Il Salone delle Bandiere di Palazzo Zanca, così gremito, si vede solo nelle grandi occasioni. E non può che definirsi tale l’incontro pubblico, organizzato venerdì pomeriggio da “L’Officina delle idee”, sull’impattante, contestato progetto di trasformazione urbana messo a punto dalla STU “Tirone S.p.A.”, nello storico quartiere del centro città, per il quale in questo momento c’è grande fermento negli ambienti politici e nell’opinione pubblica cittadina. Grandi numeri e soprattutto importanti contenuti hanno caratterizzato il dibattito che ha visto la partecipazione di tanti relatori in rappresentanza del mondo politico, sindacale, professionale, di associazioni, movimenti e comitati nel pieno rispetto del presupposto contenuto nella locandina dell’evento: “Incontro con i cittadini che vogliono partecipare alla rinascita della città”.
In rappresentanza dell’associazione organizzatrice, tenuta a battesimo per l’occasione, i lavori sono stati introdotti da Lia Stancanelli e coordinati dalla giornalista Elisabetta Raffa, che con grande attenzione è riuscita a far restare nei tempi ben 18 interventi: Nino Mantineo, presidente del CESV di Messina; Francesco Palano Quero, presidente della IV Circoscrizione municipale; Santi Trovato, presidente dell’Ordine degli Ingegneri; Giuseppe Falzea, presidente dell’Ordine degli Architetti; Antonietta Mondello Signorino, presidente di Italia Nostra – Messina; Lillo Ferrara, presidente associazione Pro-Tirone; Giuseppe Grioli, segretario cittadino del PD; Luciano Marabello, architetto, in rappresentanza di Comunità Urbana; Gabriele Lando, di Energia Messinese; Anna Giordano, responsabile del WWF; Antonio Saitta, giurista, già assessore e vicesindaco in passate amministrazioni cittadine; Lillo Oceano, segretario provinciale della CGIL; Renato Accorinti, eco-pacifista, portavoce del movimento Nonviolento; Giacomo Arena, in rappresentanza dell’associazione Marx XXI; Giuseppe De Domenico, vicepresidente INARSIND – Messina; Giusy Furnari, presidente di Libertà e Giustizia – Messina; Andrea Genovese, scrittore e attivista cittadino; Guido Signorino, economista, tra i promotori dell’evento. A questi occorre aggiungere il prezioso contributo dato Elena La Spada e Nicola Aricò, architetti-urbanisti, intervenuti nel video ricco di informazioni e commenti, realizzato proprio dentro il Tirone da Elisabetta Raffa.
A metà dibattito era tanto atteso un intervento dell’assessore alle Infrastrutture Gianfranco Scoglio, il quale, accomodatosi sin dall’inizio in platea, ad un certo punto ha abbandonato la sala, sfuggendo, così, ad un confronto – scontro che si preannunciava davvero caldo e interessante. Ma l’importante è che lo stesso si rendesse conto di persona della mobilitazione cittadina che si presentava agli occhi e dentro il palazzo dell’Amministrazione, i cui effetti si faranno ancora sentire, nel segno di un dissenso crescente verso un progetto che, realizzato nell’antico borgo cittadino – unica testimonianza della sistemazione urbana di Messina prima del 1908 – appare a dir poco incredibile: un mega parcheggio multipiano da 1300 posti auto, un complesso scolastico a tre piani; un centro commerciale che di piani fuori terra ne prevede cinque; altri due palazzi dove se ne prevedono addirittura quindici in uno (contestatissimo, in viale Cadorna, destinato ad ospitare, in affitto, uffici regionali) e otto nell’altro, tutti con parcheggi seminterrati; la destinazione a ristorante, bar o pizzeria dello storico Palazzo degli Elefanti da restaurare; la demolizione di due piccoli edifici per ricostruirne uno di sei piani fuori terra e ben quattro sotto, in viale Italia, con questi ultimi da adibire sempre a parcheggi. Questo ed altro ancora, fatta salva qualche lieve modifica apportata nel corso del tempo (la STU Tirone, 30 per cento in quota al Comune e tutto il resto a privati, è nata nel 2003) con interventi di restauro edilizio e di recupero dell’arredo urbano dalla bassa incidenza rispetto al costo complessivo dell’operazione che ammonta a 105 milioni di euro.
