In viaggio verso un sogno
Il 25 settembre sono andato al cinema Ambrosio a Torino, che posso definire ormai il “mio cinema”, a vedere “io Capitano” di Matteo Garrone. Arrivato al cinema ho scoperto che il 3 ottobre Garrone sarebbe stato li per presentare il suo film insieme agli attori, quindi ho comprato il biglietto per il 3, in prima fila, ma già che c’ero ho visto il film, del resto è Garrone, il mio regista preferito in assoluto, dico a livello mondiale contemporaneo, perché si io credo che sia il migliore, che il cinema italiano sia il miglior. Il film è straordinario, girato in lingua africana, non sapevo quale (io non leggo niente di un film quando vado a vederlo, neanche la trama) sottotitolato ovviamente e ci sono tutte le caratteristiche del cinema di Garrone, il neorealismo, la crudeltà, il sogno, la favola, l’orrore, la poesia, quindi torno a casa felice, emozionato. Ma qualcosa di diverso c’è. Credo sia per il tema trattato, per le mie idee politiche perché è la prima volta che un film di Garrone è scelto per rappresentare l’Italia agli Oscar (ne ha vinti due per pinocchio ma costumi e trucco) nonostante i numerosi premi a Cannes (ma mai la palma d’oro) o a Venezia (ma mai il leone d’oro). Non ci penso più.
Nei giorni successivi cominciò ad entrare in paranoia per le domande che avrei dovuto fargli. Devo essere originale, gli devo far capire quanto amo il suo cinema, devo fargli vedere quanto sono impegnato nella questione degli immigrati( eh, sono in piazza tutti i giorni, e un giorno si e l’altro pure sono a Lampedusa…sic!!), devo fargli capire quanto gente come Salvini sia ignobile e ignorante, ma anche che so che da Minniti, passando per Berlusconi, Prodi, Renzi, Conte, fino alla Meloni ad oggi chi più chi meno tutti hanno fallito con la questione dei migranti, devo dire che i migranti sono diventati clandestini dal famoso g8 di sangue e barbarie da parte della polizia e dei black block prima erano i famosi extracomunitari, come se gli americani non lo fossero, ma non posso neanche essere servile e di parte, quindi citerò la giornalista che seguo da tempo su tik tok o su instagram, Pubble(laureata in storia e architettura e chiamata in ogni convegno perché preparatissima sulle guerre e sulla politica) che non è per niente di parte, anzi, mette in discussione continuamente tutto, facendo l’ormai defunta satira. E quindi citare un suo video in cui propone una soluzione, perché tutti le scrivono di dare soluzioni invece di raccontare sempre problemi. E lei una soluzione l’ha trovata. come? indovinate: è andata su google e ha scritto come arrivare in Italia clandestinamente , e sorpresa, google sciorina pagine su pagine sulle quali c’è scritto di tutto: chi contattare, cosa fare, persino le ong sono presenti con foto che sembrano pubblicità e dove dicono come contattarle prima per poter essere “salvati”. Ma andate a cercare il video.
Potrei parlare dei 175.000 ucraini che sono in Italia e che hanno persino uno sportello dedicato a loro, mentre gli africani fanno file interminabili. Ma in Ucraina c’è una guerra spaventosa, cosa sono Nigeria, Congo, Etiopia, Somalia, Burkina Faso, Sudan. Qui, vi è un altissimo tasso di povertà, e le guerre civili condotte da bande armate sono all’ordine del giorno, mettendo in pericolo la vita di migliaia di uomini, donne e bambini.
Pura propaganda. O potrei dire che bianchi, neri, gialli, poco importa: sotto la pelle siamo tutti uguali. A dirlo sono diversi studi sul Dna arrivati tutti alla stessa conclusione: guardando al codice genetico è impossibile dire se una persona è caucasica, africana o asiatica perché dal punto di vista biologico le razze non esistono. Tutti gli esseri umani hanno in comune il 99,9% del Dna.
Alla fine sono talmente confuso che penso “meglio che ti stai zitto e scrivi la solita recensione”.
Martedì mi sveglio nel panico e così per tutto il giorno. Finalmente sono le sette e vado a prendere l’autobus, sudo anche se fa freddo, mi metto le cuffie per ascoltare altre interviste a Garrone. Poi chiama mio figlio per ripetermi storia. Mi parla del marxismo, che non riesce a capire che cos’è la destra, la sinistra. Mi accusa di essere comunista e che i comunisti sono stati cattivi. Continua a parlarmi anche quando arrivo al cinema e trovo una folla di africani in abiti tradizionali ma anche in giacca e cravatta o donne in abito da sera, insieme a italiani. Che vogliono tutti nel mio cinema che di solito conta 100 persone in tre sale?
