– di Corrado Speziale –
La notizia dell’improvvisa e prematura scomparsa, in Ungheria, del musicista messinese Melo Mafali, ieri pomeriggio è rimbalzata in città destando sorpresa e dolore tra tanti appassionati, amici, semplici conoscenti e addetti ai lavori. Con Melo Mafali va via un grande pianista dalle spiccate qualità, esempio di tecnica, libertà compositiva, interpretativa e improvvisazione, un lavoratore e ricercatore appassionato, pieno di risorge ed energie, che non si è mai posto limiti di sorta tra i generi musicali, attraversando in maniera eccellente classica, jazz, elettronica e tanto altro. Tra le tante circostanze in città vogliamo ricordarlo in occasione delle sue ultime performance prima dell’emergenza Covid: il 14 marzo 2019 tenne una super lezione – concerto piano solo per la Filarmonica Laudamo, dedicato a Keith Emerson, di cui era cultore e grande interprete come pochi. Qualche giorno dopo fece parte dell’ensemble della Filarmonica Laudamo Creative Orchestra in uno storico concerto sotto la direzione di Karl Berger, arricchito da due giorni di workshop, evento cui Mafali teneva tantissimo. Lo scorso 10 novembre, su Facebook, aveva ricordato così il fratello Pippo, compianto bassista morto nel 2012: “Buon compleanno fratello, ovunque tu sia!”
“Non nasco musicista classico, anche se ho iniziato studiando musica classica. Non nasco neanche musicista jazz, anche se ho studiato jazz. Non so, mi sento un ibrido, mi occupo anche di musica elettronica che mi piace tantissimo, la mia caratteristica è quella di essere un improvvisatore, mi piace pensare in un certo modo musicalmente e trasferire tutto sul pianoforte”.
In altre parole, ascoltare Melo Mafali parlare di sé, era come sentirlo suonare, un’immersione nella totalità della musica. Quanta bravura, qualità, intelligenza e passione sono volate via all’improvviso, dal nulla, lasciandoci un tuffo al cuore e una mente affollata di ricordi.
Il pianista – compositore, noto in campo internazionale, era nato a Messina nel 1958 dove a 9 anni aveva iniziato lo studio del pianoforte al Conservatorio Corelli. Dotato di uno straordinario senso musicale, nel 1980 si affaccia già sul grande jazz, con il Messina Jazz Meeting. Quindi il trasferimento in Germania, tra Wuppertal e Colonia, dove ha continuato a studiare pianoforte, composizione e musica corale. Nel contempo, gli si accende la passione per la musica elettronica. Da qui, inizia un percorso in cui affronterà svariate esperienze componendo e arrangiando per importanti musicisti americani prodotti in Germania dalla prestigiosa EMI. Nel 1992, in questo contesto arriva il suo primo album da solista: “Babylons Acumen”. Due anni dopo, il primo album per piano solo: “El Libro De La Luna”. Negli anni Novanta, Mafali si dedica principalmente alla composizione di musica classico-contemporanea con due lavori, rispettivamente, per quartetto e orchestra. Dopodiché, i progetti con il pianista Renè Pretschner, “The Pianoduo”, sodalizio che produrrà tre album, di cui uno doppio e uno dal vivo. Da qui in avanti, farà tanto altro, tra cui arrangiamenti orchestrali per la Accept nell’album “Blood Of The Nation” (2010), e quelli per il Concerto di Wacken nel 2017, nel quale la band tedesca suona dal vivo con l’Orchestra Nazionale della Repubblica Ceca. In seguito, si è dedicato ad arrangiamenti orchestrali per Wolf Hoffmann, e alla pubblicazione di un nuovo album di improvvisazioni pianistiche in diversi stili. Tutto questo, in estrema sintesi, considerato che le sue infinite passioni accompagnate dalla perenne voglia di ricerca musicale, l’hanno portato a svariati impegni, situazioni e spostamenti. Con ciò, non ha mai fatto mancare la sua presenza a Messina, spesso coincidente con circostanze speciali, come il concerto tenuto con Giovanni Renzo per la riapertura della Galleria Vittorio Emanuele, dove risuonano ancora sulle pareti e nei ricordi dei presenti le note di una straordinaria versione di Bésame Mucho. E ancora, nel 2017, “Colours”, l’evento al Teatro V.E. in memoria del fratello Pippo, apprezzatissimo bassista scomparso nel 2012.
Ma per ovvie ragioni di una sua grande passione, assieme alla vicinanza nel tempo, ricordiamo i giorni della presenza in città di Melo Mafali, prima delle restrizioni e delle chiusure per l’emergenza Covid.
“Ascoltai Clotho, brano composto per organo inserito nel primo album di Emerson, Lake e Palmer quando avevo 13 anni…”. Keith Emerson, dunque, pianista eclettico, genio sui generis, protagonista degli anni Settanta, è uno degli artisti che ha più ispirato Melo Mafali: “Grandissimo compositore e musicista, a livello tecnico era spettacolare”, è il suo pensiero. Tant’è che gli ha dedicato un progetto originale realizzato in occasione dell’anniversario della sua scomparsa, proposto per la Filarmonica Laudamo il 14 marzo 2019 nella Sala Sinopoli, per la sezione “Accordiacorde”: “Emersoniana. Keith Emerson compositore”, una super lezione-concerto dove Mafali suonò in piano solo e raccontò la musica di Emerson, inserendo anche delle composizioni proprie, suonate magnificamente. Luciano Troja, direttore artistico della Laudamo, aveva detto simpaticamente in quella circostanza: “Stimo immensamente Melo Mafali… e devo dire che sono un po’ invidioso per la sua tecnica e della sua capacità enciclopedica di mettere tutto all’interno della musica”. Parole che da oggi resteranno incise sulla pietra.
Clotho era stato il primo brano, cui fece seguito Take a Pebble, accompagnato da questa considerazione di Mafali: “Provengo musicalmente dagli anni 70, dove c’era l’usanza, che ho conservato, di suonare un brano cercando di metterci più possibile qualcosa di personale, se è il caso anche cambiandolo leggermente e improvvisarci sopra, sempre in stile, senza travisarlo”. La suggestione: “Lasciatevi trascinare da queste onde…”. In quella scaletta, tra i brani, inserì le Sonate per pianoforte n. 1 e n. 4 che egli incise rimarcando l’influenza artistica di Keith Emerson. “Ne ho fatte 4, speriamo di farne tante altre…”, aveva detto.
Al di là delle Sonate e del maledetto destino, ricordiamo uno straordinario finale: sarebbe stato il momento della famosa sigla della trasmissione televisiva Odeon, Honky Tonk Train Blues. Invece, no. “Sarebbe fin troppo facile…”. Allora, ecco esplodere tutta la classe e le doti tecniche del pianista in una reinterpretazione di Hop Scotch Boogie. Alla fine, il clou della serata: come sarebbe un’improvvisazione di Melo Mafali pensata alla maniera di Keith Emerson? L’interpretazione contemporanea ed estemporanea di un pianista che suona con le proprie mani ciò che gli proviene dalla testa di chi lo avrebbe ispirato: un gioco geniale, magia pura.
Pochi giorni dopo Mafali ha partecipato ai workshop e al concerto dell’ensemble della Filarmonica Laudamo Creative Orchestra diretta da Karl Berger, cui teneva tantissimo: “Sono molto felice di esserci, è qualcosa di veramente unico”. Nella sala prove, il siparietto finale di pianoforte a quattro mani con Luciano Troja è stato un privilegio per pochi, di pochi indimenticabili minuti. Al concerto, Mafali si dedicò alla tastiera e agli effetti.