Mentre la cronaca rilancia il caso dell’abusivismo edilizio in Sicilia con l’ultimatum del Pm ad Agrigento contenuta in quel “demolite le case nella Valle dei Templi”, autentica messa in mora contenuta in una lettera del procuratore aggiunto Ignazio Fonzo fatta pervenire al Comune il 28 maggio, tre giorni prima del voto, a Brolo ci si interroga sulle ripercussioni che la nuova circolare regionale avrà sulle centinaia di casi diffidati ora nuovamente dall’ufficio tecnico. Per tanti suona come un’autentica pietra tombale sul tutto per altri in un pesante aggravamento della situazione esistente, mentre si parla di nuove sanzioni pecuniarie. Il testo della circolare.
Non si è ancora insediato e già il nuovo sindaco di Agrigento, Calogero Firetto, è alla prese con la scottante vicenda dell’abusivismo edilizio nella Valle dei Templi.
Dal commissario straordinario che ha retto il Comune negli ultimi mesi ha ereditato un ultimatum partito dalla Procura: tutte le costruzioni fuori legge che ricadono nella zona del vincolo “Gui-Mancini” (il perimetro del sito archeologico) devono essere abbattute.
Il “perdurante ostinato ritardo” dimostrato dalle amministrazioni precedenti è diventato talmente intollerabile che potrebbe indurre la magistratura a procedere per abuso d’ufficio e per omissione di atti d’ufficio.
La messa in mora è contenuta, scrivono alcune testate, in una lettera del procuratore aggiunto Ignazio Fonzo pervenuta al Comune il 28 maggio, tre giorni prima del voto. “Del caso – ha detto Firetto – ho saputo da fonti giornalistiche. Chiederò informazioni agli uffici e al commissario Luciana Giammanco che mi ha preceduto”.
Il sindaco chiederà anche un incontro in Procura al quale parteciperà l’assessore appena nominato, Domenico Fontana, che come presidente regionale di Legambiente ha condotto campagne contro le costruzioni abusive nella Valle dei Templi. La lettera di Fonzo è l’ultimo sollecito che la Procura invia al Comune, alla Sovrintendenza ai Beni culturali e ambientali e al Parco archeologico.
Stavolta vengono usati toni molto incalzanti: “Si rimane stupefatti – si legge – in ordine al diniego di competenze che, come si evince dalle note, codesti uffici disattendono nonostante i precisi obblighi provenienti dalle leggi vigenti”.
Finora sono 197 i provvedimenti definitivi di demolizione ma le irregolarità sarebbero oltre 500.
Se questa è la notizia che giunge dalla Valle dei tempi, è chiaro che emergono analogie e paragoni con quanto accaduto a Brolo ed ora ci si chiede anche cosa accadrà alla luce della nuova circolare regionale.
Leggiamola.
Applicazione art. 31, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), come integrato dall’art. 17, lettera qbis del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 2014, n. 164. Sanzioni conseguenti alla inottemperanza all’ordinanza di demolizione di opere abusivamente eseguite.
la nota è stata inviata
AI COMUNI DELLA REGIONE SICILIANA LORO SEDI e, p.c. ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE
PALERMO, ALLA PROCURA DELLA CORTE DEI CONTI DELLA REGIONE SICILIANA PALERMO, AL CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA PALERMO, AL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DI SICILIA – SEDE DI PALERMO, AL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DI SICILIA – SEZIONE STACCATA DI CATANIA
ed anche
ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA C/O IL TRIBUNALE DI – AGRIGENTO – BARCELLONA POZZO DI GOTTO (ME) – CALTAGIRONE (CT) – CALTANISSETTA – CATANIA – GELA (CL) – MESSINA – MISTRETTA (ME) – MODICA (RG) – NICOSIA (EN) – PALERMO – PATTI (ME) – RAGUSA – SCIACCA (AG) – SIRACUSA – TERMINI IMERESE – TRAPANI e AI DIRIGENTI DEI SERVIZI DRU
Con il decreto legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, sono state emanate, tra l’altro, particolari misure urgenti per la semplificazione burocratica ed il rilancio dei settori dell’edilizia ed immobiliare, con l’intento di favorire la ripresa economica mediante “l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche … e per la ripresa delle attività produttive”.
