MESSINA – La fede e la denuncia. Quel muro che sbarra il sepolcro, da cui traspare luce: “Chi cercate?”
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MESSINA – La fede e la denuncia. Quel muro che sbarra il sepolcro, da cui traspare luce: “Chi cercate?”

– di Corrado Speziale –

 

La sera del Giovedì Santo, davanti al portone d’ingresso della chiesa di S. Maria della Scala dei padri Gesuiti, in via Ugo Bassi, un muro in mattoni ha impedito l’accesso principale ai fedeli in occasione della tradizionale visita ai Sepolcri. Si è trattato dell’ennesima iniziativa, un gesto di sensibilizzazione verso il dramma dell’accoglienza dei migranti, voluto dalla comunità guidata da padre Felice Scalia, gesuita, da sempre impegnato sul territorio in difesa degli ultimi, dei bisognosi.

In chiesa si è potuto accedere dalla porta secondaria, seguendo un corridoio interno costellato dalle foto significative di 15 muri reali e simbolici, che stanno segnando la storia. All’interno, ad accogliere i fedeli, due ragazzi migranti distribuivano candele e pane benedetto. Il significato: “Siamo stati accolti da chi non abbiamo accolto. L’accoglienza cede il posto all’ospitalità e si esprime con questo esempio inatteso”.

“Questa porta non si apre…Apriamo quella dei nostri cuori”, aveva detto padre Felice Scalia all’arrivo dei fedeli, tantissimi, in occasione della serata del Giovedì Santo, tradizionalmente dedicata alla visita dei Sepolcri allestiti nelle chiese cittadine.

Un muro alto e corposo, in possenti mattoni forati, sbarrava la porta e dunque l’ingresso principale della chiesa di S. Maria della Scala dei padri Gesuiti, in via Ugo Bassi. In alternativa, occorreva seguire un percorso segnato da tanti ceri luminosi che portava al secondo ingresso, quello della sacrestia. Un effetto a sorpresa, per molti, mentre tanti fedeli erano già a conoscenza dell’evento, e hanno così inteso condividere con la comunità un momento di protesta civile e cristiana così importante e significativo.

Padre Felice Scalia, gesuita, è da sempre impegnato sul territorio in difesa degli ultimi, dei bisognosi, a rappresentare una Chiesa apprezzata da chi interpreta autenticamente il Vangelo e non scade in formalità e gesti retorici che non producono nulla.

Già nel 2014, in occasione del Venerdì Santo, il sacerdote era sceso in campo organizzando una sorta di “Via crucis” per i fratelli migranti che però non ebbe seguito a causa di intoppi con la questura e il Comune. Ma allora, alla partenza delle “barette”, fece tanto effetto uno striscione allestito dal gruppo Immigrazione di Cmdb: “Ero forestiero e non mi avete accolto”. Il sindaco di allora, Renato Accorinti, da parte sua lanciò un fortissimo segnale, dallo straordinario contenuto simbolico, portando a spalla il Cristo Crocefisso per tutta la processione. Erano i primi tempi del Palanebiolo, allora utilizzato come sede di “accoglienza” per i migranti, costretti a disagi indescrivibili, privati della propria dignità.

Passa il tempo, i simboli passano, i ricordi restano, ma i problemi si aggravano. E quelle parole del Vangelo di Matteo sono sempre più attuali. Da qui, la nuova provocazione, tra fede e denuncia, di padre Scalia e della sua comunità: un muro. Anzi, no, 15 muri. Perché all’interno del corridoio utilizzato come percorso alternativo per entrare in chiesa, campeggiavano le foto dei muri che stanno segnando la storia, siano essi strutture materiali, su cui si dibatte spesso, siano essi “strutture” immateriali, come le barriere del pregiudizio e dell’intolleranza, presenti all’interno della società e dell’individuo.

“Testimonianze di muri, barriere, che nel tempo e nella storia devono rappresentare un monito per quella presente e futura”: muro di Berlino, muro discriminazione femminile, muro dei migranti, muro discriminazione sessuale, muro familiare, muro di Gaza, muro dell’incomprensione, muro messicano, muro razziale, muro di difesa, muro sociale, muro di speranza, muro carcerario, muri di inserimento lavorativo, muro militare. 

Padre Scalia: “Abbiamo preso l’abitudine di erigere muri. Ne abbiamo individuato 15, tra questi, quelli interiori, o che riguardano la famiglia e gli amici”. Con un’amara considerazione: “Non ci comprendiamo più”. Il gesto della realizzazione del muro all’ingresso: “Abbiamo pensato ciò, in occasione della visita ai sepolcri. Vogliamo che sia un momento di riflessione verso colui che è vivo, e non è dentro il sepolcro. Vogliamo onorare il pane che ci viene dato da chi viene a chiedere a noi, un rappresentante di coloro che vengono a chiedere a noi il pane della vita. E’ un momento di riflessione e di interiorizzazione, di preghiera. Questa sera siamo stati accolti da chi non abbiamo accolto. Chi cercate, che cerchiamo? E’ importante porsi questa domanda e portarsela dentro”.

Il gesto è di quelli forti. All’interno accoglie i fedeli Mamadou, giovane senegalese da 5 anni a Messina, dispensando saluti e distribuendo piccoli ceri da accendere e porre ai piedi del Crocifisso, che alla fine saranno centinaia, uno accanto all’altro, a regalare un folto tappeto di luce. A seguire, Upali, ragazzo srilankese, distribuiva il pane benedetto.  Sarà questo il “sepolcro” della chiesa di S. Maria della Scala per la Pasqua 2019. Un simbolo di fratellanza, solidarietà e speranza.    

Nel corso della seduta, sono state lette riflessioni, con alcuni passaggi del “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”, firmato ad Abu Dhabi da Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyibe.

Il momento di riflessione verso le problematiche dei migranti era iniziato già nel pomeriggio, alle 18,30 con la celebrazione dal titolo “Fate questo in memoria di Me”. Nel corso della Messa in Coena Domini, sono state donate le offerte per i migranti in difficoltà, alla rappresentante dell’Arci Thomas Sankara di Messina, Patrizia Maiorana.

Quel muro che ha sbarrato l’ingresso della chiesa dei Gesuiti il Giovedì Santo, che reclama accoglienza e ospitalità per chi ha bisogno, simbolo di denuncia, scandita da momenti di fede e di preghiera, secondo la sana provocazione di padre Scalia sarebbe dovuto rimanere lì, ancora chissà per quanto tempo.

Ma alle 23 è stato rimosso: le barriere non si addicono a quel luogo.

 

19 Aprile 2019

Autore:

redazione


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