Fumo una sigaretta dietro l’altra, mentre continuo a parlare con mio figlio, balbetto e neanche me ne rendo conto, ribadendo che i nazisti sono cattivi e che i comunisti si però…Non attacca il discorso sulla proprietà privata, non lo convince. Entro nel cinema che è anche un caffè, vengo sepolto dai volantini dell’associazione che ha organizzato l’evento e con fatica attraverso la folla e arrivo in sala. Scendo le scale rischiando di inciampare trenta volte prima di arrivare al mio posto in prima fila. Tutto questo continuando a parlare con mio figlio che ha 13 anni (12 ne fa 13 il 21 novembre) usando termini allucinanti e teorie filosofiche, sociali, politiche. Mi siedo. Tutti i posti riservati tranne il mio e altri tre occupati da tre ragazze italiane. Il posto accanto al mio è vuoto. Dico a mio figlio che ci sentiamo dopo che sta per iniziare il film, (dopo??ma se finirò verso mezzanotte!!!). la sala si riempie completamente e accanto a me si siede un bambino africano con sua nonna. Il bambino africano avrà cinque anni e mi parla con forte accento piemontese chiedendomi duemila cose come tutti bambini di quell’età arrivando addirittura a chiedermi di farci una foto insieme. La nonna ad un certo punto è costretta a farlo cambiare di posto, lui è fortemente contrariato, “ vuole stare con Italo, Italo, Italo” e finalmente rido e mi accorgo che parlare con quel bambino mi ha rilassato completamente al punto che non mi ero neanche accorto che Garrone era entrato e stava salutando il pubblico dicendo che dopo la proiezione del film lui e gli attori si fermeranno per rispondere alle domande . Non ho neanche il tempo di trovare la fotocamera nel telefono che lui è già andato via.
Inizia il film e mi dico
”e chi ce la fa a guardare due ore di film sottotitolato in prima fila per la seconda volta” invece il film scorre velocemente, noto altri particolari, osservo meglio la parte tecnica, le inquadrature, la fotografia, ma ho la stessa sensazione di quando guardavamo centinaia di volte gli stessi film della disney o della pixar con i miei figli e non mi stancavo mai.
“ma quelle erano favole!!!”, qui stiamo assistendo ad una tragedia umana!”
Finisce il film
Entrano Garrone e i due attori protagonisti
Applausi scroscianti per 10 minuti tutti in piedi.
Il direttore del cinema ringrazia Garrone per la sua presenza, e l’associazione che ha organizzato l’evento.
Iniziano le domande io mi siedo a terra con il telefonino e inizio a riprendere.
Interviene subito un africano.
Dico Africano rendendomi perfettamente conto che l’Africa è composta da cinquantaquattro stati e che le lingue parlate in Africa come prima lingua sono circa 1.000-2.000 (mentre secondo altre stime il numero salirebbe a 3.000)
Questo significa che nella sola Africa è possibile trovare circa un terzo delle lingue parlate in tutto il mondo. Almeno 75 di queste lingue sono parlate da un milione di persone o più. Nella sola Nigeria si parlano 500 lingue, ed è quindi considerata una delle nazioni linguisticamente più diversificate del mondo.
Spettatore africano: perché il suo film non si sofferma sulle gravi problematiche dell’immigrazione clandestina?
G: il film racconta il viaggio di due ragazzi che vivono un’avventura, un viaggio pericoloso e pieno di speranza, non faccio giornalismo non posso mettermi a spiegare nel dettaglio, racconto intanto che a questi ragazzi è preclusa la possibilità di viaggiare normalmente e son d’accordo con te c’è sicuramente la necessità di cercare di combattere i trafficanti di esseri umani ed è necessario cercare di creare dei canali regolari. Io penso che quando fai un film ti devi concentrare sulle informazioni che dai, su come racconti la storia, su come riesci a far vivere un’emozione, le informazioni precise le puoi trovare su altri canali. Si rischia in certi casi di fare dei film a tema, che devono dare una spiegazione ed è un genere di film che io non faccio
Italiana: con questo film ci hai dato uno strumento, la decisione politica la dobbiamo prendere noi
Garrone: Ci sono stati più di due anni di ricerche prima di fare il film, di solito viene Fofana Amara, un giovane guineano arrivato sulle coste italiane appena quindicenne. Così come Seydou, imbarcato e messo a forza alla guida del barcone destinato a compiere l’ultima tappa del viaggio, anche Fofana Amara è stato obbligato a condurre al traguardo un fatiscente battello con duecentocinquanta migranti.