L’articolo 17 del citato decreto, rubricato “Semplificazioni ed altre misure in materia edilizia”, con la lettera q-bis del comma 1, aggiunta in sede di conversione, ha introdotto talune integrazioni al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), ed in particolare all’articolo 31 relativo agli “Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali”, tese ad imprimere impulso alle attività di vigilanza urbanistico-edilizia e semplificazione delle procedure volte alla irrogazione delle sanzioni
ripristinatorie conseguenti all’accertamento di reati legati all’abusivismo edilizio.
In particolare, le predette integrazioni all’art. 31 del Testo unico sono consistite, nell’inserimento – dopo il comma 4 – di tre ulteriori commi dal seguente tenore: “4-bis. L’autorità competente, constatata l’inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro, salva l’applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti.
La sanzione, in caso di abusi realizzati sulle aree e sugli edifici di cui al comma 2 dell’articolo 27, ivi comprese le aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, è sempre irrogata nella misura massima.
La mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio, fatte salve le responsabilità penali, costituisce elemento di valutazione della performance individuale nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo contabile del dirigente e del funzionario inadempiente.
4-ter.
I proventi delle sanzioni di cui al comma 4-bis spettano al comune e sono destinati esclusivamente alla demolizione e rimessione in pristino delle opere abusive e all’acquisizione e attrezzatura di aree destinate a verde pubblico.
4-quater.
Ferme restando le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, le regioni a statuto ordinario possono aumentare l’importo delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal comma 4-bis e stabilire che siano periodicamente reiterabili qualora permanga l’inottemperanza all’ordine di demolizione.”
Sulla inapplicabilità, in sé, del Testo unico n. 380 del 2001 nel territorio siciliano, salve le
disposizioni regionali già emanate che espressamente ne fanno un rinvio c.d. “dinamico”, le costanti pronunce del Consiglio di Giustizia Amministrativa, in sede giurisdizionale e consultiva, hanno ribadito che lo Statuto autonomistico, all’art. 14, attribuisce alla competenza legislativa esclusiva della stessa Regione la materia “urbanistica” (lett. f), nonché le ulteriori materie concernenti “tutela del paesaggio; conservazione delle antichità e delle opere artistiche” (lett. n).
“In tali ambiti, ai quali va ricondotta anche la materia dell’edilizia (oltre a quella dell’urbanistica), le leggi statali non si applicano in Sicilia, se non in quanto siano richiamate – ed eventualmente in tale sede anche modificate – da una legge regionale (C.G.A., sez. riun., del 19 febbraio 2013, n. 206/11).
Orbene, mentre non risulta ancora recepito nell’ordinamento isolano il Testo unico, è stata invece recepita la legge 28 febbraio 1985, n. 47, mercé la L.R. 10 agosto 1985, n. 37 (nuove norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, riordino urbanistico e sanatoria delle opere abusive), il cui art. 1, comma 1, testualmente recita:
“La legge 28 febbraio 1985, n. 47, … e successive modifiche ed integrazioni, ad eccezione degli articoli 3, 5, 23, 24, 25, 29 e 50, si applica nella Regione siciliana con le sostituzioni, modifiche ed integrazioni di cui alla presente legge”.”
Poiché nell’art. 31 del Testo unico è transitato il contenuto precettivo dell’art. 7 della legge n. 47/1985, già recepito il Sicilia per effetto della sopra richiamata l.r. n. 37/1985, fatta eccezione per il comma ottavo dello stesso articolo 7 in quanto sostituito con tre commi dall’art. 3 della legge regionale 37, si può affermare che l’art. 31 ad eccezione del comma ottavo “è sicuramente applicabile in Sicilia e che di siffatto articolo in parte qua devono reputarsi applicabili anche le “successive modifiche e integrazioni” …
Da ciò discende conclusivamente che pure i nuovi commi 4-bis, 4-ter e 4-quater dell’art. 31 (- con i quali è stato inserito un ulteriore meccanismo di deterrenza rispetto all’inadempimento delle ingiunzioni a demolire) debbono ritenersi automaticamente applicabili in Sicilia per effetto di quel sistema di rinvio dinamico del quale si è dato sopra conto.” (cfr. C.G.A. – Sez. consultiva, adunanza del 17 marzo 2015, n. 18/2015).
