di Claudia Lentini
Abbiamo incontrato Ferdinando Giovine, uno degli esperti messi in campo dalle associazioni ambientaliste per le controdeduzioni allo Studio di Impatto Ambientale presentato dalla Stretto di Messina Spa in allegato al progetto preliminare del Ponte, per come previsto dalle leggi comunitarie.
Egli è anche autore, con Beatrice Barillaro, di un interessante articolo, pubblicato su L’Architetto Italiano, sugli impatti ambientali delle opere accessorie al Ponte, ovvero i cantieri, le cave e le discariche, opere sulle quali è stata calata una cappa di silenzio per evitare che la popolazione prenda coscienza della devastazione che gli abitati di Messina e Villa San Giovanni subiranno.
Pur essendo un affermato Tassonomo e Biologo marino, tanto da partecipare all’estensione della Checklist delle specie marine italiane, è anche un profondo conoscitore della geologia dello Stretto ed in questa veste gli è stato chiesto di partecipare, insieme ad altri studiosi, alla verifica delle eventuali incongruenze che potevano essere presenti nel Progetto Preliminare e nella Valutazione di Impatto Ambientale del Ponte sullo Stretto. Di seguito la nostra intervista.
– Introduciamo subito l’argomento, perchè Ponte No? Ragioni ideologiche, ambientaliste o c’è di più?
Quando mi è stato chiesto di lavorare alle controdeduzioni, da studioso non sono partito da idee preconcette, ma mi sono limitato a valutare ciò che era scritto cercando di leggere tra le righe ciò che non era scritto ma dato quasi per scontato, aiutato in questo da una buona conoscenza del territorio. Per rispondere più semplicemente alla sua domanda, ed almeno per quel che mi riguarda, dico Ponte no perchè ho letto il progetto.
– Lei ritiene che la battaglia contro l’edificazione del Ponte sullo Stretto di Messina sia solo di natura politica, uno scontro tra opposte fazioni, Destra contro Sinistra o c’è di più?
Il Ponte è qualcosa che sta nell’immaginario della gente, riunire ciò che la Natura ha diviso, attaccare la Sicilia al continente, un modo per i siciliani di appartenere all’Italia. Non è importante se è antieconomico, se non si avrà mai un pareggio tra soldi spesi e soldi incassati. E’ un sogno. Si fa oltretutto leva sul bisogno di lavoro del Sud per alimentare una speranza che non sarà mai. Come si può vedere nei cantieri della Sa-RC, a parte qualche sparuto consorzio di ditte, la gran parte dei lavori viene effettuata da società del Nord con maestranze proprie. Le ditte costruiscono villaggi completi per i loro operai in cui c’è tutto, alloggi, mensa, etc. e non lasciano neanche una lira sul territorio. Restano per i locali le briciole: fornitura del cemento e movimento terra.
A livello politico è una sfida a chi lo realizzerà. Essendo un’opera unica ed immensa, chi ci riuscirà entrerà nella storia di questo paese ed è questo che spinge molti personaggi politici di destra come di sinistra a premere per la costruzione, così come esistono tanti politici di destra e di sinistra che non lo vogliono, ovviamente con motivazioni molto differenti. Il pro ponte è trasversale così come il no ponte.
– Entriamo nel vivo delle sue competenze professionali, una relazione geologica prevede lo studio e l’analisi di alcuni aspetti tecnici rilevanti, quali la storia e le caratteristiche dei terreni posti sotto osservazione e la sismicità storica, ed attesa, dell’area posta sotto osservazione, ritiene che lo studio geologico a corredo del progetto Ponte sullo Stretto, rispetti rigorosamente la realtà geologica dei luoghi?
Dopo le nostre controdeduzioni, nelle quali rilevavamo molte lacune allo studio geologico dei luoghi, il geologo Prof. Guerricchio, ha effettuato una serie di studi che hanno confermato le nostre perplessità. Nel progetto mancano faglie, fratture gravitative profonde e chi più ne ha più ne metta, oltre ad una probabile errata datazione di alcuni livelli. Se la Stretto di Messina fosse costretta a confrontarsi con i lavori di Guerricchio verrebbe messa alle strette, ma sinora la SdM aveva sempre cercato di minimizzare la portata di questi studi. Recentemente è stato però pubblicato un libro dell’Ing. Calzona, capo dei consulenti della SdM, nonchè consulente del Ministero delle Infrastrutture, che ha affermato, non potendosi più negare la cosa, che “misteriosamente, parte delle faglie lato Calabria sono sparite dal progetto preliminare” e per questo motivo, poichè esse incidono sull’opera, il progetto per come è stato proposto non può essere realizzato, di fatto, confermando quanto noi avevamo rilevato nelle controdeduzioni.