Fofana stesso, a distanza di anni, racconta la sua esperienza: “C’erano duecentocinquanta persone, anche una quindicina di bambini e venticinque donne. Quando arrivammo sapevo che nessuno era morto e avevo salvato tutti. Alcuni erano contenti, altri piangevano perché non credevano fosse possibile. Allora, mi misi a gridare alla guardia costiera: Je suis le capitain, je suis le capitain! Una cosa a cui ripenso con emozione è che c’era una donna incinta, la quale ebbe dei dolori durante il viaggio. Fermai la nave per assisterla e poi partorì una bambina prima di arrivare ad Augusta. Ricordo che quando siamo partiti non sapeva ancora il sesso della nascitura”.
Direttore: Quando sei andato dai produttori per raccontare le scene che avresti dovuto girare come ti rispondevano?
Garrone:(figura di m…quasi peggio di quella del ministro della cultura Sangiuliani al premio strega che non aveva letto i libri finalisti). Sono andato allo specchio perché sono io il produttore. Certo c’è la minima collaborazione con rai cinema. Stranamente i problemi li ho avuti però fuori dall’Italia, ad esempio c’è un fondo europeo per il cinema che si chiama euro image che ha sempre sostenuto tutti i miei film, che sostiene un certo tipo di cinema, ma Io capitano è stato bocciato, la sceneggiatura è stata bocciata perché secondo loro era sbagliato trattare un tema così drammatico in maniera avventurosa. Il film l’ho realizzato insieme ai ragazzi, mi sono messo a servizio delle loro storie. Sono contento che questo film riesca ad essere così trasversale
Senegalese: come le è venuto in mente di scegliere il Senegal. Ci sono tanti paesi africani che vivono guerre, povertà estrema…
Garrone: come avete visto non era fondamentale partire da un paese o da un altro sub sahariano, quello che era fondamentale era raccontare un tipo di emigrazione non legata alla guerra o al cambiamento climatico che esiste, ma esiste anche una migrazione per un sogno che vede nei cellulari, lavoro migliore, non si migra soltanto da povertà. Ogni fotogramma del film è ancorato ad una storia vera dietro ogni racconto ci sono delle persone che hanno vissuto hanno sofferto, che sono andate in prigione, E ho deciso di non raccontare di quando si approda che è l’inizio di una nuova odissea. ho vissuto in prima persona quest’esperienza con una forte empatia. Ringrazio, tutti gli attori, le comparse che sono stati sempre sinceri senza traccia di narcisismo, veri, ed è questa la vera forza del film che ci permette di entrare in empatia
Italiano: nonostante tu racconti qualcosa di estremamente tragico quello che alla fine arriva è l’estremo attaccamento alla vita, cosa che sembra essersi spenta nei paesi occidentali e questo è un arricchimento.
Come è stato girare scene così difficili, penso alle scene sul barcone?
Garrone: non è stato facile soprattutto dirigere un film in una lingua per me incomprensibile io li dirigevo a orecchio, avevo una persona che mi traduceva, ma sul set abbiamo vissuto un film un po’ magico ci siamo trovati spesso in grandi difficoltà , momenti pericolosi, ad esempio durante le scene di azione nel deserto, o sulla barca, ce la siamo sempre cavata per un pelo. Come sempre faccio nei miei film chiedo agli attori di fare una sorta di matrimonio col personaggio e mettere dentro qualcosa della loro personalità. Addirittura in “Io capitano” non ho dato la sceneggiatura
Ci sono stati tanti altri interventi ma non posso riportarli tutti.
Il mio intervento è stato questo:
Italo: innanzi tutto ti ringrazio per questo ennesimo capolavoro. E’ la seconda volta che lo vedo e ciò che mi porto a casa è qualcosa che va oltre la tragedia è un film pieno di amore, di speranza, di coraggio, l’odissea attualizzata. Non posso non pensare agli occhi di Seydou, e non rivedere quelli di totò in Gomorra e quelli di Pinocchio. Ambienti pericolosi, poveri tragici, visti con l’ingenuità di questi personaggi. Raccontare questa storia da questo punto di vista è veramente un’idea geniale. Voglio chiederti, il tuo viaggio dell’eroe nel tuo cinema a che punto è?
Ti ringrazio. Basta da una parte sapere ascoltare e ascoltando puoi capire che esiste qualcosa di diverso da quello che ti vogliono far credere non è tutto sempre così stereotipato per cui se uno parte non deve per forza partire perché si sta scappando da un conflitto. E una storia di giovani (in africa i giovani sono il 70 per cento della popolazione ndr) che combattono contro il fatto che non possono viaggiare, un racconto di un’ingiustizia profonda loro sei tu, io penso che molti di voi quando hanno visto il film si sono identificati in questa continua violazione della propria dignità. Quando ho fatto questo viaggio (il film è girato in sequenza cronologica) anche io ho vissuto questo viaggio. Dove sono arrivato con il mio cinema? Non lo so.
Mi sento felice.
Rientro a casa. Squilla il telefono.
È mio figlio. Ha finito di studiare. Mi chiede come è andata la serata.
Gli rispondo. Mi sento felice.