RIFLESSIONI SULL’ANNO CHE E’ STATO – Quelle umanissime e di fede di Don Enzo Caruso, Parroco di Brolo
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RIFLESSIONI SULL’ANNO CHE E’ STATO – Quelle umanissime e di fede di Don Enzo Caruso, Parroco di Brolo

Un anno visto come un dono di Dio. E’ quello, tra luci ed ombre, che emerge dall’analisi che ne fa il parroco di Brolo. C’è spazio per i bilanci di quanto fatto, visto, partecipato o semplicemente osservato e non solo all’interno del mondo cattolico. C’è spaio anche per dare il tempo a quel che si farà nei prossimi mesi. Un anno è il tempo, come dice don  Dolindo Ruotolo, che deve essere visto come qualche cosa che ci viene dato per arricchirci. E quindi “se secondo il linguaggio del mondo un anno è buono quando è materialmente prospero; secondo il linguaggio di Dio l’anno è buono quando porta una messe di pazienza, di meriti, di virtù.”. E dopo le riflessioni, punto di partenza e mai d’arrivo ecco l’invito a partecipare al concerto di Natale bis che di terrà in Chiesa, alle 17,00, il prossimo 6 gennaio.

Scrive oggi don Enzo:

Ho letto commenti che salutavano il 2017 con un calcio nel sedere. E so che per molti questo anno è stato duro. E non mi riferisco solo al portafoglio.

Ho raccolto il pianto di persone nella cui casa ha fatto ingresso la malattia e ho raccolto tante altre lacrime. Anche per me non è stato un anno facile. Le prove non sono mancate. Soprattutto, per chi mi conosce davvero e mi è stato vicino nelle vicende personali di questo fine anno, non è stato difficile cogliere la fatica con cui ho dovuto reggere tutto. Eppure sono qui. In piedi. Senza ostentazione ma grato al Signore per tutto.

Ma c’è una cosa che voglio dire. Non ho nessuna intenzione di cacciare il 2017 a calci nel sedere. Con tutte le gioie e i dolori che fanno parte del naturale decorso della vita, ho da dire semplicemente grazie. Grazie per tutto. Per le persone nuove entrate nella mia vita. Grazie perché intanto mi è stato concesso di vivere questo anno dall’inizio alla fine. Perché il l’Eterno, Signore del tempo – del passato, del presente e del futuro – mi ha dato l’opportunità di imparare dagli errori compiuti, la forza di restare in piedi in mezzo alle prove, una più grande consapevezza di cosa ha bisogno la nostra gente e di come io devo essere.

Alla fine di questo 2017, posso dire che non sono migliore di nessuno oggi come non lo ero in passato. Più consapevole sì. Non ho nulla da dimostrare. Nell’economia della grazia divina sento che nulla mi apparteneva prima e nulla mi appartiene adesso mentre tutto è dono, tutto è grazia, tutto è amore. E poiché alla fine rimane solo l’amore, sono in grado di raccogliere tutte le difficoltà del 2017 e metterle ai piedi del Santissimo, perché non c’è stato mai un momento in cui non mi sia sentito amato da Lui e da Lui accompagnato. In questo anno ho raccolto l’amore di una comunità che si è lasciata avvicinare, parlare, ha accettato di volermi conoscere in prima persona.

È stato l’incontro con le persone concrete di questa comunità (persone sincere, persone false… ognuno ha avuto un ruolo) che mi ha dato una più viva coscienza di quanto io sia davvero un discepolo, insieme a tutti, prima ancora di essere apostolo, al servizio della santificazione del popolo.

E proprio nei momenti più difficili ho visto questa gente apparire e stringersi attorno a me. Non per cameratismo, non per ipocrisia o per facciata, non per assecondare la logica delle fazioni, per per amore.

E l’ultimo mese dell’anno mi ha regalato le gioie più grandi assieme ai dolori più acuti. Ma nessuno di questi dolori è prevalso. Non ho più un padre, che è tornato al cielo, ma ho la gioia di godermi una mamma dopo quasi 20 anni di lontananza dalla Sicilia.

Vivo in una comunità in cui molti hanno scelto di credere nel percorso che stiamo tracciando e non hanno avuto paura delle critiche e dei giudizi temerari di chi non crede in nulla. E non ho nessuna difficoltà a dire che, a distanza di due anni, non esiste ancora un percorso chiaramente delineato. Lavoriamo, a passi lenti, mettendoci in linea con il cammino di discernimento e ricerca che il nostro vescovo stesso sta facendo per tutta la diocesi. So che la cosa importate è svegliarsi e mettersi in cammino. E questa consapevolezza, piano piano, sta entrando nella cultura locale.