In via meramente residuale, vi è poi da rilevare che la disciplina delle sanzioni da applicarsi in materia penale, come quella che deriva dalla realizzazione di interventi edilizi in assenza del permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali di cui all’articolo 31 citato, come è noto è riservata in via esclusiva al legislatore statale, derivandone l’immediata applicazione nella nostra Regione senza la necessità di alcuna specifica norma di recepimento (Corte Costituzionale, sentenza 23-25 ottobre 1989, n. 487).
Tutto ciò premesso, tuttavia, si ritiene di dover fornire chiarimenti in ordine alle perplessità che alcune amministrazioni locali hanno rappresentato sulla natura della sanzione prevista dal comma 4-bis, introdotto all’articolo 31 del D.P.R. n. 380/2001, con particolare riguardo alla “sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro” da comminarsi a carico del responsabile dell’abuso che risulti inadempiente, decorso il termine perentorio di novanta giorni dall’ingiunzione, stabilito per provvedere alla demolizione ed alla remissione in pristino dello stato dei luoghi.
Al riguardo, va osservato che nella sua novata formulazione l’articolo 31 del D.P.R. n. 380/2001, nel disciplinare le procedure conseguenti all’accertamento della realizzazione di opere abusive, ha previsto con il comma 4-bis la comminatoria di una sanzione pecuniaria aggiuntiva (“… salva l’applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti”) che non riveste carattere estintivo né sostituivo.
Sulla questione, la Sezione consultiva del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana chiamata ad esprimere il proprio avviso, ha reso una interpretazione critica della norma, dalla quale questa Amministrazione non ha motivo di discostarsi, secondo la quale la sanzione “amministrativa pecuniaria” introdotta dal nuovo comma 4-bis dell’art. 31 del Testo unico deve intendersi “aggiuntiva”, ossia che essa si cumuli con le “altre misure e sanzioni previste da norme vigenti”, penali e amministrative (queste ultime pecuniarie o non pecuniarie), tutte qualificate, sul versante sistematico, secondo il “principio di specialità” richiamato dall’art. 9 della legge 24 novembre 1981, n. 689 “Legge di depenalizzazione”, secondo il quale “quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale”, di fatto riconoscendo nella ratio della norma, che colloca all’interno di un unico articolo la sanzione amministrativa pecuniaria e pure quella amministrativa “ripristinatoria”, l’intenzione del legislatore “di rafforzare – colpendo con la comminatoria di una punizione di natura pecuniaria le inerzie dei destinatari sanzionati – i presidi normativi a garanzia dell’ottemperanza alle ingiunzioni a demolire: la sanzione pecuniaria di cui al comma 4-bis dell’art. 31 è stata introdotta … proprio al fine di incentivare la compliance (ossia la spontanea attivazione) dei privati rispetto all’ordine di demolizione, attraverso una coazione indiretta rappresentata da una reazione punitiva dell’ordinamento, incidente sul patrimonio dei responsabili degli abusi eventualmente rimasti inerti a fronte di un dovere di esecuzione su di essi gravante” (cfr. C.G.A. – sez. consultiva, n. 18/2015, par. 4).
Con riguardo alla destinazione dei proventi derivanti dall’applicazione delle sanzioni in argomento, che per effetto del successivo comma 4-ter sono espressamente riservati al comune per essere “destinati esclusivamente alla demolizione e rimessione in pristino delle opere abusive e all’acquisizione e attrezzatura di aree destinate a verde pubblico”, benché possa apparire nelle intenzioni del legislatore quella di assicurare ai bilanci dei comuni le risorse finanziare per provvedere alle esecuzioni d’ufficio delle demolizioni (salva rivalsa nei confronti del responsabile dell’abuso), tuttavia il C.G.A. con il citato parere n. 18/2015 (par. 5) ha evidenziato che “gli unici scopi, costituzionalmente legittimi, che può avere una sanzione, amministrativa o penale, sono quelli della retribuzione giuridica del responsabile, nonché della prevenzione generale e speciale (mentre la primaria finalità delle pene è la rieducazione del condannato ex art. 27 Cost.). In nessun caso la sanzione può trovare giustificazione nell’esigenza di fronteggiare immediate finalità di bilancio”, e che “applicare le previsioni sanzionatorie per la soddisfazione di dette esigenze … sia … in radicale contrasto con i principi sui quali si fonda l’intero diritto punitivo” poiché “l’uso per questo fine delle sanzioni potrebbe ridurre, anzi, l’efficacia dissuasiva delle medesime, posto che i destinatari di esse percepirebbero il relativo esercizio del potere repressivo come ingiusto e non proporzionato”.
