– di Corrado Speziale –
La vittoria elettorale di Jair Bolsonaro, ex militare, candidato dell’estrema destra, porterà il più grande Stato dell’America Latina ad una svolta di segno autoritario e populista. Prima dell’esito elettorale, della situazione in Brasile aveva parlato Enza Caputo, esponente di Euravia Onlus di Castell’Umberto, nel corso di un incontro tenutosi alla Tenda della Pace di Messina.La giovane, che si occupa di cooperazione allo sviluppo, è da poco rientrata da una missione svolta a Senador Canedo, nello Stato federale del Goias, dove ha conosciuto la dura condizione di un Paese le cui “periferie” sono duramente segnate dalle disuguaglianze e dalla violenza. Il progetto, denominato “Todo Mundo Junto: volontari per la Missione con Daniele”, si è svolto sotto la Caritas Parma e l’ong De Mãos Dadas Pela Vida.
Prima un anno in Ecuador, adesso il Brasile. In mezzo, viaggi personali in Colombia e Perù. Ma per Enza Caputo, la mission più toccante è stata proprio l’ultima: “L’esperienza in Brasile è stata molto più forte e intensa delle precedenti, sotto tanti punti di vista”.
Lo aveva detto alla Tenda della Pace, svoltasi giorni addietro a Messina, all’interno di uno spazio in “coabitazione” con Emergency, dove ci si è confrontati sulle guerre cosiddette convenzionali, sparse per il mondo, e quelle che invece non lo sono, perché nascoste, celate sotto svariate forme che spaziano tra la criminalità e la repressione. Quest’ultimo è il caso del Brasile, dove lo scorso anno, per violenza, sono state uccise oltre 60.000 persone. Una condizione terribile, per uno Stato che “non è” in guerra.
“Sono stata in quella che definiscono una sorta di savana brasiliana, con gli alberi radi. Una regione piena di periferie. Stando in Brasile ho capito cosa significhi vivere in un Paese diseguale e violento, proprio nelle periferie”. Il racconto di Enza Caputo si concentra proprio lì, dove violenza e miseria, insieme, contrastano terribilmente con gli sfarzi delle vicine residenze. “A distanza di 3 – 4 chilometri si registrano due realtà completamente opposte. Da un lato quartieri con disagi più assoluti. Accanto, i condomínios fechados, porzioni di territorio difese da muri con filo spinato e guardie armate, dove vive la parte ricca del paese, che costituisce appena il 5 per cento della popolazione, ma possiede la quasi totalità della ricchezza del Brasile. All’interno vi sono laghi artificiali, piste di elicotteri, ville, ciascuna con 3 o 4 auto di lusso parcheggiate accanto. Non avevo mai visto ricchezze così, sicuramente inimmaginabili per noi europei. Nelle vicinanze di questi condomini ci sono negozi che vendono i cibi più svariati, beni superflui. C’era persino un negozio di abbigliamento esclusivo per il tennis, che in Brasile non è proprio il primo sport: io per strada vedevo solo giocare a calcio…”
L’attivista di Euravia descrive poi la sua abitazione: “Una casa dignitosa, senza alcun lusso. Accanto vi abitavano persone comuni che avevano ricevuto quelle case dal governo Lula per superare la povertà”.
Un particolare architettonico che descrive la guerra tra poveri, tra disuguaglianze, paure e frustrazioni: “All’interno di questi lotti la prima cosa fare era tirare su un muro, perché anche i poveri hanno paura di essere derubati. Una casa senza muro indica che la famiglia che ci abita è proprio poverissima, non avendo la possibilità di realizzarlo”.
I dati medi sulla violenza raccontati da Enza sono spaventosi: “La Folha di San Paolo, uno dei principali quotidiani brasiliani, ha riportato che il Brasile negli ultimi 10 anni per violenza ha seppellito 553.000 persone. Secondo l’ultimo atlante sulla violenza, nel 2017 sono state uccise 67.000 persone, 30 per ogni 100.000 abitanti, un dato 30 volte più grande rispetto all’Europa”. Con punte in certe zone, addirittura di questa portata: “Nel nordest, la parte amazzonica, si possono raggiungere anche 150 persone ammazzate ogni 100.000 abitanti. Stiamo parlando di giovani che vanno dai 15 ai 29 anni. Questo è un bollettino di guerra”. Approfondendo questo dato giungiamo al punto che si tratta per lo più di ragazzi neri in condizioni di estrema povertà. Il racconto di Enza Caputo prosegue con analisi e riflessioni tanto lucide quanto inquietanti. “A tutto ciò, la gente, in Brasile, non fa più caso. Vedere per strada un morto ammazzato, cui la polizia non mette sopra neppure un telo, è una cosa normale. Anzi, per la polizia, se quel morto proviene da una periferia è un bandito in meno, dunque un nemico in meno, avendo avuto magari a che fare con il narcotraffico. Quindi si arriva al punto di sentir dire per strada, persino dai ragazzini, ‘se lo meritava…una persona in meno’, quando in realtà erano vicini di casa. Chiunque di loro ha visto assassini, omicidi, per cui ciò non è niente di straordinario né di anormale. La violenza è una cosa costante, quotidiana. Spararti per rubarti il cellulare o la borsa, è la norma”.