Ho visto la nuova CARITAS PARROCCHIALE iniziare il suo servizio e guardavo i loro volti mentre arrivavano, una di l’altra, le persone più in difficoltà. Ho visto le lacrime di chi prima non ci credeva che tutta questa sofferenza potesse esistere e la delicatezza con cui si sono lasciati avvicinare da loro. E sottolineo “lasciarsi avvicinare”, perché la prima regola della Carità non è dare una busta della spesa, ma lasciarsi avvicinare da persone verso le quali in genere ci si gira dall’altra parte e trattarle come figli di Dio.

E per dovere di cronaca devo dire che questo è il secondo tentativo di ristrutturare la Caritas parrocchiale in due anni, dopo un primo clamoroso flop.

E anche questo fa parte delle cose di cui ringraziare Dio. Perché nella Chiesa, successo e fallimento non si misurano sui numeri ma sulla crescita della fede e della sensibilità ecclesiale di un popolo. E grazie a Dio nulla di tutto questo è quantificabile. Chi ha fede tenta una, due, dieci, cento volte prima di fermarsi. E chi ha fede accetta il fatto che per raggiungere un singolo obiettivo spesso bisogna ingioiare 10 false partenze e tanti fallimenti. Perché i risultati raggiunti hanno dietro innumerevoli tentativi non andati in porto. E anche questa è tutta grazia.

Ho visto gente mettersi in gioco, accanto alle suore, per rilanciare l’oratorio. Tutto all’insegna della gratuità. Ho visto il loro duro lavoro. Sempre umile e dietro le quinte. Con loro è nato il nuovo “COORDINAMENTO DELL’ORATORIO”. Nessuna voglia di fare selfie e dire: “guardate quanto siamo bravi”.

E siamo solo agli inizi. Dobbiamo ancora trovare un modo perché i giovani ci permettano di accostarci a loro, senza che abbiano il timore di essere oggetto di proselitismo. Non so come faremo ma non ho nessuna intenzione di rassegnarmi.

Abbiamo creato (anche questo è il 2° tentativo in due anni dopo il primo, che non ha avuto molta fortuna) il CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIALE. Abbiamo dato alla parrocchia un CONSIGLIO PER GLI AFFARI ECONOMICI, che sarà un organismo chiave, nel futuro, nella gestione dente finanze e soprattutto per la creazione di una nuova consapevolezza da parte della comunità.

Dovrei lamentarmi del 2017 per i mille problemi, quando vedo davanti ai miei occhi persone sempre più libere, sempre più disposte a farsi avanti e spesso pagare di persona quando qualche benpensante lancia loro un insulto in occasione di una raccolta alimentare o semplicemente perché vengono in Chiesa?

Ho visto una comunità di SUORE arrampicarsi agli specchi e fare sacrifici enormi, pur di garantire la presenza, il servizio e la testimonianza di fede in mezzo a mille difficoltà. E soprattutto condividere, in questa fase, le difficoltà economiche della parrocchia.

Abbiano vissuto una novena di Natale con una chiesa gremita e i giorni di pace si modellavano come l’argilla nelle mani del vasaio. Abbiano celebrato una veglia di Natale che ha rappresentato un traguardo di pace. Questa pace è poi risuonata nella voce di un gruppo di bambini, ragazzi e perfino di genitori che hanno cantato un concerto di Natale che segna un decisivo passaggio del cammino della nostra comunità verso nuovi orizzonti.

Certo, vi sono tutti i problemi che sono aumentati nel 2017. Un bilancio finanziario decisamente da dimenticare, nonostante la politica del risparmio e delle spese ridotte all’osso. Una popolazione ancora confusa sull’idea che la chiesa è un bene di tutti e non una cosa del prete. Una chiesa, l’unica che abbiamo, che ha bisogno di urgenti riparazioni ma per le quali non ci sono i fondi.

Detto questo, nonostante tutto, non ho nessun motivo di cacciare via in malo modo il 2017. Nonostante tutto nulla e nessuno hanno potuto strappare il sorriso dal mio volto, perché davvero sperimento la gioia profonda di essere amato da Dio e di avere tante persone attorno che sono…. quell’anima bella di Brolo di cui mi pregio di vantarmi.

Non ho nessun motivo di cedere alla rassegnazione. Non io, con questa testa dura e caparbia che mi ritrovo. Abbiamo troppo lavoro da fare, tanta pace da costruire, tanta strada da fare. E la faremo solo se camminiamo insieme.

Ho dentro una gioia profonda per l’opera che Dio sta facendo nella sua Chiesa. E sento dappertutto aleggiare il vento dello Spirito Santo. Davanti a questa così abbondante manifestazione di Dio, mi inginocchio e inchino il capo, e mi sento bene… Un bene che non si può descrivere.

Alla fine…. Ho solo da dire: grazie 2017. Ma soprattutto grazie all’Eterno Dio, Signore del tempo, perché mi ha concesso di vivere questo anno come anno di grazia.

 

 

E andando al Concerto del 6 gennaio. Sarà, a gran richiesta, la riproposizione di quello del 29 dicembre. Per vivere ancora la magia del Natale.

 

2 Gennaio 2018

Autore:

redazione


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