Intervista di Giulia Quaranta Provenzano
Oggi la blogger Giulia Quaranta Provenzano ci propone la chiacchierata con lo street artist torinese Andrea Villa, le cui creazioni – citando alcune testate che ne parlarono già alla comparsa dei primi manifesti su carta, nel 2014, affissi in punti strategici della città e nelle teche municipali – si caratterizzano per essere satiriche e fortemente critiche nei confronti della società attuale.
Buongiorno! Vorrei domandarle subito quando, con quale intenzione/progettualità e soprattutto mosso da quale motore interiore si è addentrato nel mondo dell’arte e della scrittura – tanto da essere già stato nominato, da @forbes, uno degli street artist più influenti ed essere un opinionista su @la_stampa TorinoSette. “Buongiorno Giulia! Mi sono addentrato nel mondo dell’arte e della scrittura perché volevo creare un progetto che analizzasse il mondo mediatico e dei social media, una forma di street art legata al digitale e non al reale. Il mio scopo era di poter dare una voce opposta a quella dei media classici e provare, tramite i miei lavori, a capire il funzionamento del mondo della comunicazione”.
Da piccolo di cosa immaginava d’occuparsi una volta divenuto adulto e che bambino è stato? Inoltre quale colore e quale canzone assocerebbe ai periodi più significativi della sua vita sinora? “Da bambino, volevo fare il pubblicitario. Il colore che associo ai periodi più significativi della mia vita sinora è il blu (come la luce degli schermi), mentre la canzone è <<White Rabbit>> dei Jefferson Airplane”.
Cosa rappresenta, per lei, la Bellezza e cosa l’Arte e quale ritiene esserne il pregio? “La bellezza è riuscire a ragionare e a sorprendersi guardando un’opera d’arte”.
Se la beltà fosse una ricetta, quali ne sarebbero gli imprescindibili ingredienti alla base e quali quelli che rispondono maggiormente al suo gusto – crede ossia che esista il Bello universale, oppure non v’è possibilità d’oggettivare la bellezza? “La bellezza è soggettiva, non ha canoni e infatti questi cambiano in continuazione”.
Pensando l’arte come realizzazione fisica di un pensiero o/e di un’emozione o di un sentimento, quanto amor proprio e quanta generosità vi è nell’espressione del proprio mondo interiore, nella volontà e nel bisogno di concretizzare in qualche modo una personale rappresentazione della realtà percepita e filtrata con occhi assertivi o interroganti (occhi che fanno da finestre sul mondo)? “Bisogna lavorare sul proprio passato e su ciò che si vuole trasmettere”.
Secondo la sua sensibilità, nel caso in cui ritenga che siano aspetti discernibili, si sente più affine alle opere che hanno a che fare con l’intimistico “auto centrico”/autobiografico o maggiormente con il sociale-politico? “Mi sento affine con le opere vertenti sul sociale-politico, tant’è che non vi è alcunché di personale nei miei lavori”.
Quale ruolo le pare che giochi e quale le piacerebbe avesse l’immagine visiva nella quotidianità e nel veicolare significati emozionali, d’impegno verso un qual certo “quid”, psicologici a riguardo di sé e di coloro con i quali ci si interfaccia? “L’immagine parla sempre da sola, non ha bisogno di mediazioni …Certo può essere arricchita ma se funziona, funziona”.
Quali le sembra che siano oggi gli stereotipi estetici, esteriori, e gli atteggiamenti comunemente più radicati e perché in taluni individui c’è una sorta di ossessione di identificare il genere con il sesso di nascita (come se il nascere maschio o femmina implicasse l’imprescindibilità di alcuni comportamenti e determinasse l’insindacabilità di alcune preferenze piuttosto di altre)? “Ognuno di noi dovrebbe e deve poter fare quello che vuole, odio quando le persone danno [e appiccicano alle altre] delle etichette”.
C’è qualcuno al quale guarda con particolare stima e con cui sarebbe lieto di collaborare? “Io lavoro bene da solo. L’avere stima di qualcuno e piacere a collaborarci dipende poi sempre, comunque, da cosa dice tale persona e da quale è la sua mentalità”.
C’è chi sostiene che la capacità di creare e agire in base ai tempi e ai luoghi sia necessario – anche e non di meno per un artista – al fine di fare del personale estro una professione, ma che ciò non si tratti di forzare se stessi… bensì di cogliere il cosiddetto “Zeitgeist”: lei è d’accordo o no? E qualora <<lo spirito culturale che informa una determinata epoca>> non sia conforme alla propria persona, alla propria interiorità e al proprio intelletto, rispondere alle esigenze della contemporaneità come lo vede? “Non so rispondere a questa domanda”.
Il nascere e dove nascere è qualcosa che non decidiamo in prima persona, ma l’iter e l’equipaggiamento temperamentale e caratteriale nel percorrere la quotidianità sono in qualche modo determinati da cosa? Nel suo vivere ipotizza cioè che centri il “destino” – ed eventualmente cos’è il destino – o è dell’idea che l’essere umano sia il solo, totalmente, artefice della propria sorte? “Penso che si sia sempre artefici del proprio destino e che vi sia anche una dose di rischio che può riflettersi sul proprio operato”.
I ricordi, la pianificazione e la progettualità, la sperimentazione e l’osare, l’istinto e la ragione quanto sono fondamentali o meno nel suo vivere quotidiano e per la sua professione, per il suo estro? “Calcolo sempre tutto, non di meno poi vi è una certa percentuale di rischio – non ogni aspetto e non ogni cosa è controllabile”.
Benché io non voglia indurla ad alcuna categorizzazione riduttiva e ingabbiante, dal suo punto di vista cos’è l’Amore – sia esso amor proprio, per altre persone, per situazioni, luoghi, attività – ed è del parere che “Chi si somiglia si piglia (e si tiene)” oppure che “Gli opposti si attraggono (e non si lasciano)” persino artisticamente parlando, professionalmente e nelle relazioni amicali? “Non tratto il tema dell’amore nei miei lavori…”.
Infine, a proposito di talent e di social [clicca qui https://instagram.com/andrealvilla?igshid=YmMyMTA2M2Y= per accedere al profilo Instagram di Andrea Villa], qual è il suo pensiero al riguardo e con quale finalità si approccia e utilizza i secondi? “I talent e i social li studio in maniera acritica, osservo cosa succede su di essi: sono lo specchio delle mie azioni”.