Sono quelle di padre Enzo Caruso da Brolo, tra i protagonisti della tavola rotonda che si è svolta settimana scorsa a Brolo. Quasi un suo epilogo a quell’incontro!
MA SIAMO ANCORA NEL ’68 O NEL 2020?
Nel 2020 sentir fare discorsi che mettono in contrapposizione inconciliabile una cultura “laica”, che sarebbe portabandiera di concretezza e di fatti-non-parole, davanti ad una cultura cattolica che verrebbe descritta come inutile a risolvere i problemi “veri” della società e proclamatrice di “bei discorsi ma senza sostanza”, mi fa sentire riportato almeno 50 indietro. E’ una posizione che la storia ha superato definitivamente da almeno 25 anni.
Primo, la Chiesa non ha la missione di risolvere i problemi della società, ma piuttosto di dar vita ad opere che nascano dalla sua fede e che siano segno che un mondo migliore è possibile. In questa chiave vanno viste le opere di don Bosco, San Filippo Neri, san Vincenzo Grossi, Madre Teresa di Calcutta.
Secondo, il limite di certa cultura laica è stata il fallimento ad aver preso coscienza che la radice prima della crisi del nostro tempo non è economica ma antropologica. E’ una crisi dell’umano. E’ una crisi dell’identità dell’uomo.
Oggi il dramma della politica è che dietro essa ha le enormi pressioni di meccanismi e manipolatori finanziari capaci di mettere in ginocchio Stati e nazioni interi mentre manca – o non è più ascoltata – una vera categoria di intellettuali capaci di dare direzione allo sguardo del nostro tempo.
Cercare risposte a questa crisi solo nel “sociale” non risolverà il problema. E’ vero che il dramma di molte persone, oggi, è quello della disoccupazione e del sostegno economico delle loro famiglie. A questo gli Enti preposti devono trovare una soluzione.
Nel 2020 io vedo un’azione mirata con obiettivi precisi, da individuare con il dialogo e con estrema attenzione; vedo non la contrapposizione tra “laico” e “cattolico” ma l’esatto contrario. Vedo Le varie competenze attorno a un tavolo a mettere in campo le loro conoscenze e la Chiesa come uno degli interlocutori.
Il contributo fondamentale che la Chiesa può, e deve, portare alla crisi della società è la vicinanza alla persona, il sostegno umano e spirituale, l’annuncio della fede per dare alla gente la corazza della speranza che le manca, mentre imperversano la paura e l’insicurezza.
E se non è reale e concreto questo servizio, se questo servizio non è riconoscibile per il suo alto profilo anche sociale, proprio perché parte dall’umano, non vedo come una nazione possa uscire fuori da una crisi con la semplice attesa del reddito di cittadinanza come soluzione al futuro del paese.
Accanto a questa missione spirituale e antropologica, la Chiesa ha il compito di raggiungere il territorio, le categorie (giovani, anziani, famiglie) e promuovere attività e itinerari concreti che siano di supporto a un progetto più ampio.
Di questo progetto, il contributo della Chiesa è solo una parte ma è insostituibile. Le altre parti di un progetto sono assemblate dalle varie idee che nascono dalle varie competenze. E non importa se laiche o meno.
Ciò che nel secondo decennio del XXI secolo abbiamo compreso – chi l’ha voluto comprendere – e che nella logica della contrapposizione e della reciproca delegittimazione a perdere è l’intera società. Da soli non si va più da nessuna parte.
Per la Chiesa, questo significa che, per ciò che concerne l’ambito specifico della fede, è ovvio che non tutti si riconoscono cristiani o cattolici, mentre quelli che lo sono sono i primi destinatari della Chiesa. Quanto alla sua azione sociale, essa è rivolta indistintamente a tutti ed è tanto più ricca quanto è mossa da principi ispirati alla carità evangelica.
In questo momento preciso le restrizioni hanno sottratto al nostro oratorio le condizioni per poter operare. Mancano gli spazi, la possibilità delle distanze di sicurezza, mancano le risorse per tutela sia bambini e ragazzi che le stesse suore.
Ma questo ci pone davanti a nuove sfide. Tutti siamo davanti a nuove situazioni che sfidano le nostre esperienze, il già raggiunto e le convinzioni. Anche la realtà Chiesa-Oratorio sa che deve ripensare alcune importanti modelli del suo modo di operare. Ma nessuna risposta viene per incanto.
Insieme possiamo farcela. Credenti, non credenti, non importa, purché guardiamo alle persone e ai loro bisogni come orizzonte della nostra azione.
E.C.
“La missione, la ‘Chiesa in uscita’ non sono un programma, una intenzione da realizzare per sforzo di volontà. È Cristo che fa uscire la Chiesa da sé stessa. Nella missione di annunciare il Vangelo, tu ti muovi perché lo Spirito ti spinge e ti porta”.
“…l’orizzonte della missione della Chiesa è l’ordinarietà della vita di ogni giorno”.
(Papa Francesco)
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