“L’Officina delle idee intende porsi come un’agorà, un luogo di discussione in cui si possa costruire una politica partecipata, partendo dal basso, condivisa tra varie associazioni”, ha detto Lia Stancanelli, presentando il gruppo dei fondatori dell’associazione che ha promosso l’incontro, primi fra tutti Luigi Beninati e Guido Signorino, centrando il senso politico dell’evento, nell’accezione più nobile del termine.
Nino Mantineo prosegue sulla stessa scia: “Bisogna partire dai reali bisogni delle comunità” dice il presidente del CESV, cogliendo il senso della crisi della politica e spiegando il proprio punto di vista: “Credo in una democrazia partecipativa e deliberativa con scelte dal basso e non viceversa”. E qui l’esempio della STU è calzante: “Bisogna tutelare il bene comune, mentre in questo caso un bene pubblico, quale può definirsi un patrimonio storico come il Tirone, vede i privati in maggioranza nella Società”.
Anche Francesco Palano Quero, giovane esponente PD, che da presidente della Circoscrizione in cui ricade il Tirone ha spiegato tutte le iniziative intraprese sino ad oggi per fermare il progetto, a nome del Consiglio che rappresenta, riflette su questo aspetto, sotto forma di domanda: “Quali sono gli obiettivi della STU? Opera nell’interesse della collettività o forse il legittimo interesse di alcuni imprenditori ha avuto il sopravvento? E’, ovviamente, una di quelle domande con la risposta già data: “La bilancia pende in maniera spropositata dalla parte dei privati”, dice Quero, richiamando i contenuti della Delibera votata dal Consiglio della IV Circoscrizione, nell’ottobre 2009, e poi aggiunge: “Il Comune sulla Società ha firmato una delega in bianco”.
Tra le voci ed i pensieri unanimi sulla STU, interviene Santi Trovato: “Avevamo proposto che il Tirone diventasse il laboratorio di progettualità e c’era stata una certa condivisione. Tuttavia l’Accordo di Programma prevede anche che nello studio di fattibilità si approvino le linee guida come variante al PRG. Pertanto ci sono atti – prosegue il presidente degli ingegneri – che impongono un confronto con la cittadinanza ma anche scelte giuridiche, tecniche e procedurali molto particolari”. E afferma ancora: “Ci vorrà un nuovo Decreto per annullare questo Accordo di Programma e mantenere o meno in vita questo strumento”.
Dopo Trovato è intervenuto Giuseppe Falzea, suo pari grado tra gli architetti: “Il Tirone è l’ultimo brandello di area storica di Messina, un territorio particolare, e pensare di trasformarlo è il primo errore. Semmai necessiterebbe di un intervento di ricucitura urbana e ridisegno del tessuto storico che l’ha caratterizzato”. E poi entra nell’aspetto procedurale: “Il comune deve decidere prima cosa fare e poi proporlo ai privati, ma qui è avvenuto il contrario. Avrebbe dovuto adottare prima un piano urbanistico attraverso un concorso di progettazione, come avviene in tutte le città d’Europa”.
Antonietta Mondello Signorino, assieme alla sezione messinese di Italia Nostra, di cui è presidente, è tra le “anime” storiche della battaglia in difesa dello storico borgo cittadino, contro la STU, e artefice di tante iniziative volte alla informazione ed alla sensibilizzazione sulla delicata tematica. “Questa occasione, come le precedenti, giova a far riflettere su uno dei tanti temi caldi della nostra città e per riconsiderare il rapporto tra chi, a vario titolo, la abita. Il progetto proposto dalla STU, sin dalla sua presentazione, lo abbiamo ritenuto improponibile. Lo stesso – ha proseguito – va spostato in aree periferiche dismesse e pianeggianti , immaginando, invece, per l’area in questione, un recupero restaurativo delle preesistenze di qualità e un intervento creativo e coerentemente innovativo che si armonizzi con intelligente libertà a ciò che esiste”.
