– di Corrado Speziale –
La compagnia teatrale messinese Nutrimenti Terrestri propone alla vasta platea del web una trilogia di Fotodrammi del drammaturgo e regista Simone Corso. Si tratta di una serie antologica in formato sperimentale, il cui primo episodio, dal titolo “Il grosso cuore della tigre”, ambientato a Messina, nel Rione Taormina, è già disponibile su Facebook, Instagram e YouTube. Il fotodramma si avvale delle letture di Maurizio Puglisi, foto di Francesco Algeri e musiche originali e suono di Patrick Fisichella. La comunicazione è curata dalla giornalista Marta Cutugno.
L’emergenza epidemiologica cambia, si trasforma e si distanzia pian piano da un lockdown che ha prodotto pensieri e preoccupazioni, ma in certi casi anche e soprattutto idee e nuovi progetti. Così la compagnia teatrale Nutrimenti Terrestri ha aperto il proprio sipario sull’immensa platea del web: Nutrimenti Digitali è una nuova sfida in un nuovo luogo d’incontro tra artisti e pubblico. Qualcosa che segnerà questo tempo, in attesa che gli artisti ritornino sui palcoscenici che dal prossimo 15 giugno, con non poche difficoltà e a stagione ormai compromessa, ritorneranno nella disponibilità delle compagnie. Intanto i canali e le pagine di Facebook, Instagram e YouTube sono gli spazi di cui Nutrimenti si è dotata per regalare una straordinaria trilogia prodotta su un progetto ideato e firmato dal drammaturgo e regista Simone Corso. I Fotodrammi sono un’autentica novità: una serie antologica articolata in tre storie in un formato sperimentale, di cui la prima è in rete, disponibile dallo scorso 16 maggio. Titolo, “Il grosso cuore della tigre”, fotodramma scritto e diretto da Simone Corso, con voce e letture di Maurizio Puglisi, foto di Francesco Algeri e musiche originali e suono di Patrick Fisichella. Gli aspetti della promozione e comunicazione, determinanti in relazione alle piattaforme social, sono a cura della giornalista Marta Cutugno.
La scelta del regista e della produzione si è rilevata geniale e azzeccata: l’opera è fuori dalla disputa che in tempi di lockdown ha contrapposto artisti favorevoli e contrari agli eventi sui social, in quanto risulta ininfluente il fattore “distanza” nel rapporto diretto, esistente storicamente tra palco e platea. Lo spettacolo, consistendo in sequenze fotografiche accompagnate da racconto e musica, è fruibile attraverso uno schermo e un impianto audio, condizione ottimale, in linea con le moderne tecnologie a portata di tutti. E il risultato, sia tecnico che artistico, è eccellente. Così Nutrimenti Terrestri, in chiave digitale, nonostante le difficoltà in tempi d’emergenza, con questo lavoro di Simone Corso, non perde il passo e mantiene calda la propria platea.
L’ultima opera del regista, andata sul palcoscenico, è stata “82 Pietre”, in co-regia con Adriana Mangano, prodotto sempre da Maurizio Puglisi per Nutrimenti Terrestri, risultata tra i vincitori ad Ascoli Piceno della rassegna “I teatri del Sacro”. Lo spettacolo, in tempi normali, sarebbe dovuto andare in scena il 10 marzo al Teatro Oscar di Milano per la rassegna deSidera Festival.
Così come “82 Pietre”, “Il grosso cuore della tigre” ci regala un teatro che apre alla sensibilità umana e alle riflessioni sulla contemporaneità. Questa è l’opera di impegno civile che riconosciamo in Simone Corso, capace di dare forza e dignità agli “ignudi”, ai portatori di disagi nei rispettivi contesti sociali.
Il fotodramma. In una delle foto più significative sono ritratti due bambini – uno dei quali, disteso su un muretto, trattiene sotto il petto un pallone Super Santos – che osservano mestamente una ruspa che abbatte una baracca. La casa, il nido della loro infanzia che va giù sotto i colpi della benna, è un pezzo di cuore che vola via assieme agli affetti della loro giovane vita.
Siamo lungo il perimetro periurbano di Messina, laddove regna il disordine edilizio, la disomogeneità tra vecchio e nuovo, dove risaltano sacche endemiche del disagio, del degrado sociale e dell’abbandono: le baracche del rione Taormina.
L’immagine, realizzata da Francesco Algeri, nel 2017 si è classificata terza al Premio “Vizzini”, concorso di fotogiornalismo dedicato all’indimenticato decano dei fotoreporter messinesi, scomparso nel 2009.
“Il grosso cuore della tigre” è una storia semplice e al contempo forte e profonda, toccante, che abbraccia e custodisce il pensiero di un bambino, tra sogno e realtà. Ma è anche un documento civile arricchito dall’arte della narrazione, della fotografia e della musica. Un insieme ottimamente assemblato in dissolvenza e alternanza fra i tre elementi.
La musica e il suono di Patrick Fisichella assecondano le immagini e supportano la straordinaria recitazione di Maurizio Puglisi, a volte alternandosi ad essa. Il tocco acustico, nitido, della chitarra, e il sottofondo avvolgente, ci regalano una ballata dal sapore mediterraneo che si adagia sul racconto e sui fotogrammi che scorrono in sequenza lenta, cadenzata e ragionata.
Il protagonista è un bambino: Giuseppe, preso dal senso di ribellione, dal rifiuto, “a quella demolizione non ci sarebbe andato per nessun motivo al mondo”. Così, “sforzandosi di non rompersi nel pianto”, finisce per abbandonarsi “nell’abbraccio materno del sonno”, dove incontrerà visioni dal richiamo e dalle suggestioni salgariane. Il racconto è breve ma avvincente, pieno di dettagli e significati. Coinvolge, incuriosisce. È bella la commistione, l’incrocio tra la leggenda della giungla e la realtà dei fatti e dei luoghi, così come raccontata: la ruspa emana barriti, il suo braccio è una grossa proboscide dentata. Perché un bambino, in questi casi, può far leva solo sulle suggestioni dell’immaginazione. Unico modo per darsi una prospettiva, una speranza immediata. Niente può privarlo del sogno. Chi conosce certe situazioni si compenetra nei luoghi e nel ruolo del protagonista, tra il suo vissuto e le sue visioni.
Si coglie la malinconia ma anche e soprattutto l’innocenza, la dignità di chi si accontenta di poco, ma affronta la vita con coraggio, a viso aperto, preso dall’orgoglio per una conquista.
Ne viene fuori un bambino vulnerabile per condizione sociale, ma soggettivamente forte e determinato, che vuol essere padrone del proprio destino.
“Sentì sotto il palmo della mano un enorme cuore danzare dentro un petto poderoso” è l’immagine che conforta Giuseppe e gli dà forza, voglia di riscatto. Così riemergerà dal “fondo del fiume nero, denso”, come dalle macerie che hanno seppellito i suoi ricordi e dove sono vissute, sospese, le sue tre generazioni.
“Il grosso cuore della tigre” è una foto – dramma del nostro tempo che ci attraversa lasciando tracce e ferite profonde: il divario, la distanza con le periferie disagiate, energie incomprese dal cuore forte e pulsante come quello di una tigre.
Il fotodramma è disponibile da questo link: https://www.youtube.com/watch?v=LiLCBB3ZxfE