FRACASSO – “Solitamente, solo quando sto male e ho bisogno di sfogarmi, prendo una base e inizio a scrivere i testi delle mie canzoni più belle”
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FRACASSO – “Solitamente, solo quando sto male e ho bisogno di sfogarmi, prendo una base e inizio a scrivere i testi delle mie canzoni più belle”

Intervista realizzata da Giulia Quaranta Provenzano

Oggi la nostra collaboratrice Giulia Quaranta Provenzano ci propone l’intervista a Fracasso. Il giovane, nato a Biella il 24/07/1998, è già noto a una larga fetta di pubblico come rapper-poeta…

Buongiorno! Cristian Andrea Rado all’anagrafe, hai scelto come nome d’arte Fracasso. Ti domando dunque subito qual è il cosiddetto motore interiore che ti ha portato a intraprendere questo tuo viaggio nella musica e ciò in relazione anche al tuo pseudonimo. “Ciao Giulia! Ho iniziato a fare musica all’età di 13 anni, poco dopo aver visto un video di Fedez su YouTube. Ai tempi non sapevo cosa essa fosse e non sapevo nemmeno cantare. Più che la passione per quest’arte, a farmi cominciare è stata la voglia di rivalsa. In quegli anni mi sentivo un po’ perso, vivevo male la scuola perché ero diverso dai miei coetanei – quindi ho visto nella musica appunto la mia salvezza. Il mio nome d’arte è nato proprio a scuola, durante una lezione. Come sempre non ascoltavo quello che diceva la professoressa, ma pensavo ai miei sogni. Ricordo il giorno in cui avevo sotto mano 3/4 nomi di rapper ossia Diluvio, Tormento e non ricordo gli altri. Fracasso mi sembrò il più coerente, visto l’ambiente hip hop in cui mi stavo buttando. Oggi come oggi, lo reputo un nome un po’ banale e a tratti anche imbarazzante però ormai è il mio identificativo e non lo posso cambiare, a caso, da un momento all’altro”. 

Da piccolo a cosa, forse, immaginavi di dedicarti una volta divenuto adulto e che bambino sei stato? “Sin da piccolo ho sempre  pensato al fatto che avrei voluto diventare qualcuno. Non mi sono mai sentito come i miei coetanei… alla scuola elementare, i miei compagni di classe pensavano a cose che io allora già reputavo banali. Ricordo nitidamente che appunto i miei compagni di classe erano euforici nel vedere, dalla finestra, i camion passare davanti alla scuola mentre io me ne fregavo altamente. Per me non era interessante vedere un camion, non mi facevo le loro stesse domande. Io pensavo già al mio futuro, a chi volevo diventare, a quello che volevo essere: scienziato, dottore, politico… avevo letteralmente la testa persa nei sogni, come oggi”. 

L’ambiente geografico e sociale (compreso quello familiare) e l’epoca in cui vivi, ma altresì i primi input ricevuti durante l’infanzia, quanto e in che modo sono stati o no fonte di ispirazione e determinanti per la tua creatività? Vengo da una famiglia incasinata, l’opposto di una ricca e benestante. Per ricollegarci al discorso di prima, da bambino vedevo i miei compagni di classe con i libri nuovi e la cartella di Drangon Ball. I loro diari e i loro astucci erano super fighi mentre io, perché a casa mancavano i soldi, avevo un astuccio usato da chissà chi e la mia cartella pure era usata e con Winnie the Pooh disegnato sopra. Avrei tanto voluto quella di Drangon Ball perché era il mio cartone animato preferito, poi i libri – dato che appunto erano già usati – erano tutti scassati e sottolineati… Insomma, tutto ciò ha fatto sì che dentro di me si creasse un fuoco, questa mia voglia di rivalsa nei confronti della vita in generale. Anche il fatto di essere cresciuto nelle case popolari di una piccola cittadina del Piemonte ha sicuramente contribuito ad alimentare il suddetto fuoco. Per rispondere con precisione alla tua domanda, probabilmente se avessi avuto un’infanzia tranquilla e perfetta oggi non saremmo qui a confrontarci e non ci sarebbe questa intervista. Sicuramente mi sarei laureato e sarei diventato un dottore, uno scienziato o chissà cosa ahahah… quindi sì, tutti tali citati aspetti, che ho raccontato ora, sono stati determinanti per la mia creatività”.    

