Presentato il suo libro “La bambola venuta da lontano”, premiato alla sala Zuccari del Senato.
“Pochi uomini per questa battaglia”.
Di contro anche molte donne, tanti “caporali”, santi, folletti, poeti, sunaturi e quagghiasanti, cavalli di troia e “sbampa lauri”.
La lotta non può che essere “Alzo zero”. Le scarpette rosse sono diventate tante, troppe.
La scrittrice Serafina la Marca, autrice de “La bambola venuta da lontano”, è stata ospite lunedì scorso – presso la Biblioteca comunale del centro Nebroideo – per la presentazione del suo libro che narra della violenza di genere.
A fare gli onori di Casa il sindaco Veronica Maria Armeli, che ha sottolineato l’importanza del prestigioso riconoscimento della Repubblica Italiana e ha invitato tutti, nel corso della presentazione, a guardare gli occhi delle donne, il loro silenzio, il loro modo di essere perché la violenza di genere e il femminicidio hanno chiari segnali premonitori, che possono e devono essere colti.
A presentare il libro – che è stato premiato nel 2021 anche al Teatro Politeama di Palermo nel corso della Rassegna Cinematografica Internazionale Paladino D’oro – sono stati oltre all’autrice, che ha risposto a tutte le domande del qualificato pubblico presente, Carmelo Emanuele ed Enzo Caputo mentre l’altro relatore, Salvatore Sidoti Pinto, non ha potuto essere presente.
Spesso le donne come Benedetta – protagonista principale del libro – si trovano in una “caverna buia” che percorrono convinte come sono di conoscerla e poi, inevitabilmente, devono fare i conti – spesso mortali – con il lupo (domestico n.d.r.) che la abita. Ed è proprio in questi momenti bui – ha chiarito l’autrice – che bisogna reagire, non perdere la speranza e sforzarsi di credere che il lupo non necessariamente è sempre cattivo. Per farlo bisogna costruirsi un mondo fantastico dove trovano spazio “bambole” ed animali come le formichine, note per la loro debolezza estrema ma anche per la notevole capacità di aggregazione. Ne La bambola venuta da lontano c’è di tutto: c’è la voglia di evadere; l’emigrazione e lo sradicamento dalla società siciliana del tempo, feudale e divisa ancora in caste sociali che, nel dopoguerra, hanno solo cambiato nome; c’è l’impatto con una realtà completamente diversa come quella tedesca, che non è annacquata da piccole e grandi Logge e dal quel pericoloso “volemose bene”, tipico del marcio sociale che spesso si accorda sulla pelle delle donne e spesso le conduce a morte o all’annientamento di se stesse. Insomma, la legge che protegge dove la “luce blu” di una volante della “Bundespolizei” rischiara e mette in sicurezza la metaforica caverna buia di Carmelo Emanuele.
Libro inchiesta, libro speranza o libro verità? Forse tutte e tre le cose. Di sicuro un libro voluto da Pietro, il figlio dell’autrice, che ha regalato alla mamma per il cinquantesimo compleanno un mazzo di fogli bianchi e una penna accompagnati da un ordine perentorio: scrivi! E Serafina lo ha fatto, mettendo a segno un altro colpo a favore delle donne. Quelle donne – ha sottolineato la vicepresidente del consiglio umbertino Antonella Randazzo – che non devono mai rinunciare al rispetto di se stesse. La strada, però, è ancora lunga. “Pochi uomini per questa battaglia”. Di contro, anche molte donne, tanti “caporali”, santi, folletti, poeti, sunaturi e quagghiasanti, cavalli di troia e “sbampa lauri” – per dirla nel nostro caro vernacolo – “folgorati sulla via di Damasco”.
Serafina scrive “speranza” e il giornalista ha il dovere morale di leggere “pari avanti tutta”. La lotta non può che essere “Alzo zero”. Le scarpette rosse sono diventate tante, troppe. La spirale va interrotta ora, subito.
A dare infine il giusto tocco alla serata è stata la bravissima flautista umbertina Silvia Fazio.