Di Giuseppe Morello
In principio erano mugugni, poi diventati borbottii, fino ad arrivare alle urla di Bossi su la Padania e alle ultime dichiarazioni di Roberto Maroni. La Lega non ha mandato giù la decisione di Berlusconi, che senza consultare il Carroccio ha accettato la pressione di Usa e Francia per un maggiore coinvolgimento italiano in Libia (e infatti abbiamo già cominciato a bombardare).
Da giorni Maroni e Bossi stanno facendo sentire tutto il malcontento della Lega e come ragazzini imbronciati se ne stanno sulle prime pagine dei giornali a recriminare, a ventilare appoggi esterni o uscite dal governo.
A tratti la sensazione è che la Lega (forse in questo spinta da Tremonti) stia cercando l’incidente diplomatico per rompere. Ora però si sta per uscire dal chiacchiericcio sempre ritrattabile e si arriva alla prova dei fatti. Nei prossimi giorni infatti, su richiesta delle opposizioni e con il tacito beneplacito leghista, la Camera sarà chiamata a votare sul caso Libia una mozione del Pd: di fatto una conta per capire se c’è ancora una maggioranza o no.
Vedremo col voto se i mal di pancia della Lega si tradurranno in rottura con il Pdl o partoriranno una marcia indietro. La faccenda l’ha sintetizzata con efficace tono polemico Dario Franceschini del Pd: “Non so cosa farà la Lega che fa la voce grossa in Padania e cala le braghe a Roma. Sono più propenso a pensare che calerà le braghe, ma se ci fosse un voto differenziato sarebbe crisi nei fatti”.
Ecco: ora Bossi deve dire cosa intende fare delle sue braghe e sciogliere le ambiguità in cui ha nuotato nelle ultime settimane, tanto più che la base leghista è incavolata non poco.
Hic Rhodus, hic salta, per dirla alla latina.
In “leghistese” si potrebbe tradurre: vediamo se hanno le palle.
giuseppe.morello@affaritaliani.it