Paolo Fresu, Dino Rubino e Marco Bardoscia, si sono esibiti quest’ultimo week end al Monk Jazz Club di Catania, a Piazza Scammacca, in cinque concerti all’insegna del grande jazz.
Tema delle serate, il progetto “Tempo di Chet”, tratto dall’opera teatrale e musicale di grande successo, del 2018. Il trombettista sardo, tra i più grandi della scena internazionale, con il suo trio super consolidato, ha incantato e appassionato il pubblico proponendo brani che hanno regalato una narrazione musicale raffinata, elaborata con talento, passione ed esperienza, sul solco della vita umana e artistica di Chet Baker, consegnata alla leggenda. Una breve parentesi è stata riservata anche all’ultimo magnifico progetto, “Kind of Miles”, del 2024, dedicato a Miles Davis. L’evento ha aperto la stagione invernale del “Monk” che si concluderà il 12 aprile.
Se nella musica c’è una garanzia d’eccellenza, con le note che attraversano la storia in lungo e in largo e conquistano il cuore degli appassionati, regalando stupore assoluto, significa che si è dinnanzi all’esatto esempio di ciò che si desidera e si vorrebbe sempre custodire nei propri ricordi e nel proprio immaginario. Tutto sta nel dettaglio. Perché indipendentemente dalle “versioni” e dai progetti straordinari con cui Paolo Fresu conquista i teatri e le platee internazionali, la cura che emana dal palco assume le sembianze della maturità artistica, accompagnata dall’innato senso della creatività e dell’improvvisazione a largo respiro, che stanno da sempre nelle prerogative del trombettista di Berchidda.
A Catania, lo scorso week end, è stato nuovamente e piacevolmente ancora “Tempo di Chet”, divenuto cavallo di battaglia del trio tra i più longevi e affiatati di Paolo Fresu, composto da Dino Rubino al piano e Marco Bardoscia al contrabbasso.
Luogo dell’evento, la sala a piano terra dell’antico e suggestivo Palazzo Scammacca, da poco nuova sede per i concerti del Monk Jazz Club, che con i suoi muri e archi in pietra, ha regalato eccellenti qualità acustiche.
“Tempo di Chet – La versione di Chet Baker”, è uno spettacolo teatrale e musicale di grande successo andato in scena, con il trio sul palco, dal 2018, con oltre cento repliche in due anni tra il nord e il centro Italia. Lasciata la scena, è rimasto lo straordinario repertorio musicale già inciso nell’omonimo album per la Tŭk Music, riproposto da Fresu col suo trio, dove il tutto diviene “narrazione” attraverso le note e le posture, i segni e i suoni che ridanno voce al mitico trombettista di Yale, alla sua vita drammatica, controversa, esagerata e sofferta, ma al tempo stesso intensa e misteriosa. Cosicché, il pensiero del trombettista californiano, con un dolce salto nel tempo e nello spazio, si trasferisce e si fonde col sapere artistico e la sensibilità umana di Paolo Fresu, che trasporta tutto nella sua tromba, nel flicorno e negli effetti, accompagnato magnificamente dalla classe, dal talento e dalla tecnica di Dino Rubino e Marco Bardoscia.
“Un lavoro artistico intimo, per raccontare la storia di un grande musicista che tutti noi amiamo tantissimo. La storia umana, e quella musicale di Chet, non sono scindibili”, ha detto Fresu presentando il suo concerto.
My Funny Valentine, il “cavallo di battaglia, l’ossessione di Chet”, come l’ha definita Fresu, ha un intro di Rubino al piano a dir poco suggestiva. Il brano scorre su un jazz ben articolato intorno al flicorno, che introduce e scalda la prima serata.
Basin’ Street Blues riporta alle atmosfere dei primi decenni del ‘900, così come concepite da Jack Teagarden, ma solo per poco: ritmo, intensità, assoli ed effetti, con flicorno, piano e contrabbasso a riempire la “scena”, faranno decollare il brano verso ben altre quote.
Con Hotel Universo, intorno ad una traccia emozionante, firmata Paolo Fresu, si sviluppa il ricordo di quella camera d’albergo di Lucca “condivisa” a distanza di anni da Paolo & Chet. La narrazione è straordinariamente descrittiva, sulle note della tromba sordinata carica di poesia “appoggiata” magnificamente dal piano e dal contrabbasso.
Chat with Chet, è una “corrispondenza” scritta da Dino Rubino su scelte ritmiche che coinvolgono Marco Bardoscia, esaltando le doti del trio.
The Silence of Your Heart, composta da Dino Rubino, vale 17 milioni di ascolti sulle piattaforme, ma ancor di più è da accreditare come una ballad di rara introspezione e intensità. Un ritaglio di note dense di sentimento da incorniciare e da restituire alla leggenda di Chet Baker.
Jetrium nasce come una potente medicina (ne avrebbe fatto uso Chet), ma così come l’ha “prescritta” Fresu assume forme briose e ritmicamente notevoli. La breve sfumatura finale con effetti e strumenti dissonanti, in dissolvenza, riportano comunque ad una condizione riconducibile al titolo.
Catalina, di Paolo Fresu, è un’alternanza di virtuosismi dei tre protagonisti su una fusion gradevolissima, tra ritmo e improvvisazioni. Il contrabbasso suonato con l’archetto da Bardoscia è il valore aggiunto del brano.
A seguire, in alternanza, tromba, contrabbasso ed effetti anticipano e poi accompagnano insieme Blue Room, cantata da Chet Baker in un’incisione del 1979: qui si viaggia verso la dimensione del mito.
Fine concerto e rientro nel segno di “Kind of Miles”, con una breve parentesi sull’ultimo magnifico progetto di Paolo Fresu, spettacolo teatrale e musicale dedicato al mito di Miles Davis che sta calcando i palcoscenici di tutta Italia. Il brano proposto al “Monk”, scritto da Dino Rubino, si sarebbe dovuto intitolare “Paolo Fresu”… ma i trascorsi parigini, evidentemente, hanno dirottato il pianista su Rue Saint Denis. La ballad è da ascoltare e riascoltare…chissà per quanto tempo, facendo godere delle suggestioni che regala.
Senza pausa, si passa all’ormai consueto titolo di coda di Dino Rubino, con cui coinvolge il trio nel saluto finale: “Il Canto dell’addio” è il più dolce e augurale degli “arrivederci”.
Il jazz ha vissuto e rivivrà sempre il tempo di Chet, il tempo di Miles. Adesso, è il tempo di Paolo, con le sue ineguagliabili qualità musicali e personali rappresentate con le sue note e col suo pensiero: “In un momento così difficile della vita, speriamo che la musica riesca ad innalzare i nostri cuori e regali bellezza. Per questo, stasera, ci siamo sentiti importanti…”
Corrado Speziale