Grande confusione “a destra” sul Venezuela, finita nel mirino degli Usa fin dal 1975, anno in cui fu nazionalizzata l’industria petrolifera.
Il combinato disposto di un utilizzo dei proventi del petrolio in politiche assistenzialiste e non produttive e l’ostilità Usa e della finanza internazionale (la Banca del Venezuela è una delle poche banche mondiali che non risponde ai voleri degli gnomi della finanza occulta) porta ad in progressivo impoverimento delle classi medie e medio basse ben prima dell’arrivo di Chavez nel 1998.
E prima di Chavez vi erano state più crisi petrolifere mondiali e una svalutazione rovinosa della moneta nazionale, il Bolivar.
Sono stato in Venezuela in missione con una delegazione del PE nel 1996/7 e ciò che mi impressiono’ furono le distese enormi di favelas che per chilometri costeggiavamo la strada che dall’aeroporto portava a Caracas. Favelas dove già allora vivevano migliaia di italiani impoveriti dalla crisi.
Mentre gli appartenenti alle classi ricche vivevano in zone residenziali controllate da forze di sicurezza private.
Pertanto Chavez e Maduro sono solo in parte colpevoli della situazione di crisi attuale.
La loro più grande colpa è di avere perseguito una politica di aiuto sociale alle classi deboli (intento lodevole) ma senza avere contemporaneamente investito in politiche di investimento produttive e non essere riusciti a riammodernare gli impianti estrattivi del petrolio che soffrono di tecnologie obsolete.
Quindi assistenzialismo (in parte demagogico e corruttivo) e incapacità di riammodernare il sistema produttivo.
Ma in un contesto internazionale ostile e nemico del Venezuela da Chavez ad oggi.
Come se ne esce?
Certamente non schierandosi “a prescindere” con l’opposizione a Maduro ma operando per un dialogo tra le due parti.
Il rischio è una guerra civile sanguinosa e disastrosa per il popolo venezuelano. In tale ottica sarebbe da sostenere la richiesta fatta da Maduro al Papa di farsi mediatore tra le due parti per trovare una soluzione congiunta e condivisa.
Ma ho l’impressione che proprio questa pacifica composizione non piaccia ai guerrafondai che siedono alla Casa Bianca.
Auguriamoci che tale clima non influenzi anche l’attuale governo italiano.
Della Meloni and Company non vale la pena parlarne.
Analisi di Antonio Arena