Marco Iacona, ci introduce alla lettura di “Oltre”, il nuovo libro di Fabio Granata, in libreria dai primi giorni di settembre.
“Oltre” sarà presentato a “Naxoslegge”
A Giardini Naxos, sabato 21 settembre, alle 12.00 – Terrazza del Lido di Naxos – nell’ambito di un aperitivo letterario, in collaborazione con Associazione Art.9 NaxoLegge NaxosLegge ha inserito nel suo programma questa conversazione a margine del libro “Oltre” di Fabio Granata, Presidente Associazione Art.9 e Assessore alla cultura della Città di Siracusa.
Con lui interverranno il giornalista e scrittore Alberto Samonà, e Daniele Tranchida, dell’Università di Messina.
Marco Iacona scrive
La filosofia nasce politica, ovvero maritata alla politica. Con Platone, perfino col suo “maestro” (e maestro di tutti noi), il greco che sapeva di non sapere e che per ciò stesso era il più sapiente tra i mortali. “Politicare” senza sapere anzi senza amare il sapere equivale a “leghizzare” la politica (ricordo ancora con… fastidio la visita di Matteo Salvini a Catania – lo ricordo in Comune con Salvo Pogliese – il quale “sicuro” di trovarsi in uno spazio da tribù e non nella terra del logos espettorava sciocchissimi e applauditi mantra del tipo: “noi siamo per la politica del fare…”, “noi facciamo…”, “noi faremo…” eccetera), equivale cioè ancora a svendere la politica al peggior offerente e al primo blablaista sul mercato delle non-idee.
Fabio Granata, assessore a Siracusa, che fa della cultura la sua ragione di vita tutto questo lo sa bene. E nel suo ultimo libro – “Oltre”, Apalόs 2024 – affronta taluni argomenti scottanti della contemporaneità, il mondialismo livellatore in primis, giovandosi della forza del ragionamento e della moderazione dialettica. Moderazione dialettica appunto – per Platone la dialettica era la “pericolosissima” arte del… macellaio: tagliare la carne seguendo le nervature e con la dovuta perizia – ma im-moderatezza e originalità nelle idee. Gli stessi filosofi cattolici insegnano che l’interrogazione filosofica o s-peculativa fa a pugni con talune “mode” (le chiamo così) della modernità; tra queste la cosiddetta glorificazione del lavoro, lavoro inteso come dispotica organizzazione del tempo personale (che di personale non ha nulla però) o per dirla con Spengler e con Jūnger era della civilizzazione assoluta.
Anche se di difficile svolgimento e soluzione l’equazione modernità = liberismo è presto fatta e in luoghi e tempi nei quali il mercato (con le sue… regole) sembra tutto, il tutto alternativo della bellezza non svanisce dalle prose degli intellettuali sensibili e responsabili per natura. Anche per questo il libro di Granata presenta se stesso come atto riflessivo poggiante sui solidi pilastri argomentativi del re-incantamento del mondo. Max Weber molti anni fa accarezzava il pensiero che detto re-incantamento fosse viepiù necessario intendendo il fare burocratico come tomba della nostra stessa ragione. La politica (meglio: il potere) si è facilmente impadronita di tale parola d’ordine – cioè del dis-incanto – e ha creato una società di enti macchinizzati (cioè gestibili) privati delle ragioni “ideologiche” delle più comuni identità, vale a dire dei tradizionali antidoti alla cosiddetta cultura o mercato del “nuovo”.
Di due “generi” possono essere le reazioni a tale stato di cose (io direi: mortale): la chiusura in un solipsistico culto della propria personalità, l’auto-adorazione della propria purezza ovvero l’auto-sovranità del proprio Io (empirico e da individuo assoluto) nell’attesa che… qualcosa muti (magari qui e lì proponendo le soluzioni di un passatismo… miracoloso), oppure l’idealistica creazione di un “qualcosa di nuovo” epperò in linea con una tradizione che ha fatto (e fa) dell’Italia – di questa si parla – un paese unico al mondo. In primo luogo lo stile (letterario e artistico) e l’inventiva italiana che affondano la loro origine nell’Umanesimo e nel Rinascimento. È lì che l’Italia è diventata… Italia, ben prima cioè che perniciose correnti moderne scagliassero su un corpo impreparato le forze tutte dei venti e delle tempeste. L’Italia è (vera) Italia ben prima di quello “strambo” 1861 (un 1861 che non seppe affatto renderle… giustizia); Granata da apprezzabile studioso lo sa bene e in centocinquanta pagine lo dice e riconosce con l’eleganza (innata) di un pensatore del sud.