Aprire il vaso di Pandora della miniera di Pasquasia per capire cosa è stato tombato, i rischi per l’ambiente e le popolazioni e gli eventuali coinvolgimenti di organizzazioni mafiose
La vicenda della miniera dell’ex miniera di zolfo di Pasquasia, in provincia di Enna, riapparsa alla ribalta della cronaca prima con la notizia di conclusione dei primi accertamenti effettuati nell’ambito di un’inchiesta avviata dalla Procura della repubblica di Enna e adesso con il decreto di sequestro e l’emissione di avvisi di garanzia, è preoccupante.
La relazioni dei tecnici incaricati delle indagini, secondo quanto riportato dalla stampa, parla di oltre un milione di metri cubi di rifiuti speciali, altamente pericolosi, disseminati direttamente sul suolo risultato contaminato.
Ma a destare particolare allarme è la notizia che nel corso dei sopralluoghi sarebbero stati rinvenuti circa cento bidoni, contenetti sostanze tossiche pericolose e la presenza di apparecchiature contenenti Cesio 137, sostanza altamente radioattiva.
Se ciò corrisponde a vero si confermerebbero le dichiarazioni inquietanti fatte nel 1992 dal pentito di mafia, Leonardo Messina, ex caposquadra nella miniera, il quale rivelò che nelle gallerie erano stati stoccati rifiuti radioattivi. La miniera era stata chiusa proprio nel 1992 per motivi non ancora chiari.
“È doveroso aprire il “vaso di pandora” della miniera di Pasquasia – afferma Tiziano Granata responsabile dell’Osservatorio Regionale Ambiente & Legalità di Legambiente Sicilia – per capire cosa sia stato tombato all’interno di quella miniera e i rischi per la popolazione e l’ambiente e individuare i responsabili e gli eventuali coinvolgimenti della criminalità organizzata”.
Per questo Legambiente Sicilia annuncia l’intenzione di costituirsi parte civile nell’eventuale procedimento giudiziario per seguire la vicenda da vicino ed ha già dato mandato ai legali del Centro di Azione Giuridica di Legambiente Sicilia coordinati dall’Avv. Nicola Giudice di avviare le procedure.
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