– di Corrado Speziale –
“Italia unita in nome della Pace”. Una staffetta di 4000 chilometri, da Aosta a Lampedusa ha attraversato lo Stivale, isole maggiori comprese. A mezzogiorno in punto, simultaneamente, tutti i partecipanti con la bandiera della Pace, singolarmente o in gruppo, hanno percorso un chilometro coprendo il territorio nazionale. L’iniziativa, ideata da Michele Santoro e organizzata da Servizio Pubblico, è scaturita da un appello condiviso da tante personalità, affinché cessi immediatamente il conflitto in Ucraina, dando vita a trattative di pace. Anche Messina ha dato il suo importante contributo con tanti partecipanti che hanno effettuato il percorso con partenza dalla Fiera verso la zona sud della città e la costa ionica. Tra loro, lo storico pacifista, ex sindaco Renato Accorinti: “Pace non è un semplice slogan. Se non le si danno contenuti forti resta una parola vuota. È la tematica più importante, perché riguarda la vita di tutti gli esseri umani”. Il giornalista Antonio Mazzeo: “L’Italia è coinvolta direttamente nella guerra in Ucraina. Questa spirale non può che portare ad una guerra totale, globale. Qualcuno deve avere il coraggio di fare il primo passo e sedersi al tavolo delle trattative”.
“Cos’è un ideale? Ad esempio, quello di Dario è partire da Termini Imerese in treno stamattina all’alba, percorrendo 200 chilometri, arrivando a Messina per percorrerne uno a piedi!” Ogni singola persona è un universo capace di tutto, se lo si vuole”. Passione e riconoscenza, dunque, verso chi, tra tanti partecipanti, si è particolarmente distinto. Il commento è di Aurelio Coppolino, che per la tappa Messina – Roccalumera della Staffetta dell’Umanità per la Pace, con il coordinamento da Roma di Maria Zanghì di Servizio Pubblico e l’importante apporto cittadino di Teresa Frisone, ha tenuto ben salde le redini dell’organizzazione, con gli elenchi dei partecipanti “ufficiali”, ossia i destinatari del chilometro di staffetta, con i punti esatti di partenza e arrivo dei percorsi totali e parziali. 18 tratte di un chilometro ciascuna, per l’esattezza, solo nel comune di Messina. 25 fino a Roccalumera, quanto il numero minimo di partecipanti affinché la tappa venisse interamente coperta. 259 fino all’estremo lembo sud della Sicilia, ultima frazione dei 4000 chilometri da far percorrere almeno a 4000 persone in tutta Italia, da Aosta a Portopalo. Ma a Messina, il numero dei partecipanti alla staffetta è da considerare un consistente multiplo rispetto al minimo previsto, essendosi creato un gruppo per ogni “segmento” del percorso, ciascuno accompagnato dai colori della bandiera della Pace.
Della staffetta, con l’appello che l’ha ispirata, avevamo scritto in dettaglio nell’articolo dello scorso 3 maggio (https://www.scomunicando.it/notizie/staffetta-dellumanita-un-messaggio-di-pace-da-aosta-a-lampedusa-messina-e-la-sicilia-si-preparano-allevento-del-7-maggio/). E Messina, com’era prevedibile, non ha tradito le attese. I partecipanti, intorno alle 11, un’ora prima dell’evento, si sono radunati in alcuni punti cittadini, tra cui la Fiera, luogo di partenza della staffetta in Sicilia, e Villa Mazzini. Contemporaneamente, ciò avveniva in tante altre tappe del percorso nazionale e regionale, fino a Portopalo, con l’aggiunta di altre località e città al di là delle tratte stabilite. Tutta la manifestazione, tappa per tappa, è stata documentata da foto e video realizzati ad hoc, cui si è aggiunta una diretta nazionale che Michele Santoro ha condotto da Lampedusa, mentre la staffetta, materialmente, si è articolata fino alla statua del Cristo Redentore di Capo Passero, all’estremo sud della Sicilia.
Una staffetta che percorre migliaia di chilometri, nel segno condiviso della pace, con i suoi valori etici e l’impegno civico richiamato in questo momento drammatico per il conflitto in Ucraina, raccoglie persone, storie, esperienze, commenti e stati d’animo. Alla partenza del percorso siciliano, a Messina, si è registrato l’atteso ritorno in piazza dello storico attivista pacifista, nonché ex sindaco di Messina, Renato Accorinti. Dal suo urlo “Trump, Trump, No War!!!” in qualità di primo cittadino messinese, che dal G7 di Taormina, nel 2017, fece il giro del mondo, sembra trascorso un secolo, mentre in atto, quanto a conflitti armati, lo scenario si è ulteriormente aggravato.