Ho letto che è a 13 anni d’età che ti sei appassionato al rap, pubblicando i primi brani e mixtape. Nel 2016, insieme a Filippo Marco Bologni, hai creato Music Riders Project e contemporaneamente hai rilasciato il singolo dal titolo “FINO ALLA FINE”. Ebbene, ci racconti un po’ di questa canzone e altresì com’è nata la tua collaborazione con il suddetto campione di equitazione? Ho scritto tale canzone a 16 anni d’età, ora non ricordo bene perché… sono passati quasi dieci anni. Quello che posso dire è che in quel brano mi immaginavo nei panni di un cavaliere, non so se sono riuscito nell’intento. La collaborazione partì da Filippo, che con un semplicissimo messaggio su Facebook mi parlò del suo progetto e mi disse che sarei stato il primo artista. Ad oggi ancora non mi spiego come questo sia successo e il motivo che lo portò a scegliere proprio me che ero un ragazzino grasso, pieno di brufoli, con appena quattro canzoni stonate pubblicate su YouTube. Penso che lo ringrazierò per tutta la vita in quanto la mia “carriera” ha preso avvio da lì. Dopo la nostra collaborazione ho cominciato a fare nuove conoscenze, a ricevere proposte, a capire come funziona il mondo dello spettacolo e tutto il resto. Il fatto di essere stato trovato e poi scelto fra tutti gli artisti e i ragazzi giovani che c’erano su YouTube, adesso che mi ci fai pensare, mi fa comprendere quanto io sia stato fortunato – anche perché Filippo era già famoso ai tempi, mentre io non esistevo nemmeno. Forse è stato semplicemente destino, o forse ci credevo così tanto in qualcosa di grande che in qualche modo l’ho attratto verso di me”.    

Cosa rappresenta per te la bellezza, lo sport (e in primis proprio l’equitazione…), la musica e l’arte più in generale e quale ritieni che sia il loro principale pregio e potere? “Al contrario di quello che si può pensare, io non amo l’equitazione. Non è uno sport che seguo e che guardo tant’è che, in generale, non so nulla di tale mondo. Ho semplicemente scritto delle canzoni a riguardo, pur non conoscendolo, provando appunto ad immedesimarmi in chi pratica la sopracitata attività. Per me si è trattato di lavoro, ho colto l’opportunità che il destino mi ha messo davanti. Detto ciò, penso che l’arte e lo sport abbiano come pregio quello di unire le persone… penso ai concerti, piuttosto che alle partite di calcio e di basket ecc…. amo l’atmosfera che sia crea in questi contesti, perciò sono felice di essere un artista e sono felice di aver unito i due mondi dello sport e della musica. Un altro potere che ha lo sport, come lo ha la musica, è quello di aiutare i giovani che prendono una strada sbagliata a tornare in carreggiata. A volte ci sente persi, soprattutto se si cresce in brutti contesti, ed è facile finire nei giri sbagliati… ma, se si ha un sogno, si mette al 100% se stessi in quello e non si ha tempo per perdersi in affari loschi e situazioni cancerogene. Oggi lo sport fa parte della mia vita, non l’equitazione ahahah, infatti vado in palestra 3/4 volte a settimana. Amo correre e fare pesi ché mi aiuta proprio come mi aiuta altresì la musica, mi fa stare bene. Ci sono giornate in cui al mattino vado appunto in palestra e al pomeriggio mi dedico alle mie canzoni ed è proprio in giorni simili che mi sento davvero bene. È verissimo che lo sport e la musica sono due antidepressivi potentissimi”.    

Quali sensazioni ed emozioni provi quando scrivi e canti e vi è un modus operandi che solitamente adotti, ovverosia in base a cosa e come procedi nella genesi dei tuoi pezzi musicali? Solitamente scrivo solo quando sto male. Se ho bisogno di sfogarmi prendo una base e inizio per l’appunto a scrivere. Non parlo con nessuno, anche perché vivo da solo e non ho quindi con chi sfogarmi. È il mio modo per chiedere aiuto, il mio modo per sentirmi meglio – le canzoni migliori le ho scritte piangendo. Mi rendo conto che è triste come cosa, però ciò è anche terapeutico. Quando finisco di scrivere una canzone, registro il provino e poi sono felicissimo. Sono felice perché è allora che penso che il pezzo spacchi e che potrebbe piacere. Me lo immagino dunque già in radio ed è così facendo che trasformo le lacrime in gioia, il male in bene”.