Per quanto attiene alla quantificazione della sanzione, questa trova una compiuta disciplina generale nell’art. 11 della citata legge n. 689/1981, rubricato “Criteri per l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie”, secondo cui: “Nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo e nell’applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravità della violazione, all’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche”. A tal fine, risulta opportuno che le amministrazioni in indirizzo abbiano cura di evidenziare in seno all’ordinanza di demolizione, oltre le conseguenze derivanti dalla inottemperanza entro il termine previsto per legge (acquisizione gratuita), anche la comminatoria della sanzione pecuniaria aggiuntiva, da determinarsi successivamente all’accertamento della eventuale inottemperanza che, salve le ipotesi di sanzione pecuniaria stabilita ex ante dalla legge in misura fissa, sarà quantificata in base ai “fondamentali principi della personalità e della proporzionalità della sanzione, sui quali riposa anche il dettato del surricordato art. 11”. (cfr. C.G.A. – Sez. consultiva, n. 18/2015, par. 5).
In particolare, l’ordinanza di demolizione da notificare al responsabile dell’abuso dovrà esplicitare gli effetti della condotta omissiva secondo la sequenza procedimentale sotto evidenziata:
– irrogazione della sanzione pecuniaria prevista dal comma 4-bis dell’art. 31;
– acquisizione gratuita al patrimonio comunale (immissione in possesso) dell’opera e dell’area di sedime (max 10 volte la superficie complessiva dell’opera abusiva), e
– trascrizione nel Pubblico Registro immobiliare;
– in alternativa:
a) demolizione e remissione in pristino dello stato dei luoghi a cura del Comune e spese del responsabile dell’abuso;
b) conservazione delle opere in ragione di prevalenti interessi pubblici;
c) ricorrendone i presupposti, concessione del “diritto di abitazione” dell’immobile ai sensi dell’art. 4, l.r. 31.5.1994, n. 17, modif. da art. 8, l.r. 7.6.1994, n. 18).
E’ appena il caso di precisare che per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire (art. 34 del citato D.P.R. 380/2001) la sanzione prevista dal comma 4-bis dell’articolo 31 in esame non trova applicazione, ferma restando anche in questo caso l’imputazione a carico del responsabile dell’abuso delle spese di demolizione e remissione in pristino che l’amministrazione comunale dovrà disporre con potere di rivalsa in caso di inottemperanza all’ordinanza.
In ultimo, si evidenzia come il legislatore, con lo stesso comma 4-bis, nell’ambito dell’esercizio dei compiti di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia nel territorio di competenza degli Uffici comunali, abbia voluto sottolineare i profili di responsabilità di natura disciplinare ed erariale, oltre alle eventuali conseguente penali, discendenti dalla mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio da parte del dirigente e del funzionario dell’amministrazione inadempiente; a tal fine, si confida nella tempestività dei competenti Uffici comunali, in quanto “autorità competente” nel porre in essere gli adempimenti di propria competenza al fine di non incorrere nelle sanzioni previste dalla legge.
Ciò, in coerenza con le disposizioni di cui alla citata legge n. 689 del 1981, “laddove il combinato disposto degli artt. 13, primo comma (che recita: “Gli organi addetti al controllo sull’osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro … “) e dell’art. 17, primo comma (che indica il prefetto quale autorità di competenza residuale nelle sole materie di competenza statale), conduce a ritenere che il potere di irrogare la sanzione si imputi in capo all’ente tenuto al rilascio del permesso di costruire e, comunque, incaricato della potestà di vigilanza sul corretto uso del territorio comunale.” (cfr. C.G.A. – Sez. consultiva, n. 18/2015, par. 8).
La pubblicazione della presente circolare sul sito istituzionale dell’Assessorato del territorio e dell’ambiente e sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana ha effetto di notifica ai soggetti in indirizzo.
Il Dirigente Generale
Ing. Salvatore Giglione
firmato
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