testi e foto di Corrado Speziale
Messina non dimentica quanto successo due anni fa. Giampilieri, per il secondo anniversario del disastro, si è trasformata in un vero e proprio luogo della memoria, meta di pellegrinaggio e devozione, nel ricordo struggente delle 37 vittime del 1° ottobre 2009.
Occorreva percorrere un chilometro a piedi per poter raggiungere il centro del villaggio, a causa della presenza di tantissime auto con persone a bordo, provenienti dalla città e dai vicini villaggi, che hanno voluto essere presenti agli eventi commemorativi organizzati dall’associazione “Salviamo Giampilieri”.
37 alberi, tanti quanto le vittime, sono stati piantati dai ragazzi della scuola “Simone Neri”, intitolata al giovane eroe di quella drammatica notte di due anni fa; una Santa messa, officiata dal parroco Giovanni Scimone nella chiesa del villaggio, gremita all’inverosimile; il momento di raccoglimento intorno al monumento che ricorda la tragedia, e la proiezione, in anteprima assoluta, della docu-fiction di Marco Dentici “Caldo grigio, caldo nero”, reduce dalla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, sono stati i principali eventi della giornata.
Non hanno fatto mancare, ovviamente, la loro presenza, politici e amministratori, come il presidente della Regione Raffaele Lombardo, il sindaco Giuseppe Buzzanca, il presidente della provincia Nanni Ricevuto, il deputato nazionale Enzo Garofalo, quello regionale Filippo Panarello e i responsabili dei lavori di messa in sicurezza in corso d’esecuzione: Pietro Lo Monaco, capo dipartimento della Protezione civile regionale e Gaetano Sciacca, ingegnere capo del Genio civile.
Giampilieri mostra segni di vita, ma di quella che sembra definirsi tale sol perché l’amore e la dedizione per quel borgo, resistono caparbiamente alle snervanti circostanze, altalenanti tra l’impegno di pochi e la strumentalizzazione e la demagogia di tanti.
La località che ha pagato il tributo più alto in termini di danni e vite umane, e con essa Scaletta Zanclea, Altolia, Molino, Briga etc., si ritrova a fare i conti con una classe politica in cui regnano pretestuosamente incertezza e confusione, generate dall’azione dell’uno contro l’altro, derivante dalle trasformazioni politiche avvenute in Sicilia negli ultimi anni.
Ed ecco, quindi, che i politici vicini al Governo Lombardo, che a dire il vero, attraverso i propri organi gli sforzi li ha profusi, accusa quello nazionale della limitata o ritardata erogazione dei fondi, mentre i rappresentanti locali, legati politicamente a chi governa a Roma, si trincerano dietro frasi consunte ed inopportune, tipo “non è questo il momento di strumentalizzare” e quant’altro.
Si attende, adesso, che una parte dei fondi FAS (qualcosa come 70 milioni di euro), misure strutturali che l’Europa destinava già alla Sicilia per fini ben diversi da quelli della messa in sicurezza dei territori, vengano immessi materialmente nei capitoli della Regione, affinché si avviino gli altri cantieri (ne mancano ancora oltre la metà), quando invece le osservanze verso la difesa del territorio da ogni rischio sarebbero dovute essere nel passato il pane quotidiano delle amministrazioni, oltre che, naturalmente, un diritto scontato per i cittadini.
Sabato non sono mancate, quindi, le polemiche all’atto della commemorazione, tra la cittadinanza ed alcuni politici, mentre si è dato atto dell’impegno profuso fino a questo momento da chi sta alacremente lavorando con fondi e potenzialità a propria disposizione.
Non si parla, ad esempio, di ricostruzione o di recupero architettonico delle zone maggiormente coinvolte da quelle colate di fango accompagnate dalla caduta di macigni i cui segni sono ancora tangibili.
Colpiva, ad esempio, come via Puntale, luogo simbolo del disastro, apparisse nottetempo come un luogo abbandonato al proprio destino, dove erbacce e trascuratezza, per proliferare, non potevano certo attendere i tempi della politica.
Lì, una ragazza, in piena solitudine, commossa e raccolta in religioso silenzio, è penetrata in quel luogo dell’anima, abbandonandosi in una struggente meditazione: i suoi familiari, la casa in cui è vissuta, gli affetti, i suoi oggetti personali, da quella tragica notte di due anni fa, non sono altro che ricordi che attraversano la sua memoria, lasciandole tracce indelebili di dolore.
Ricordi, sensazioni, testimonianze dai grandi contenuti emotivi di quei momenti che non possono essere dimenticati, sono stati messi insieme dal regista e documentarista Marco Dentici nel bellissimo cortometraggio “Caldo grigio, caldo nero”, proiettato a fine serata sul sacrato della chiesa, stracolmo di gente distribuita lungo i due lati del piazzale.
Alla fine della proiezione, Renato Accorinti, eco-pacifista messinese, noto per le sue battaglie in difesa dell’ambiente, della città, e della dignità dei suoi abitanti, da sempre tenace attivista contro la realizzazione del Ponte sullo Stretto, ne fa un’altra delle “sue”: balzando sulla sommità del muro di cinta del sacrato, aggrappato alla ringhiera, attacca duramente i politici presenti, prendendosela in particolare con Lombardo, in procinto di abbandonare la piazza, accusandolo di “fare passerella” adesso, a tragedia avvenuta, dopo avere da sempre sostenuto la realizzazione del Ponte, trascurando le esigenze dei cittadini e dei loro territori a rischio.
Intervengono, così, le forze dell’ordine, mentre la piazza si divide tra chi chiede che ad Accorinti venga dato un microfono (pochi, a dire il vero) e chi, invece, tenendo più alla forma ed alla ritualità del momento, stigmatizza il suo gesto .
Il presidente della Regione, a questo punto, impugna il microfono e risponde, con enfasi, al no-pontista: “Il ponte non c’entra nulla, non si farà con le nostre risorse. Noi metteremo in sicurezza il territorio”.
E la risposta dell’esponente del movimento Nonviolento, rigorosamente ancora senza microfono, non si fa attendere: ”Non rappresenti la gente, vai via da qua”.
A seguire, per rispondere a chi continuava ad accusarlo per la sua azione “fuori luogo” dice: “Non conoscevo nessuna delle 37 vittime, ma se in questo momento sono qui, è perché le considero tutte miei fratelli”.