Lillo Ferrara si è riferito, in particolare, alla parte procedurale: “Questo procedimento reca tanti vizi, ad esempio quello della partecipazione pubblica, che deve essere maggioritaria” ha detto il presidente dell’associazione Pro-Tirone, che poi specifica: “La STU non può essere soggetto attuatore nei piani regolatori”. Rappresenta, poi, l’epilogo per lui più auspicabile: “E’ meglio che questo procedimento si chiuda, ma che non si perda il finanziamento”.
Giuseppe Grioli spiega subito il bivio dinnanzi al quale si trova la città: “Siamo di fronte ad una scelta molto importante, tra l’edilizia intensiva, la cementificazione, e una strada più complessa, difficile, ma stimolante, che è quella della riqualificazione dell’esistente. Credo che la STU – Tirone sia l’esempio di come si stiano misurando le due correnti di pensiero in questa città”. Ciò che si attendeva dal massimo esponente cittadino del PD, circa le scelte passate del suo partito, proprio sulla STU, è presto arrivato: “Il PD, rapportato alla maggioranza consiliare del tempo, approvò le linee guida, ma tutte le forze politiche in un percorso lungo possono evolversi, interrogarsi, approfondire i temi e percepire una coscienza urbanistica nuova”.
Luciano Marabello, architetto tra i più attenti alla questione in tutti questi anni, esordisce così: “Il quartiere Tirone ha bisogno di progetto, è un quartiere complesso in cui gli elementi esistenti hanno bisogno di rientrare in un palinsesto di significati. A questo punto bisogna individuare una via d’uscita”. Il rappresentante di Comunità Urbana, dice poi come la pensa sull’indirizzo dato alla disponibilità del finanziamento iniziale di 6 milioni di euro: “Per scelte incaute sono destinati in una esigua porzione di territorio con forte pendenza, mentre potevano essere impiegati nello stesso ambito, tipo via Cadorna, dove i 15 piani incombono senza un ragionamento urbano di alcun tipo. Così se ne vogliono spendere 3 solo di consolidamenti. C’è qualcosa che non torna.” Interviene, poi, su un argomento ricorrente: “Qualsiasi progettazione deve essere legata a processi partecipativi”.
Gabriele Lando, nell’ambito del recupero architettonico e urbano del quartiere, lancia una proposta già andata a buon fine in altre città dove il patrimonio storico da tutelate va a braccetto col turismo: l’albergo diffuso. “E’ una struttura – dice l’esponente di Energia Messinese – che sfrutta l’esistente e si sviluppa in orizzontale invece che in verticale”. E lancia, poi, un’altra condivisibile idea: creare nel quartiere un sistema produttivo di botteghe dell’artigianato come giusta vocazione del luogo. Il tutto non può prescindere, tuttavia, da una sana regolamentazione: “Ci vogliono strumenti attuativi che suddividano in quote parti botteghe, alberghi orizzontali, verde pubblico”, ha concluso Lando.
Anna Giordano, neanche a dirlo, va su tutte le furie solo all’idea che un quartiere simile possa essere così tanto cementificato. “Siamo alla follia!” dice l’esponente del WWF, che afferma con tono di denuncia: “Trovo aberrante che in questa città ci sia una legge non scritta secondo la quale bisogna costruire ovunque. L’idea, poi, di quel palazzo di 15 piani…” ed elenca problematiche, rischi, criticità e tutto quanto concorre all’idea che si debba assolutamente invertire la rotta rispetto al continuo, incessante, consumo di suolo in una città ad alto rischi sismico ed idrogeologico. “Questa legge non scritta deve essere eliminata al più presto, la città ha bisogno di amministratori che la amino” ha concluso l’ambientalista.
