Anche Antonio Presti e la Fondazione Fiumara d’Arte esprimomo il loro cordoglio per la scomparsa di uno dei maestri dell’arte dei nostri tempi, Hidetoshi Nagasawa.
Si legge nella nota della Fondazione: Numerose sono le sue installazioni permanenti all’aperto (che, secondo il suo caratteristico modus operandi, vengono realizzate in situ, ideate in-e-per quel luogo, in un serrato dialogo tra ambiente e scultura, tra opera e spazio).
Fra queste, nel 1989 realizza la Stanza di barca d’oro, per la Fiumara d’arte di Tusa su commissione del mecenate Antonio Presti e, sempre su sua commissione, la camera d’arte del museo Atelier sul mare intitolata Mistero per la luna nel 1991.
La Fondazione Fiumara d’Arte esprime il suo cordoglio per la scomparsa di uno dei maestri dell’arte dei nostri tempi, Hidetoshi Nagasawa, artista e architetto giapponese, tra i più noti. Nagasawa viveva a Milano ed era docente di scultura presso NABA.
C’è sempre stato qualcosa di mitologico nella figura di Nagasawa, nel suo modo di approcciarsi all’arte e alle persone. A partire proprio dal dato biografico. Da quel viaggio incredibile che lo portò, a soli 26 anni, a lasciare il suo paese di origine, il Giappone, dopo una laurea appena conseguita in architettura, per intraprendere un lungo viaggio attraverso l’Asia in bicicletta. Un anno e mezzo a pedalare per attraversare il continente e raggiungere la Turchia e poi, da lì, superare il mare per arrivare a Brindisi.
Il viaggio in Italia rappresenta il punto di non ritorno e non solo perché, come amava raccontare, a Milano gli rubarono la bicicletta, ponendo simbolicamente fine alla sua corsa. È stata una sorta di affinità elettiva che lo ha portato a scegliere di vivere e lavorare in Italia.
Negli anni ’80 conosce Antonio Presti con il quale dà vita ad uno stretto sodalizio intellettuale e artistico e realizza Stanza di Barca d’Oro (1989)
Nel letto del fiume Romei,(Mistretta – Messina) scavata in una parete del monte che lo delimita, c’è la “Stanza di Barca d’Oro”, una realizzazione di straordinaria suggestione e bellezza, realizzata dall’artista giapponese Hidetoshi Nagasawa: un vano ipogeo, introdotto da un corridoio sotterraneo di 35 metri rivestito di lastre metalliche, nel quale si evidenzia la sagoma di una barca capovolta rivestita di foglie d’oro, raccordata al suolo dal suo albero maestro in marmo rosa.
Dal silenzio materiale, anche se animato dalle mille sottili voci della natura circostante, si accede al grande silenzio spirituale della stanza, nella quale la barca è sospesa al centro. L’opera concettuale è nata per essere chiusa per 100 anni, ed e’ stata sigillata con una porta per far sì che essa potesse vivere “solo attraverso l’energia mentale della memoria”.
https://it.wikipedia.org/wiki/Hidetoshi_Nagasawa
L’ARTISTA
C’è sempre stato qualcosa di mitologico nella figura di Nagasawa, nel suo modo di approcciarsi all’arte e alle persone. A partire proprio dal dato biografico. Da quel viaggio incredibile che lo portò, a soli 26 anni, a lasciare il suo paese di origine, il Giappone, dopo una laurea appena conseguita in architettura, per intraprendere un lungo viaggio attraverso l’Asia in bicicletta.
Un anno e mezzo a pedalare per attraversare il continente e raggiungere la Turchia e poi, da lì, superare il mare per arrivare a Brindisi. Il viaggio in Italia rappresenta il punto di non ritorno e non solo perché, come amava raccontare, a Milano gli rubarono la bicicletta, ponendo simbolicamente fine alla sua corsa.
È stata una sorta di affinità elettiva che lo ha portato a scegliere di vivere e lavorare nel nostro paese. Nagasawa arriva a Milano nel 1968, nel pieno del fermento politico.
Qui conosce Enrico Castellani, Mario Nigro e Antonio Trotta, con i quali dà vita ad uno stretto sodalizio intellettuale e artistico. Il successo arriva immediato. Nagasawa ha preso parte a varie edizioni della Biennale di Venezia e nel 1992 ha partecipato a Documenta Kassel. È stato tra i fondatori della Casa degli artisti, che ebbe un ruolo decisivo nella scena artistica milanese e a cui presero parte, oltre a Nagasawa, anche Luciano Fabro e la critica d’arte Jole De Sanna.
Negli ultimi anni alla ricerca d’artista, l’artista giapponese ha affiancato il lavoro come docente. Era, infatti, titolare della cattedra di scultura presso Naba, a Milano.
LA RICERCA TRA ORIENTE ED OCCIDENTE
Da dato biografico, il viaggio diventa l’elemento su cui si fonda l’intera ricerca di Nagasawa. Un viaggio inteso secondo i parametri della filosofia zen in cui conta fare tesoro di ogni esperienza vissuta e non il punto finale d’arrivo.
Le prime opere sono di natura concettuale, ma è a partire dai primi anni Settanta che Nagasawa si dedica in larga parte alla scultura, utilizzando per le sue opere prevalentemente l’oro, il marmo e il bronzo. Sono questi gli anni in cui il linguaggio plastico diventa cifra stilistica in una continua fusione di elementi orientali e occidentali.
La ricerca di Nagasawa affonda le sue radici in due differenti culture: quella giapponese di provenienza e quella italiana di adozione. Costruire un ponte tra le due è sempre stato un elemento fondante nel lavoro dell’artista.
Negli anni Ottanta, comincia a creare i primi ambienti, muovendosi sul confine tra scultura e architettura: l’idea della sospensione e il tentativo di creare opere “antigravitazionali” rappresentano il nucleo centrale del suo lavoro in questi anni. Negli anni novanta, il giardino diventa l’elemento preponderante: un’elaborazione personale di un “luogo” centrale nella cultura orientale a partire proprio dai giardini zen della tradizione giapponese.
Nell’opera di Nagasawa il giardino non è mai un semplice elemento paesaggistico, ma un vero e proprio organismo che vive in rapporto osmotico con il resto del paesaggio e con l’ambiente urbano.