«FUORI DI CHIAVE» AL TINDARI FESTIVAL (8 AGOSTO 2021)
i fantasmi sono in noi
“Fuori di chiave”, la poesia di Pirandello in ‘scena’ al Teatro antico di Tindari nell’ambito del Tindari Festival 2021, diretto da Anna Ricciardi, pièce teatrale con e per la regia di Enzo Gambino, con Sandro Sciarratta e Rodolfo Pagano.
La pazzia si sa, obbligatoria non è, ma aiuta. Così una maschera, se scelta bene e indossata con leggiadria. Una maschera accattivante e ingannatrice, sotto cui nascondere perfida e impostura, per ingannare… noi stessi che la indossiamo.
La poesia di Pirandello, considerata pagina minore della storia letteraria pirandelliana è andata in ‘scena’ ieri sera al Teatro antico di Tindari, nell’ambito del Tindari Festival 2021, diretto da Anna Ricciardi e facente parte della programmazione della Fondazione Taormina Arte Sicilia, con la pièce teatrale “Fuori di chiave” con e per la regia di Enzo Gambino, con Sandro Sciarratta e Rodolfo Pagano.
Sul palcoscenico del Tindari Festival, Enzo Gambino ha dato corpo e voce a quel turbinio di pensieri, dubbi e parole del Pirandello ‘minore’ (ma esiste veramente?), su un mondo perennemente in crisi, in cui l’essere umano novecentesco non può che sentirsi «fuori di chiave», fuori sintonia, senza alcuna certezza. Enzo Gambino, agrigentino, ha fatto parte dello storico gruppo de “I Dioscuri”, con i fratelli Taviani ha lavorato nel film Kaos accanto a Franco Franchi e e Ciccio Ingrassia.
In “Fuori di chiave”, Gambino, Sciarratta e Pagano hanno suonato, recitato e danzato al ritmo del mondo che non trova il tempo giusto per mettere d’accordo gli strumenti, lo spartito e le note, «né violino né contrabbasso», ma contrabbasso e violino allo stesso tempo, pianoforte e contrabbasso contemporaneamente.
Ritratto di un uomo senza avvenire né futuro, senza carta d’identità, giacché nell’attimo stesso in cui la guardi è già vecchia, al punto da non riconoscerti più in quella foto.
Una verità che non esiste
Perché in fondo ciò che non esiste è «una verità», ma esistono contemporaneamente più verità, tante quanti sono gli uomini nel singolo momento della loro vita: il caos, il dramma. Noi, piccoli ragionieri vessati, sbeffeggiati, costretti. Stretti tra la morsa quotidiana di un lavoro frustrante e quella asfissiante di una realtà domestica orripilante, dalla quale fuggire (se ce ne fosse il coraggio). E il coraggio, il coraggio, proprio quello che non arriva senza… coraggio.
La coerenza, i principi, la coscienza, le parole e il loro senso, il significato. L’uomo tagliato a metà tra maschera e vero volto, la realtà che ha il valore di un’illusione.
La «poetica umoristica»
E se a fronte di tutto ciò si possa pensare ad una pièce teatrale drammatica e ‘impegnativa’, ebbene no, c’è molto spazio per una poetica “umoristica”, senza che il dramma cessi di dibattersi tra la coscienza infelice dell’uomo contemporaneo, l’ironia e la beffa, smarriti come siamo nel labirinto delle nostre esistenze, in cui riconoscere la ‘diritta via’, la via vera è pura illusione: una, nessuna e centomila.
Rimane un uomo ‘eternamente’ “Fuori di chiave”, “a un tempo violino e contrabbasso”, non quali siamo ma quali vorremmo essere, al centro di un gioco a mentire, mentire a noi stessi. Umoristico, no?
Sì, perché Gambino & C. sono abili nel farci cogliere la poetica “umoristica” di Pirandello: le nostre stesse contraddizioni, noi stessi poveri infelici in una realtà che ci soffoca: il lavoro grigio, la vita matrimoniale, la casa, i figli, i conti che non tornano, l’affitto, i litigi.
E i ‘fantasmi’ che cerchiamo lontano da noi, in vecchi manieri e case diroccate, nei boschi incantati. Mentre i fantasmi sono in noi.