Antonio Saitta, che in qualità di avvocato assiste un gruppo di proprietari di fondi e abitazioni del quartiere, coinvolti negli espropri, cita subito una cifra che parla chiaro sulle pieghe dell’operazione: “Non mi era mai capitato di confezionare un ricorso al TAR con ben 27 motivi di censura”. E così approfondisce: “Questa STU non ha nessun presupposto non solo urbanistico, ma neanche giuridico, perché la legge dice che è lo strumento fatto per realizzare interventi di trasformazione urbana in attuazione agli strumenti vigenti e non in variante radicale, come in questo caso, in cui si interviene in una zona A, destinata pertanto alla conservazione, riqualificazione e valorizzazione del patrimonio storico, artistico e monumentale”.
E prosegue: “La legge dice poi che la regia del tutto è in capo al Comune, quando in questo caso, l’atto costitutivo della STU, indica testualmente che la Società si impegna a predisporre piani e programmi secondo le scelte dei soci privati”.
Impressiona, poi, quando cita l’indice di cubatura che verrebbe adottato: “In alcuni interventi si arriva a 19,5 mc/mq, quando le zone A, generalmente, non vanno oltre i 5 mc/mq, e la tecnica adottata è quella del sandwich”.
Il giurista affronta, poi, il caso, contrassegnato da zone d’ombra, della gara d’appalto: “C’è stato un solo concorrente e le cose messe in gara sono state, poi, modificate. Le gare d’appalto possono essere di beni, servizi o opere – prosegue Saitta – e questa è stata una gara di servizi. Poi, nel bando c’era aggiunto, in piccolo, che la STU aveva il compito di urbanizzare, ma non solo, perché c’era anche scritto che si sarebbe impegnata a predisporre il piano industriale e la realizzazione delle previste strutture”.
Lillo Oceano, nel rispetto del tempo assegnatogli, è stato brevissimo, mettendola sul piano dell’informazione e della partecipazione: “Una comunità cresce se è messa in condizioni di decidere del suo futuro”, ha detto il segretario della Camera del Lavoro, che poi specificatamente sull’argomento è rimasto in linea con chi l’ha preceduto: “Si usa il linguaggio aulico della riqualificazione per fare, invece, speculazioni edilizie”.
Renato Accorinti, com’era prevedibile, ha spaziato sulla grande iniziativa che sta promuovendo in questo periodo, anche attraverso una grossa petizione on line: “Il Movimento per la cultura”. Il problema del Tirone, diventa così la “cartina di tornasole” di una questione, come quella della tutela del patrimonio culturale (la battaglia di Accorinti verte, tra l’altro, sul recupero della Biblioteca, dell’Archivio storico e su un idoneo utilizzo del Palacultura) che coinvolge la città, con il suo passato, ed in particolare, il suo futuro: “Messina – va giù duro Accorinti – è una città in cui non c’è nulla a misura di bambino, o meglio ancora, di persona”. E prosegue: “La soluzione non è trovare un sindaco migliore, perché per giungere a certi risultati l’impegno deve partire dal basso”. Ed ecco, ancora fresco, a distanza di qualche settimana, il ricordo dell’ultimo “evento” cittadino: “Ti fanno la notte della cultura, ti prendono per il c…. e tutti stanno zitti!”. Poi conclude: “La bellezza è nella partecipazione. La cultura deve essere al primo posto”.
Giacomo Arena, dopo aver accennato alle “storiche” battaglie, sin dalla prima ora, in difesa del patrimonio storico del Tirone, riprende il percorso tracciato da chi l’ha preceduto sotto l’aspetto più marcatamente giuridico: “Da quanto esposto sembrano emergere responsabilità di ordine contabile – dice il rappresentante di Marx XXI – che suggeriscono il richiamo all’attenzione della Corte dei Conti e dei cittadini sul diritto di chiedere il risarcimento dei danni materiali e immateriali subiti”.
Giuseppe De Domenico si dichiara sulla stessa linea di condivisione degli altri relatori, ma, tiene a precisare “non in quanto contrario alla STU, ma alla destinazione del Tirone”. Riaffronta, quindi, la questione della gara citata da Saitta, sostenendo che la STU “non può non essere assoggettata alla Legge Regionale con la quale fu recepita la Legge 109 sugli appalti pubblici. Questo vuol dire – prosegue il vicepresidente dell’INARSIND – che deve essere soggetta alla normativa sui Lavori Pubblici, non tanto quella che riguarda la parte privata, quanto quella finanziata con capitali pubblici”.