Lo stato di paura, di necessità, in casi come questi, in coincidenza di appuntamenti elettorali, porta a scelte drastiche, come la vittoria, domenica scorsa, di Jair Bolsonaro, ex militare, candidato dell’estrema destra, il quale porterà in Brasile una svolta di segno autoritario e populista. L’uomo d’ordine, che ama le armi, noto per i suoi atteggiamenti xenofobi, ha battuto il candidato del Partito dei Lavoratori, Fernando Haddad.
“Bolsonaro, in un comizio, ha detto che anche Gesù, se avesse avuto le armi, avrebbe sparato…”, ha detto Enza Caputo. Ma non solo: “Un’altra volta ha preso il treppiedi di un fotografo e ha simulato una sparatoria contro la folla, dicendo che avrebbe voluto farlo contro gli esponenti del Partito dei lavoratori. Per lui, anche i bambini a tre anni dovrebbero imparare a sparare”. Quando la giovane attivista di Castell’Umberto parlò alla Tenda, in Brasile non si era ancora svolto il ballottaggio. Ma Bolsonaro faceva parlare di sé. “Lui fa riflettere – ha proseguito Enza Caputo – sul fatto che, in un paese così diseguale e violento, gli argomenti non siano l’emarginazione e l’inclusione sociale, ma la corruzione. Ciò comporta che la politica sia completamente polarizzata da una parte nei corrotti, secondo Bolsonaro appartenenti al Partito dei lavoratori, e dall’altra nella lotta alla corruzione contro la casta. Viene a crearsi così un autoritarismo nuovo contro la corruzione. Quindi possiamo capire bene quanto sia problematico parlare di armi e di violenza. E’ semplice mettere buoni contro cattivi quando in realtà il discorso dovrebbe essere molto più ampio e complesso, dando risalto a persone che cercano di migliorare le cose”.
Fatti che fanno riflettere. L’esperienza di Enza si è alternata tra impegni duri e momenti d’emozione. Quella di una ragazza, con problemi di crack, madre di una bambina, è la storia drammatica di una giovane donna restituita alla vita, che lascia segni di speranza. Enza ha conosciuto la madre, in particolare. “Grazie a un’ong, la ragazza è entrata in una comunità terapeutica per disintossicarsi e riprendere in mano la propria vita”.
Un altro bel ricordo è stato quello della “Piazza creativa”, uno dei pochi luoghi fruibili della città: “Un gruppo di adolescenti provenienti dalle periferie, ha deciso, con l’aiuto gratuito di un’insegnante, di fare danza, hip hop, all’interno di questa piazza, sfuggendo al degrado e alla strada. Molti di questi ragazzi sono stati, loro stessi, educatori nella colonia. E’ stato un grande messaggio. Sono quasi tutti adolescenti che in cambio di darsi al narcotraffico provano ad insegnare ad altri bambini che può esserci qualcosa di diverso”.
Alla fine del racconto ciò che resta è l’immagine di questa piazza dove si sviluppa la creatività dei ragazzi di quelle periferie che hanno tantissime risorse e voglia di riscatto.
E’ il Brasile delle favelas, delle ingiustizie sociali e delle disuguaglianze, dei muri e dei fili spinati che separano la ricchezza dalla disperazione, adesso consegnato ad un ex militare con intenzioni autoritarie. Quello dei morti in strada senza nome, vittime di una guerra interna atroce e silenziosa. Ma è anche il Brasile in cui anche un gesto semplice, un sorriso o una carezza servono ad alleviare le sofferenze: quello del coraggio e del desiderio d’umanità, entrato nel cuore di Enza Caputo.