È un bollettino di guerra, che si aggrava di ora in ora. Almeno 55 palestinesi sono stati uccisi e oltre 2.400 feriti negli scontri esplosi stamani fra manifestanti della Striscia di Gaza e soldati israeliani lungo la barriera che segna il confine con Israele, nel giorno dell’inaugurazione dell’ambasciata statunitense a Gerusalemme e nel 70° anniversario della fondazione di Israele. A fornire il bilancio delle vittime è il ministero della Sanità di Gaza. Per Amnesty International, tra i morti ci sono «anche 8 adolescenti».
Si tratta del giorno più sanguinoso nel conflitto israelo-palestinese dalla guerra del 2014.
Gli ospedali di Gaza hanno lanciato appelli alla popolazione affinché giunga in massa per donare sangue. Le autorità hanno chiesto all’Egitto aiuti medici immediati e l’autorizzazione a trasferire oltre frontiera i feriti più gravi.
I soldati di Israele hanno sparato in maniera indiscriminata, anche se lo stato della Stella di davide sostiene di aver aperto il fuoco solo quando necessario per fermare attacchi, danni alla barriera di confine e tentativi di infiltrazione sul suo territorio.
Il primo a morire è stato un 21enne, Anas Qudieh, a Khan Yunis, nel sud della Striscia. Poi un 28enne identificato come Musab Abu Leila, ucciso a Jabalya, a nord. Successivamente il ministero della Salute ha fornito l’identità di altri cinque morti, tra cui un minorenne: Izaldin Musa Al Samak, di 14 anni; Obaidan Salem Farhan, di 30; Mohamed Ashraf Abu Stah, 26; Izaldin Nahid al Aweiti, 23; Bilal Ahmed Abu Daqa, 26. Almeno 250 feriti sarebbero stati colpiti da fuoco vivo, altre centinaia sono intossicati da gas lacrimogeni.
In precedenza, erano 54 i palestinesi uccisi nella Striscia di Gaza da spari israeliani dall’inizio della Marcia del Ritorno, il 30 marzo, organizzata ogni venerdì lungo la barriera per chiedere il “diritto al ritorno” a 70 anni dall’esodo del 1948.