Giusy Furnari osserva il problema da una delle prospettive più valide: “La questione Tirone non è semplicemente un fatto ambientale di riqualificazione e valorizzazione del patrimonio storico, ma è una questione sostanzialmente politica”, dice la portavoce messinese di Libertà e Giustizia. “Essa mette in gioco il modo in cui si governa la nostra città ed in cui si gestisce il rapporto tra pubblico e privato”. Parla poi di “confusione” tra le due entità nella gestione delle attività, e di “degenerazione dell’uno e dell’altro”.
Andrea Genovese, attivista del rione Giostra, dove si sta occupando della questione legata al Parco Magnolia, fa un appello per “bloccare qualunque progetto di edilizia speculativa”, auspicando “che Giostra ed i quartieri periferici diventino il centro della rifondazione della città”. Conclude, poi, con una speranza: “Il Tirone diventi il polmone ecologico di Messina”.
Guido Signorino ha subito premesso che da questo dibattito, all’insegna del confronto, se ne trarrà un documento che possa essere di supporto per le scelte da proporre al governo della città.
L’economista ha tirato le somme sull’intero pomeriggio di lavori, facendo una sintesi su tutto quanto detto, separando gli aspetti e le materie in cui si possono incasellare le istanze e le osservazioni prodotte in sala: aspetti storici, urbanistici, architettonici e procedurali.
“Un dato comune è che tutti avvertono di ripensare il Tirone come zona tanto preziosa quanto degradata. La vicenda ha acceso i riflettori su questa area e ha consentito che la città prendesse coscienza e avvertisse l’esigenza di riguardare le sue possibili bellezze”, ha detto Signorino all’inizio del suo intervento. Fa, poi, un’annotazione di carattere oggettivo: “Indipendentemente da fatti specifici, in molti interventi è stato chiesto esplicitamente il blocco, la sospensione, la cessazione della STU. Questa richiesta non è pregiudiziale nei confronti dello strumento della trasformazione urbanistica, ma è invece strettamente legato alla valutazione del progetto che la STU ha prodotto e che presenta, secondo le testimonianze e le valutazioni che sono emerse, degli elementi di carenza, di inesistenza, radicati”. E Signorino, in base a quanto percepito in sala, non si dichiara del tutto contrario all’idea, se ben orientata: “Una trasformazione urbana nel Tirone o altrove in città potrebbe benissimo trovare il favore di questa platea, così contraria nei confronti di questo progetto specifico”. Previsione progettuale, dunque, che Signorino definisce “sostanzialmente inaccettabile”. Quanto all’aspetto architettonico, il professore fa notare “la complessità, l’azzardo, forse l’impossibilità di giustapporre interventi di manutenzione, di restauro, di rispetto e valorizzazione delle bellezze architettoniche della città a grattacieli che nulla hanno a che vedere con questo ambiente”.
Quanto agli aspetti procedurali, portati alla luce dai relatori, Signorino dice che questi “sono emersi in maniera evidente nella loro più che pochezza, nella loro inesistenza o nella loro aberrazione”.
Nel corso dell’intervento non potevano, ovviamente, mancare le osservazioni che riguardano più da vicino la sua materia: “Nel progetto c’è un’analisi di mercato presunta, perché i dati ISTAT vengono poi commentati alla luce di una semplice previsione dell’aumento dei valori in città e non è supportata da alcuno studio reale”. Poi prosegue: “Nell’analisi trasportistica manca una seria analisi della viabilità e dei flussi di traffico”. E dell’altra analisi, quella costi-benefici, afferma: “Manca ogni base tecnica per poter dire che gli studi sono stati realizzati in maniera seria e credibile”. Parla, infine, di importo e finanziamento: “Il progetto è dimensionato per un appalto di 105 milioni di euro, e la parte economica di cui si discute è composta di 6 milioni di euro. Dovrebbe prevedere la partecipazione privata, tuttavia quest’ultima cifra è soltanto capitale pubblico destinato al cosiddetto Contratto di quartiere”.