato a difendermi?
La presenza nel qui ed ora, consente di stare nella verità, nella realtà della questione, di essere totalmente nell’oggettività, partecipi obiettivamente a ciò che si sta sperimentando e non confusi da paure, preconcetti e insicurezze personali, che fanno reagire a sproposito.
Scrutando il fluire quotidiano delle relazioni, con occhio, mente e coscienza vigile, si possono osservare come nelle comunicazioni, vi siano continuamente, dinamiche di questa natura, oserei dire che le comunicazioni viaggiano tra ambiguità e confusione, gli intenti dell’uno spesso sono incompresi dall’altro. Alla base della sofferenza umana, possiamo dunque stabilire con certezza, ci sia l’incoscienza, l’ignoranza della propria natura interiore, si ignorano gli schemi mentali da cui si è mossi, le paure, le insicurezze che ci legano o ci fanno strafare. Il termine inconsapevolezza, che a molti risulterà ostico da accogliere è la realtà nella quale avanza, a caso, il genere umano lungo questa esistenza.
A tal proposito giunge il significato ed il valore della Meditazione, ovvero lo studio del cosiddetto Sé.
Lo studio del proprio Sé inizia dalla conoscenza e dalla coscienza del proprio corpo, attraverso la pratica costante di attenzione e ascolto delle percezioni del corpo fisico. Per corpo fisico si intende anche l’osservazione della respirazione.
Man mano, nella pratica, la coscienza si amplifica e si espande ad ogni gesto il nostro essere compia, ad ogni pensiero varchi la soglia della nostra mente, ad ogni reazione intima l’essere stia sperimentando, diventando abili a scegliere se lasciarsi vivere da quel fatto interiore o meno.
Qui giunge la possibilità di scegliere, discriminare e divenire veramente uomini che vivono attraverso il proprio libero arbitrio. Esistono delle pratiche, chiamate micropratiche, che coinvolgono tutta la giornata, attimo dopo attimo, allora durante la pratica, l’individuo smette di stare perso nelle sue elaborazioni mentali, nel flusso continuo e contorto dei processi mentali, oppure soggiogato dai suoi stati emozionali ma diviene, lucido, presente, cosciente, attivo alla sua volontà, diviene libero.
Ma ricordiamoci che per essere liberi, bisogna cominciare a riconoscere la schiavitù come macchine biologiche umane, a cui siamo sottoposti e restano sempre troppo pochi, coloro che hanno il coraggio di riconoscere il reale stato in cui ignari si sopravvive. Il percorso di autocoscienza, abbiamo dunque detto, inizia da una ricerca di individuazione, dove la percezione di Sé, si attua attraverso più strategie per aumentare la presenza in ogni gesto, atto, che si vive interiormente principalmente e poi successivamente coinvolge tutto il resto dell’esistenza vissuta esteriormente.
Va rivista quindi l’idea, che ancora per molti vale, dello stato di Meditazione quale statico, passivo, dove non c’è più nulla, nei vari processi evolutivi, il primo passo fondamentale, che consente l’ingresso alla Meditazione, è quello della consapevolezza interiore, attimo dopo attimo, ciò avverrà sia quando si deciderà di sedersi in luogo appartato e tranquillo, in osservazione dei moti interiori ma soprattutto in ogni attimo dell’esistenza comune, in qualsiasi circostanza, presenti a noi stessi e alla vita, lontani dall’essere gestiti, dal circolo vizioso, meccanico dei pensieri e dei loro banali e sempre uguali schemi, che eliminano alla vita la brillantezza, le infinite possibilità e le meraviglie che si possono trovare in ogni attimo di vita vissuta.
Quindi siate osservatori lucidi e sereni, dei vostri moti interiori, delle risposte che date, di come vi esprimete, di ciò che pensate, osservatevi, con la calma con cui osservereste lo scorrere del fiume, senza critica, senza giudizio, antipatia, simpatia, collera o enfasi, qualsiasi cosa doveste vedere di voi stessi.
Consiglio luminoso:
Iniziate di tanto intanto, a non seguire più la televisione, perché infarcita di programmi basati su presupposizioni errate, che tentano di omologare e di installarle su di te, falsi ideali e immagini.
LA TELEVISIONE FA DA PADRONA E RENDE SCHIAVI, CHE SE NE SIA CONSAPEVOLI O MENO.
Le riflessioni, sulla “ LA MAGIA DELLA MEDITAZIONE” di Silvia Rossi Mileto, seguiranno, segnando un percorso di conoscenza e pratica per coloro fossero interessati.