“Distrazione di ingenti risorse pubbliche a vantaggio solo di contractor privati”. Tutto questo in un momento in cui il debito è alle stelle ed il “furto di futuro” a danno delle giovani generazioni è ormai conclamato.
Sono stati pienamente concordi Ivan Cicconi e Guido Signorino sul tema conduttore del dibattito, organizzato a Messina dalla Rete No Ponte – Comunità dello Stretto, al Circolo – Libreria Pickwick, dinnanzi ad una platea particolarmente interessata agli ultimi sviluppi della vicenda “Ponte”, legata indissolubilmente a quella dell’Alta velocità ferroviaria.
Ivan Cicconi, ingegnere, studioso e scrittore bolognese, tra i massimi esperti italiani in infrastrutture e lavori pubblici, che da anni concentra le proprie attenzioni sui sistemi corruzione e sui meccanismi di penetrazione delle organizzazioni criminali nel settore degli appalti, è attualmente direttore di ITACA – Istituto per la Trasparenza degli Appalti e la Compatibilità Ambientale.
Guido Signorino, professore di Economia applicata all’Università di Messina, attento osservatore e analista dei processi di interazione tra economia regionale, ambiente e condizioni sociali, è da sempre tra i più motivati oppositori alla realizzazione del Ponte, del quale, dati e storia alla mano, ne ha sempre dichiarato l’insostenibilità sul piano economico-finanziario.
Due figure d’eccellenza, dunque, dal comune interesse verso la ricerca della correttezza e della legalità in un ambito, quelle delle grandi infrastrutture, che ha invece prodotto prima, ed in particolare dopo Tangentopoli, gravi effetti sull’economia e sui territori, con un’ indiscriminata “occupazione con privatizzazione della spesa pubblica”, come la definisce Cicconi, frutto di norme e comportamenti della classe politica ed imprenditoriale a vantaggio solo di pochi soggetti privati, tutelati da istituti contrattuali concepiti ad hoc.
Luigi Sturniolo, tra i più attivi e rappresentativi esponenti della rete No Ponte – Comunità dello Stretto, autore di testi che stanno contribuendo alla diffusione della conoscenza dei tanti motivi del “No” alla grande opera, come “Ponte sullo Stretto e mucche da mungere” e “Le ragioni del No Ponte”, entrambi editi da Terrelibere.org, ha moderato il dibattito, nel quale, alla fine, è intervenuto anche il pubblico.
L’ultimo lavoro di Ivan Cicconi, “Il libro nero dell’alta velocità”, (nuove ediz. Koinè), prossimo alla distribuzione e presentato in anteprima, del quale si è appena conclusa la pubblicazione a puntate su “Il Fatto quotidiano – on line”, ha fatto da filo conduttore, fornendo tutti gli elementi che hanno articolato il dibattito.
Il principale riferimento normativo intorno al quale si è dibattuto, è naturalmente la Legge obiettivo del 2001, che ha aperto la strada a nuovi modelli e strategie di attuazione dei grandi lavori, che marginalizzano enti ed uffici pubblici nell’ambito dei controlli e delle scelte.
Ma l’esposizione di Cicconi parte già da prima: “Dopo Tangentopoli c’è stato un radicale cambiamento tra politica e affari” dice il direttore di ITACA. “Mani pulite – prosegue – ha scoperto una cupola di politici, imprenditori e boiardi di Stato che pilotavano la spesa pubblica. Era un sistema nel quale c’era un controllo e le opere costavano il 20 – 30 per cento più del previsto. Ma questo sistema è cambiato radicalmente, ed oggi ne abbiamo uno addirittura devastante per la spesa pubblica. I partiti sono scomparsi, ed infatti si parla di corruzione liquida. La spesa pubblica – dice ancora Cicconi – è stata occupata in maniera indiscriminata in un contesto nel quale si sono modificati gli assetti tra pubblico e privato”.
Ma sulla base delle precedenti percentuali enunciate, è l’incredibile maggiorazione dei costi, rilevati negli ultimi contratti di alta velocità, a far sobbalzare la platea: “La media dell’aumento è del 460 per cento” dice Cicconi, che spiega cosa contribuisce a ciò: “Il tutto ruota intorno ad una scatola vuota di inesperti, incapaci nella gestione del merito tecnico e procedurale sulle opere, quando invece – precisa – il contraente generale ha tutti gli strumenti per fare un progetto esecutivo che costi molto di più”.
Ha poi spiegato, sommariamente, il funzionamento dei nuovi soggetti principali istituiti nel periodo post Tangentopoli per la concessione dei grandi appalti pubblici: Project financing e Contraente generale, dove il secondo si differenzia dal primo in quanto “concessionario con l’esclusione della gestione dell’opera”. In altre parole, due facce della stessa medaglia che agiscono d’intesa, guardandosi sempre intorno: si opera, con ingenti capitali pubblici, in S.p.A., regolamentate dal diritto privato, che attivano prestiti a garanzia statale, dove tuttavia il soggetto privato non rischia praticamente nulla.
