I colori dominanti ruggine, terra nera e rilievi disponibili in spessori e opacità e poi l’uso di pigmenti, carboncino, acrilico e tutti i materiali ed anche metalli ….per lei tutto è stimolante.
Il lavoro è molto personale, il cromatismo è vicino ai colori naturali, ocra, ossidi, un matrimonio forzato tra acrilico bitume grasso e magro, Evelyn lascia fiorire la reazione.
A volte la sorpresa dell’incidente, un chiodo che scheggia la creta ed è l’emblematico “movimento” di un lavoro introspettivo sul senso alla vita.
Un dipinto, una scultura in movimento dove le contaminazione degenera in arte e la trasparenza di un pizzo nero risponde a quello di uno schermo arrugginito che tesimonia il passaggio del tempo e l’impronta che lasciamo lì e chiamiamo memoria dove il “mald’africa” diventa una malìa.
Ridurre la distanza per capire miscele di materiali, set di texture. Il sacco di iuta, la tela, i volti rivelano visone.. hanno fascino come lei.
Il fascino funziona.
Al suo fianco, la guarda, sorridendo Jacqueline de Esteves Cooman, sua madre, tra arte e mente.
Il riciclo è la nuova frontiera, ed ora lavora alle “maschere” che crea trasformando la materia.
Per anni, dice, che “il suo mezzo di espressione è stata la poesia”, oggi lascia tanto alla pittura, e la sensibilità le permette di esprimere la sua filosofia, il suo modo di dipingere dei paesaggi interiori.
Tra sorrisi e dolce essenze che si mischiano agli odori degli oli e delle cere il loro è un atelier davvero vivibile.