– Approfondiamo. Sismicità dell’Area Stretto?
Non è un argomento sul quale io possa essere esaustivo, non rientrando nelle mie competenze specifiche. Posso però dire che mi sembra strano che qualcuno, con le conoscenze attuali sulla materia, possa ipotizzare un futuro devastante terremoto nello Stretto non prima di mille anni, parlando di una faglia attiva cieca, ossia sotterranea e sottomarina non studiabile essendo a 3 mila metri di profondità.
– Cosa può dire in merito all’Impatto Ambientale di un’opera così invasiva?
L’impatto ambientale di quest’opera non si vede nella cartografia presentata, molto lacunosa in questo senso, ma lo si rileva nella parte scritta. Tanto per fare un esempio il treno, dal ponte, deve raggiungere la stazione ferroviaria di Messina attraverso un’intubata, che è più o meno come dire una metropolitana, ma come tutti sanno, per una metropolitana c’è un cantiere aperto ogni cento metri circa, il che significherà sventrare tutto il centro di Messina. E la gente che abita i palazzi che verranno espropriati per fare i cantieri dove andrà? Bisognerà costruire nuove case. Dove? Io non faccio una valutazione di tipo visivo, ma di impatto su un territorio fortemente antropizzato. Al di là di cantieri, cave, discariche bisognerà costruire nuovi quartieri ove trasferire migliaia di persone con un ulteriore consumo di suolo ed una devastazione ambientale nemmeno immaginabile.
– Ci racconti la sua esperienza professionale circa il progetto Ponte sullo Stretto, Lei è stato un osservatore attento tanto da rilevare e denunciare pubblicamente alcune “incongruenze”, se così si può dire, all’interno del progetto stesso.
Ho fatto quello che chiunque al mio posto e con le mie conoscenze del territorio dal punto di vista geologico avrebbe fatto. Dopo aver segnalato nelle controdeduzioni che c’erano molte lacune e molte cose non tornavano, sono andato ad AmbienteItalia su Rai3 ed ho fatto vedere alcune cose che si erano “dimenticati” di inserire nella parte geologica, pur conoscendole bene avendoci fatto dentro dei carotaggi di studio.
– Ritiene comunque possibile la realizzazione di un Ponte che colleghi le due coste e con quali opere specifiche che garantiscano o minimizzino problemi rilevati quale ad esempio la sismicità dell’area?
Come ebbi a dire a dei giornalisti americani del Boston Globe nessuno si sognerebbe negli Usa di fare un ponte che attraversi la faglia di San Andrea in California. Come non si può fare là, non si può fare nemmeno nello Stretto che è attraversato da una faglia di 40 km.
– Ci approssimiamo all’apertura dei cantieri di lavoro, a suo parere, cosa deriverebbe da una situazione incompiuta a lungo termine, ossia, ritiene che il mancato completamento, in tempi relativamente brevi, aggravi e quindi aumenti i pericoli di stabilità delle coste anche sotto il profilo geologico?
Secondo me non ci approssimiamo all’apertura dei cantieri del Ponte, ma delle opere accessorie. Il ponte, così come è progettato, lo dice l’Ing. Calzona, non si può fare e questo lo sanno tutti. Ciò che avverrà, a mio avviso, sarà l’inserimento di tutta una serie di opere accessorie in altri progetti esecutivi con espropri e sbancamenti in un massacro del territorio senza precedenti, poi, visto che il ponte non si può fare, se ne andranno, il che sarà peggio che se il ponte lo facessero per davvero.
– Il sistema idrogeologico siciliano ed in particolar modo messinese, ha dimostrato tutta la sua fragilità proprio nel passato inverno, frane, smottamenti, si tratta di un campanello d’allarme o di attività fisiologica? Quali le cause, quali gli interventi a breve e lungo termine, quale l’incidenza di un’opera cosi invasiva come il ponte sullo stretto?
Le rispondo semplicemente che tutta l’area dello Stretto non ha bisogno del Ponte, ma che gli stessi soldi siano investiti per diminuire il rischio idrogeologico e mettere a norma antisismica tutte le case di Messina, Villa e Reggio. Questo sarebbe un buon modo di utilizzare quei soldi, purtroppo non sarebbe un’opera faraonica che dà visibilità politica a chi la propone e per questo questi interventi non verranno mai fatti.