Interverranno: Marisa Miragliotta, Lucia Di Fazio, Dontatella Ingrillì e Maurizio Ferralotto.
Il libro, splendido, è corredato da foto di Domenico Turrisi.
Maria Gerbino ha scritto:
Con le prime poesie che prendono il via dall’autunno del 2010 Lucia Ferrara consegna il suo terzo quaderno di poesie.
Tra ricordi del passato e sogni in attesa avanza l’autunno, stagione di una nuova vita popolata di esistenze nuove che compaiono e di altre esistenze che dolorosamente scompaiono.
E così, giorno dopo giorno cattura ogni emozione e per ognuna compie il miracolo di ricreare lo stupore in chi si imbatte nei suoi versi.
Compone con i colori della terra della luce dell’acqua le emozioni dell’animo che si stemperano e trovano ristoro nell’onda incessante del mare –acqua cosmica dalle mille visioni.
La prefazione al libro di Maryse Miragliotta
Diffidate delle prefazioni, perché davanti a un’opera occorre «farsi cuore»,«sguardo puro», stare in «attesa» e «in punta di piedi».Ogni prefazione differisce l’essenziale dell’esperienza della lettura incarnata, esperienza solitaria questa, anche quando è collettiva. E per quanto originali, profonde risultino le chiose a margine della Poesia, esse rischiano sempre di ridurla a un significato anchilosato, a meno che non la si lasci vibrare, essere «nei se tra i ma bui del tempo». Come un fiume carsico, «l’anima è già sottoterra»: nella massima prossimità l’occhio è cieco e neppure se offuscato dal pianto vede;invece, lo sguardo crepuscolare,« svivo / al primo rivolo di luce» scorge una piega, un interstizio tra l’«assenza»,l’ «ombra»,l’«attesa»,le «mancate presenze»,«l’eco muta e senza ritorno» o il «silenzio nutrito / d’incanto», la «sosta» e la «presenza»,la «luce», il «fissare delle cose» nell’«immobile gioco del tempo» o in quello «semiserio dell’indugiare», per guardare, al di là della propria «solitudine»,il mondo in un’«istantanea visione» e partecipare arrendevole» al suo «curvo divenire».
Uno sguardo, quello dell’autrice, che va al di là degli occhi, della semplice vista, conscio com’è della greve assenza o dell’intermittente presenza di chi ama; uno sguardo dermico che anela all’incontro tra un me e «un te» in un approccio sinestetico e chiasmatico, dove la dimensione orizzontale del mare e della terra si inscrive in quella verticale dell’aria e del fuoco per abbracciare ciò che rimane invisto, oltre che invisibile. Qui la visione si fa tatto, lo sguardo con-tatto e la poesia «prigonia/libera», amore.
L’autrice ci invita a « chiudere gli occhi» non per assentarci, sottrarci alla nostra ineliminabile responsabilità, ma per cercare modi di abitare la «casa senza tempo» nel «guscio/ del cuore». A differenza di Orfeo, che si calò nell’Ade (luogo in cui lo sguardo è negato) con la missione di liberare l’amata senza sfiorarla con gli occhi, immergendosi integralmente nella notte, la parola poetica dell’autrice rischiara l’ombra subendo l’intimazione dell’attesa «apparentemente silente ma insistente / ad ogni nascita di infinito». La poesia, come aurea di luce, non cancella la notte, ma la rende visibile per contrasto, così il crepuscolo non è solo la luce che permane dopo il tramonto, ma è anche quella che precede il suo levarsi.
poesie tratta da “Danza del mare nell’aria deserta d’autunno”
Morte d’attimo
Conosco la sofferenza vibrante e rimbombante
abrasa dalla cenere e dalla calce
pronte a spezzare la vita in un solo istante
e lentamente un dolore secco e asciutto
preso da un’ombra discreta di lacrima
trascina una lima lungo il tuo silenzio.
Ovunque tu cammini
ti segue il tramonto magro
di un’assenza lasciata in un chiuder d’occhi.
Attendere
Sedersi ed indugiare
superbamente tra gli spartiti del ricordo
e con il cappello di lana scaldare il tedio invernale
nei silenzi addormentati tra le mani
lasciate e dimenticate dal corpo
oramai sordo.
Posata la luce della luna
al cospetto del mio nulla
si inginocchia vecchia
chiedendo alla giovinezza ubriaca.
Viaggi d’infinito
Gorgo scostato da un cielo
adamantino
tra passaggi di civiltà
rapprende l’aria tumefatta
che si adagia in proiezioni d’infinito
tra assonanze di gialli piegati al verde
del non oltre dei ritorni.
Ed è desiderio arrestato
in una conquista di sguardo rapito
da un’istantanea visione.
Farsi cuore
Farsi cuore dopo il risveglio
e la corsa del vento
senza vele
sfrangiano l’infelicità
di un calcolo senza prudenza.
Non è altro che sosta
la paura degli addii
e si respira a fatica
nel pretendere l’impossibile
quando un solo istante
è andato
in un tramonto di fine estate.