MISTERI DI “CASA” NOSTRA – Alla Guardiola di Piraino si parlerà di lotta alla Mafia nel segno di Tiziano Granata
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MISTERI DI “CASA” NOSTRA – Alla Guardiola di Piraino si parlerà di lotta alla Mafia nel segno di Tiziano Granata

Il 21 agosto alla Guardiola “Terrazza d’Autore – Pensieri e parole controvento” con lo scrittore Luciano Armeli, Giuseppe Scandurra di SOS Rete per Legalità, Nino Amadore, giornalista de Il Sole 24 Ore, Fabio Repici, legale vittime di mafia, Giuseppe Antoci, Presidente onorario della Fondazione Caponnetto, Angela Manca, Vincenzo Agostino e Massimo Scaffidi, direttore di Am.

Sarà la quarta edizione di “Terrazza d’Autore – Pensieri e parole controvento”, il progetto culturale ideato dal Tiziano Granata, poliziotto, “sbirro” e ricercatore scientifico, attivista ecologista amante dei luoghi e della brave persone, morto 2018 in una ancora stranissima coincidenza di fatti e tempistica da libro giallo insieme ad un suo collega.

Quest’anno si parlerà di lotta alla Mafia e l’incontro verterà su libro, fresco di stampa,  “I Vicerè delle Agromafie. Storia di sbirri, bovini, malarazza, antimafia e mascariamenti”, dello scrittore di Galati Mamertino Luciano Armeli Iapichino. Interverranno Giuseppe Scandurra, SOS Rete per Legalità, Nino Amadore, giornalista de Il Sole 24 Ore, Fabio Repici, legale vittime di mafia, e Giuseppe Antoci, Presidente onorario della Fondazione Caponnetto e saranno presenti anche Angela Manca, madre di Attilio Manca, e Vincenzo Agostino, che ha visto il figlio Nino e la moglie Ida Castelluccio uccisi dai sicari della mafia. A moderare l’incontroci pensaerà il giornalista Massimo Scaffidi. La colonna sonora dell’incontro è affidata al maestro Alfredo Natoli.

Sul belevedere di Piraino si staglierà l’ombra di Matteo Messina Denaro che dalle pagine del libro avvolge anche il mistero della morte di Tiziano Granata il poliziotto che, tra gli uomini della scorta, sventò l’attentato all’allora presidente del Parco dei Nebrodi.

Infatti il capomafia Matteo Messina Denaro potrebbe aver trascorso un periodo della sua latitanza in provincia di Messina, in una villetta che si trova tra Santo Stefano di Camastra e Cefalù. Il boss trapanese sarebbe stato riconosciuto a Castel di Tusa da due collaboratori di Tiziano Granata, ma si persero subito le tracce di Denaro che pare sfuggì imbarcandosi per il sud america su un cargo che stazionava appena a largo da quelle spiagge. Granata è poi morto, ufficialmente per arresto cardiaco – si muore sempre così – alla fine del febbraio del 2018, mentre era a casa, febbricitante e poche ore dopo, a causa di una lecemia fulminante, morì anche il suo collega, Rino Todaro. Loro facevano coppia fissa ed erano nella stessa squadra, la cosiddetta squadra dei vegetariani guidata dal vicequestore Daniele Manganaro e impegnata nella lotta alla mafia dei pascoli e del traffico di farmaci scaduti conducibile alle truffe nella filiera degli animali destinati alla macellazione (operazione Gamma Interferon).

Granata, si legge nel libro “I viceré delle agromafie – storia di sbrirri, bovini, malarazza, antimafia e mascariamenti” (Armenio editore), nornando alla storia di Matteo Messina Denaro avrebbe anche fatto delle verifiche sulla targa dell’automobile su cui viaggiava l’uomo che i suoi collaboratori hanno riconosciuto essere Matteo Messina Denaro (un’Audi A5 Sport coupè nera): targa risultata inesistente.

«Tiziano Granata è messo a conoscenza della cosa – racconta Armeli – Temporeggia nel confidare e nell’intraprendere con i suoi superiori una qualche iniziativa perché teme che possa ostacolare qualche operazione in corso, vanificando in tal senso il lavoro di altri colleghi che lo braccano da tempo». conoscendo Granata non è escluso che abbia potuto approfondire in autonomia la pista, che abbia fatto domande e ricerche. L’episodio certo fa riflettere anche alla luce della strana morte dell’assistente capo della polizia che avrebbe condotto anche altre inchieste nei mesi che precedono la sua morte soprattutto sul fronte dei reati ambientali e delle discariche in provincia di Messina.

Il libro è zeppo di interrogativi come quello relatiovo alla “panda Nera”. Qui Granata era allarmato per alcune circostanze: «Una pare essere quella di un soggetto che, sotto le false vesti dei servizi segreti, chiede informazioni a certi ristoratori di Sant’Agata di Militello, di cui Manganaro e Tiziano sono abituali clienti. Il soggetto si allontana a bordo di una macchina che se i ricordi non ingannano potrebbe essere una Fiat Panda. Dal terminale la targa non risulta essere intestata ad alcuno».

Il presidente della Fondazione Caponnetto Salvatore Calleri ha definito il libro di Luciano come qualche cosa che “aiuta a comprendere tutto ciò. È un libro combattente!”.

Di questo e di altro si parlerà a Piraino.

13 Agosto 2020

Autore:

redazione


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