Quale ipotizzi che sia la tua peculiarità a livello artistico e quale supponi che sia la caratteristica più apprezzata da coloro con i quali collabori, nonché dai tuoi ascoltatori? Penso di possedere una grande poliedricità artistica. Io passo letteralmente dal pop al rap, dal pezzo dance al pezzo per Sanremo. Non mi do limiti. Amo sperimentare, sentirmi sempre diverso e non avere etichette”.  

C’è qualche tuo collega che stimi particolarmente e con il quale saresti propenso a lavorare assieme nel prossimo futuro? E cosa ne pensi del Festival di Sanremo 2023, c’è stato qualcuno che ti ha favorevolmente colpito e – in caso affermativo – come mai? Mi piacerebbe tantissimo collaborare con Roberta Branchini, penso che abbia uno stile pazzesco. Mi piace come usa l’AutoTune e, se mai un giorno potessi scegliere con chi lavorare per un eventuale album, lei sarebbe la prima artista che chiamerei. Poi c’è Fedez, il mio idolo adolescenziale. Sarebbe bellissimo per me portare a casa un pezzo con lui, non tanto per fare una hit quanto per chiudere un cerchio dentro la mia testa. Grazie a Federico ho iniziato a fare musica e, difatti, credo che Fracasso non esisterebbe senza Fedez. Ho visto il Festival di Sanremo di quest’anno e ho apprezzato molto Rosa Chemical. È stato sfacciato, ha fatto una bella canzone ed è stato bravo a far parlare di sé. In generale comunque tanti pezzi mi sono piaciuti ma non gli do tanta importanza perché, alla fine dei conti, ogni anno è sempre la solita solfa”. 

Tu che cosa ne pensi dei talent show, ma altresì dei social network? Vi parteciperesti volentieri a X Factor oppure ad “Amici” di Maria De Filippi? Non amo i talent, non li guardo e non avrei nemmeno voglia di partecipare. Mi annoiano, semplicemente. O meglio, come artista emergente non sono interessato a questo tipo cose. Preferisco fare il mio percorso da solo e usare i social come mezzo di comunicazione per farmi conoscere e apprezzare. Sono dell’idea che, se si ha talento, non si ha bisogno per forza della tv per spaccare e mi sono ripromesso che ad “Amici” ci andrò come ospite e non come allievo. In tal caso, tutto assumerebbe un sapore differente – e rivaluterei sicuramente la situazione da una prospettiva più interessante, meno noiosa e più eccitante”.

Quale ruolo ti pare che giochi oggi l’immagine visiva nella carriera di un cantante? Sei, inoltre, dell’avviso che proprio l’immagine possa e debba veicolare efficacemente significati emozionali e intellettivi, d’impegno verso un qual certo “quid”, psicologici a riguardo di sé e di coloro con i quali ci si interfaccia e che ne sia un indicatore di verità? È, questa, una domanda complessa. Penso che oggi l’immagine sia importante per un artista, ma rispetto a 4/5 anni fa che lo sia un po’ meno. Attualmente è possibile veramente dedicarsi soltanto alla musica, grazie anche a Spotify. Ovviamente dipende sempre da qual è il proprio intento. Io curo l’immagine perché non punto unicamente a fare canzoni, voglio dedicarmi a tutto quello riguarda il mondo dello spettacolo. Voglio fare l’attore, l’opinionista, il giudice in qualche talent… insomma, desidero intraprendere più percorsi e, perché ciò avvenga e si realizzi, bisogna avere un’immagine ben definita”.       

I ricordi, la pianificazione e la progettualità, la sperimentazione e l’osare, la razionalità e l’istinto quanto sono rilevanti nella tua quotidianità in ambito musicale? Pianificazione e progettualità non sono molto rilevanti nella mia vita, faccio quello che mi va e quando mi va. Faccio tutto in base a come mi sveglio. L’istinto invece è l’aspetto più rilevante nella mia musica, perché appunto faccio solo quello che mi sento di fare in un qual certo momento. La sperimentazione mi caratterizza, insieme ai miei ricordi e alla mia esperienza poiché tendo a scrivere solo a riguardo di cose che ho vissuto – dato che per me la musica è una valvola di sfogo, un antidepressivo potentissimo”. 

