La discontinuità necessaria … Barcellona P.G. vive il suo malessere con un certo pessimismo da post-Covid-19.
Tra crisi economiche latenti e chiusure imprenditoriali inevitabili, la cittadina più importante del messinese ad esclusione del capoluogo, vive la sua fase preparatoria alle elezioni comunali intrisa di confusione, con sensali che si fanno belli agli occhi dei riferimenti politici senza avere ne qualità strategiche, nè idee risolutive.
Così la cittadinanza che cerca di scorgere speranze da coltivare proficuamente, nutre sempre più disistima nei riguardi di una politica vacua. Molti speravano e continuano a sperare nel polso fermo di una nuova generazione di politici che avrebbero dovuto far cambiare passo al ritmo di un’amministrazione, che nella sua ultima sfortunata esperienza è rimasta al palo nell’inanellare una serie di cattive prove di sè: dai rifiuti senza differenziata, che avrebbe, ove si fosse riusciti a raggiungere determinate quote, potuto ridurre l’elevatissimo costo del servizio, al livello massimo raggiunto di tributi e tasse, fino ad una carenza di personale e professionalità in una classe politica, pigra, dedita alla narcisistica passione all’happy hour, che mira solo a danneggiare il proprio avversario senza costruire nulla per la città. Il tutto in una sterile condizione di occasioni mancate, perdita di finanziamenti (vedi saie), sino a riqualificazioni urbane (si veda Villa Primo Levi) del tutto discutibili ed all’acqua di rose.
In una realtà, come Barcellona P.G., ci si sarebbe aspettata una maggiore attenzione e cura, una plausibile vigilanza sui servizi essenziali ed un più accorto controllo dei contratti pubblici in essere per i servizi non resi e profumatamente pagati dai cittadini. Così la politica avrebbe dovuto sorprendere, ed invece di far vivere una tensione fuori misura ad una cittadinanza disgustata e senza speranza, avrebbe potuto offrire qualche idea diversa, capace di donare novità e una prospettiva positiva.
Di fronte a questa distorta dimensione ci saremmo aspettati una mossa del cavallo da parte di chi vorrebbe declinare la fattiva amministrazione in maniera aderente ad un migliore rendimento. Oggi, anziché contribuire a creare il clima da far west, si sarebbe dovuto coltivare intelligenza e soluzioni ed una diversa vivacità nella discussione pubblica (e non improduttivo cuttigghiu) rivolta alla tutela del bene comune. Così non è.
Chi è entrato in politica a rappresentare una aggiornata direzione di marcia immagina ancora di dover riproporre condotte, dettate esclusivamente da esperienze personali, che mirano alla eliminazione del nemico non con meriti e scelte appropriate per raccogliere il consenso, bensì con traccheggi inutili e furbate sterili e bugie eccessive che rendono tali figure ancora di più prive di credibilità e qualità. Quindi si giunge alla vigilia delle elezioni, forse anche fuori tempo massimo, in cui o il centro/destra cambia il passo da qui a breve o inizierà una china pericolosa che lo porterà a vivere con i suoi rappresentanti di vertice più sconfitte, partendo dalle prossime comunali del 4 ottobre. Così continuando a preferire logiche da ‘cameriere’ i referenti della politica regionale e nazionale non solo svenderanno un patrimonio elettorale acquisito con sacrificio, ma propizieranno l’isolamento di Barcellona P.G., già svenduta nelle sue vocazioni commerciali e resa sempre più povera nella distribuzione dei servizi pubblici sia locali che comprensoriali.
Urge sulla scacchiera una mossa del cavallo in grado di reincantare i barcellonesi attraverso una politica pragmatica, risolutiva, senza inutili personalismi e con la necessaria discontinuità rispetto al recente passato.
(Rino Nania / 20 giugno 2020)