Ieri era un giorno speciale, l’Italia si univa nel segno della pace: “Ogni giorno è speciale – ci dice Renato Accorinti – ma quando ci si aggrega sulla tematica più importante, quella della pace, che è la vita di tutti gli esseri umani, fa ancora più effetto. Pace non è uno slogan. Se non le si danno contenuti forti può restare una parola vuota. La parola pace non si deve urlare solo nel momento della guerra. Il difetto è proprio questo. La pace deve essere prerogativa di ogni giorno, nei rapporti personali e interpersonali, interiori. L’etica deve stare sopra ogni cosa, per cui i discorsi che facciamo e le azioni che compiamo vanno tradotti in politica. È quello che chiediamo ai governanti, a cominciare dalla città. Occorre instaurare rapporti che poi creino una pace duratura. Invece ciascuno tende ad avere il dominio sugli altri, sia a livello personale che politico, nazionale e internazionale”. Dopodiché, la riflessione sulle cause di tutto ciò: “I nazionalismi hanno creato le guerre a causa dell’orgoglio, del voler stare da una parte. Invece l’umanità è una. Bisogna instaurare questa convinzione innanzitutto in noi stessi. Far diventare politici i rapporti amorevoli. I rapporti nazionali e internazionali devono essere all’insegna delle nazioni in difficoltà, su cui ci dovremmo interrogare. Non avere il pane e l’acqua porta alla guerra. Ci vuole un equilibrio economico. Invece succede che una nazione vuole essere più forte dell’altra anche quando si è arricchita in un modo spudorato sulla pelle degli altri”. L’esempio più chiaro: “L’Africa non è povera. L’abbiamo impoverita noi. Per la pace, mettendoci insieme, dobbiamo andare in questa direzione. Occorre cercare pace e giustizia per tutti”.
Una retorica diffusa porta a pensare alla pace solo dopo l’uso delle armi. Su questo Accorinti ha sempre avuto le idee chiare: “Pensiamo alla pace solo quando la guerra diventa un grosso problema. Cosicché, a farla cessare, diventa molto complicato. Fermare le armi dopo averle messe in funzione è molto difficile. Dobbiamo sempre e comunque lavorare prima”. Il momento che viviamo: “C’è la guerra in Ucraina, ma di guerre ce ne sono tante. La gente muore ogni giorno in tante altre parti del mondo. Consideriamo il valore degli esseri umani in modo differente.Se muore un italiano si occupano le prime pagine, per il resto non è così. Dobbiamo considerare il valore della vita partendo dall’uguaglianza, innanzitutto economica”. Le storture economiche e la corsa agli armamenti: “Negli Stati Uniti, e non solo, la voce principale del bilancio sono le armi, prendendo i soldi dalla sanità. Qui da noi il rischio è uguale, non solo rispetto alla corsa alle armi, ma anche su politiche pazzesche che vogliono attuare”. La pace, tra impegno vero e apparente: “La pace comprende tanti fattori, altrimenti diventa lo slogan della banalità. Il mio pensiero è che su questo tema dovremmo essere tutti un po’ più profondi…”
Il giornalista pacifista e antimilitarista Antonio Mazzeo, tra i premiati “Colomba d’Oro per la Pace” 2020, in questa fase critica sta girando l’Italia per incontri e conferenze. Lo scorso anno è stato anche in missione umanitaria proprio in Ucraina. “Tutta l’Italia oggi è unita su una piattaforma politica che attendevamo da un anno e mezzo –ci dice Antonio Mazzeo – in cui si esplicita il rifiuto della guerra, di tutte le guerre, soprattutto quella in Ucraina, dove non c’è cobelligeranza italiana, ma il coinvolgimento diretto delle sue forze armate. Oggi l’Italia è attraversata da una staffetta di pace, ma purtroppo da un anno e mezzo, quotidianamente, è attraversata da droni, aerei da guerra, mezzi blindati e carri armati…” Le previsioni sulla guerra: “Le notizie che arrivano dall’Ucraina fanno pensare all’ennesima escalation di questo conflitto. Questa spirale non può che portare ad una guerra totale, globale, nucleare. Proprio di fronte a questo c’è l’esigenza di un disarmo unilaterale. Qualcuno deve avere il coraggio di compiere il primo passo. Chiediamo a tutte le forze in campo di rinunciare alle modalità e agli obiettivi che hanno scatenato questo conflitto fratricida, e sedersi al tavolo della trattativa per un immediato cessate il fuoco. Occorre avviare una trattativa di pace che sia giusta e profondamente rispettosa dei diritti umani e dei diritti di tutte le minoranze che oggi vivono in quell’area”.