A tuo dire in che rapporto stanno libertà, resilienza e coraggio? E in tutto ciò, benché io non voglia indurti ad alcuna preconfezionata categorizzazione riduttiva e ingabbiante, dal tuo punto di vista, cos’è l’Amore (sia esso amor proprio, per altre persone e animali, per idee e ideali, per situazioni, luoghi, attività e molto altro ancora)? “Per quello che mi riguarda, l’amore non è semplicemente attrazione fisica bensì è un sentimento profondo che si avvicina molto all’amicizia ed è tuttavia diecimila volte più potente e intenso. Spesso capita di avere un colpo di fulmine e di scambiarlo per amore, però sono due cose diverse. Ho capito di essermi innamorato davvero, per la prima volta, quando la mia testa è andata oltre l’aspetto fisico. In base alla mia esperienza posso affermare di provarlo solamente dopo tanto tempo che frequento una persona, perché se finisce l’attrazione fisica ma sento quel senso di affetto costante nei suoi confronti allora sto provando davvero Amore”.    

Pensi che esista il destino e, se sì, secondo quali termini? Ti sei, poi, mai interrogato a proposito della sussistenza del male nel mondo in rapporto alla presunta bontà, onnipresenza, onniscienza e onnipotenza della divinità e del suo operato (cioè sulla questione della Teodicea)? Sì, penso che esista il destino. Appunto, come detto prima, ai tempi il fatto di essere stato scelto da Filippo non poteva che essere Destino. Dopo di lui, tante volte mi sono sentito perso e ho pensato di smettere di fare musica… però, ogni volta, è arrivato qualcuno/qualcosa che mi ha fatto rialzare. Un esempio?! Dopo il periodo di collaborazione con Filippo, finì tutto. Pensai che fosse la fine, che non avrei più concretizzato alcunché. Poco dopo, invece, iniziai la collaborazione con tele Silvia che può sembrare una cosa “trash” a occhi esterni… ma da lì abbiamo realizzato un pezzo, abbiamo totalizzato tantissime visualizzazioni, abbiamo fatto eventi e un libro e siamo pure stati in TV. Terminato ciò, mi sono detto nuovamente ch’era finita. Ma no! Ho provato a partecipare a Sanremo, sono stato scartato e allora ho pubblicato la canzone online. Il primo anno non ha ottenuto ascolti, ovviamente mi sono sentito perso e devastato. Per caso ho conosciuto un’influencer famosa, che ha deciso di sua spontanea volontà di aiutarmi e il brano è diventato virale su TikTok. Ciò mi ha permesso di partecipare come special guest al contest live DoubleTap e di conoscere un sacco di influencer/artisti, di farci amicizia. Mi ha così contattato il mio attuale manager, che mi ha messo sotto contratto, e i miei pezzi sono passati come distribuzione sotto la Warner Music (può sembrare una cazzata oggi, ma in precedenza leggere <<distribute by Warner Music Group>> era un qualcosa di assurdo e impensabile, soprattutto per me) e pertanto le cose si sono fatte ancora più serie. Cominciai a essere considerato anche dai giornalisti, a rilasciare interviste, a sentire la mia voce in radio e nei centri commerciali. Adesso ci risiamo, sono nuovamente in un periodo buio della mia vita ma – grazie a tutti i colpi di scena che ci sono stati in passato nella mia carriera – il buio non lo vedo più così buio, perché so che ci sarà un altro periodo di luce prima o poi. Sono del parere che ci sia un destino già disegnato per ognuno di noi, perché ad oggi non mi spiego tutto quello che ho vissuto. Può essere stata fortuna, certo, eppure è strano che essa si ripeta in continuazione. Mi viene più facile credere che ci sia davvero un destino già scritto per ciascun essere umano”.           

Infine, prima di salutarci, vuoi condividere con noi quali sono i tuoi progetti a più stretto giro e talune eventuali novità in anteprima?Ho vari pezzi in cantiere, ma cambio spesso idea… sono molto spontaneo e istintivo, se mi va farò uscire un singolo quest’estate. Per ora non ho altri programmi, vivo alla giornata!”.

22 Aprile 2023

Autore:

redazione


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