E sul ruolo del “general contractor” è così che la pensa Cicconi: “Siamo gli unici in Europa ad avere questo istituto contrattuale introdotto dalla Legge obiettivo che affida al Contraente generale un potere enorme che sostanzialmente è uno stimolo a delinquere, purtroppo legittimamente, poiché sancito da una norma attraverso la quale lo stesso cerca di ottimizzare il contratto. Ne è la riprova l’alta velocità.”
Riguardo le due grandi realtà che costituiscono il paradigma di questa situazione, si può ben dire che TAV e Ponte sullo Stretto, abbiano un’infinità di similitudini, e più che immaginarle su due binari paralleli (anche per usare una metafora centrata), secondo Guido Signorino è più corretto parlare di “clonazione”. All’economista messinese è infatti toccato il compito di cercare assonanze, similitudini, sovrapposizioni e differenze (poche, a dire il vero) tra le due cose.
Ed in base alla sua esperienza ed alla conoscenza dei fatti, per Signorino non è certo stato difficile fare un “gemellaggio”, partendo intanto dall’idea che le ha generate, usando anche espressioni forti: “Si ha un sistema di privatizzazione della cosa pubblica che di fatto non è la socializzazione del patrimonio pubblico in vista della risposta ai bisogni, ma è semplicemente un latrocinio, cioè la destinazione a tasche private di risorse pubbliche esistenti e, peggio ancora, non esistenti, scaricate tremendamente ed irresponsabilmente sulle spalle dei nostri figli. Quello della TAV – prosegue il docente – non è un sistema di corruzione, ma di mercimonio normato, legalizzato”. E si spiega così: “Si tratta di una condotta a clessidra. Prima di Tangentopoli c’era un contenitore che consentiva la caduta e la dispersione di certi profitti indebiti, mentre in realtà ha consentito un passaggio ad un sistema codificato”.
L’enorme lievitazione dei importi; la retorica delle grandi opere, pubblicizzate come sostegno allo sviluppo ed all’occupazione; la pretestuosa inesattezza dei dati, come i flussi di attraversamento; i casi di accorpamento, nell’appalto, sotto forma di contenitore, di altre opere, senza evidenza pubblica, come fossero matriosche (è il caso, in Calabria, della variante di Cannitello); il sistema instaurato, da parte delle due concessionarie, T.A.V. e S.d.M., per l’assegnazione ad F.S. (con esse in società) dell’esercizio tecnico delle infrastrutture, dietro pagamento di canone, vada coma vada, al di fuori della commercializzazione del servizio (qui sta il punto cruciale della non convenienza dell’operazione); la scelta strategica della tipologie delle infrastrutture, avendo scartato comprovate valide alternative sostenibili; doppi incarichi agli A.d. di entrambe le società. Queste, in sintesi, alcune delle similitudini rimarcate da Signorino, anche se ampliando o approfondendo le varie voci, se ne trovano tante altre.
Ma il Ponte ha, da par suo, un aspetto non di poco conto, sul quale Guido Signorino, che in questo campo ne sa più di tutti, “aspetta al passo” chiunque intenda provare il contrario: “Su un’idea di spesa complessiva balzata ad 8 miliardi e mezzo, nel progetto definitivo non c’è traccia del piano finanziario”, dice senza indugi.
Annota, poi, un aspetto che richiama l’assoluta libertà di agire, indisturbatamente, da parte di Eurolink & C.: “Il general contractor, da bando di gara, avrebbe dovuto partecipare al finanziamento dell’opera in misura del 10 per cento dell’importo, ma a settembre del 2009, a gara completata, con tutto definito, viene variata questa cifra e abbassata al 5 per cento.
Trattandosi di un bando pubblico – chiede l’economista – si può cambiare una clausola ad iter di affidamento completato?”
Infine, la presenza del professore universitario, ha giustamente provocato in Luigi Sturniolo, lo stimolo per ritornare su un caso i cui risvolti hanno indignato chi tiene al rispetto ed al futuro dell’Ateneo messinese: la cessione dell’Incubatore di imprese ad Eurolink. “Si è registrata una violazione d’intenti sancita dall’Università, che lo stesso Ateneo ha avallato”, dice Signorino, che si era battuto affinché ciò non avvenisse. “Ho notato – prosegue – che nel cartello indicatore posto lungo la strada, ci sono i loghi della Regione Siciliana e di Sviluppo Italia Sicilia, mentre manca quello dell’Università.
Mi dispiace personalmente – afferma, deluso – perché nella costituzione dell’Incubatore d’imprese, il primo a sud di Torino, avevo avuto un ruolo”.
Testo e foto di Corrado Speziale