Anche a Roma era il 7 Gennaio 1978. Un commando sbucato dal nulla apre il fuoco contro 5 ragazzi usciti da una sezione del MSI. Sul selciato perdono la vita Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta. Gli altri si salvano per miracolo. Poi dopo durante gli scontri con la polizia che scoppiano immediatamente per reazione viene ucciso un terzo militante di destra, Stefano Recchioni. A sparargli è un graduato dei carabinieri.

L’attentato di via Acca Larentia venne rivendicato dai Nuclei Armati per il Contropotere Territoriale, una sigla enigmatica che avrà vita effimera.

Quell’eccidio rimane senza colpevoli.

i manifesti 2024

Interessante rileggere quanto scrisse nel suo romanzo storico ” I Rossi, i Neri e la Morte” Gabriele Adinolfi.

Adinolfi, oggi autorevole conferenziere, saggista e autore, dal bagaglio di nozioni e della formazione culturale, estesa e concreta in svariati ambiti considerato leader indiscusso di Terza Posizione, e per anni latitante a Londra, oggi coordina il Centro Studi Polaris e al sito di informazione www.noreporter.org. Per molti resta un punto di riferimento ideale ed ideologico.

Un Capitano sui generis che ha sempre disapprovato ogni forma di individualismo: privilegiando la partecipazione attiva alle sue iniziative, rivolta in direzione di una pluralità simmetrica, unica nel suo genere.

Ha sempre preso posizione sui fatti di Acca larentia, e nel 40^ anniversario di quella strage lanciò un’iniziativa che “infiammo” migliaia di cuori neri di tutta Italia.
Lui lanciò un appello ” in qualunque posto tu abiti, recati il 7 gennaio ad un’ora qualsiasi, nella più vicina Via (o Piazza) Roma, al n°8 e deponi una candela, un fiore, un biglietto. Acca Larentia è dentro di noi e noi apriremo i nostri cuori per far vibrare l’Italia intera. Immortala quel dono, se puoi, con una foto ma non con un selfie, perché non è agli occhi dei fascioconsumatori ma del Cielo che ci stiamo ponendo. Presente! Nell’infinito.”
E così fu.
Acca Larentia, assunse sempre più il significato emotivo e simbolico più forte nell’ambito della Destra giovanile e non e non solo in quella Radicale, forse perché Franco e Francesco vennero abbattuti inermi da un commando comunista e Stefano, sempre inerme, dai Carabinieri. Allora fu chiarissimo che non solo uccidere un fascista non era reato ma che chi militava su quel fronte era solo contro tutti.
La data, il 7 gennaio, come un simbolo
indica un tempo all’apparenza preciso, ma che interpretando la vicenda, contiene il passato della nostra storia, il presente del nostro travaglio, il futuro di quanto riusciremo ad offrire alle generazioni che verranno dopo di noi. Il 7/1 quindi esprime 7+1=8 il numero dell’infinito, della rigenerazione, della rinascita. Lo spazio rappresentato da Roma, è inteso solo quale centro di una dimensione molto più vasta, quella occupata dai cuori di tutti coloro che almeno una volta hanno battuto all’unisono, leggendo un libro, ascoltando una canzone, lanciando un fiore od un saluto a quei ragazzi caduti sula strada.

Ma tornando al libro.

Questo è un invito all’approfondimento e a riflettere con intelletto.

I personaggi del romanzo, molti dei quali sono di pura fantasia e ideati dall’autore de “I Rossi, i Neri e la Morte” edito da Soccorso Sociale, implementano un racconto e quel filo conduttore che va dal gennaio al maggio 1978.

Quell’anno funesto che attraversò come una lama tagliente l’eccidio di Acca Larentia, il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro; rievocando, intelligentemente, le voci dei protagonisti, le loro aspettative e i loro caratteri. All’interno di un quadro che privilegia la lotta reazionaria, dove le Brigate Rosse funsero da polo attrattore e mediatico di un’orchestra ad ampio respiro.

Composta dalla scuola di lingue parigina Hyperion del filo russo Henry Curiel, dall’azione dei servizi segreti francesi, italiani, russi, dell’ex Germania dell’Est, israeliani e americani, dall’odore sulfureo del celebre Abbé Pierre (a uso ideologico) e dell’ortodossia internazionalista di Bianchi Caraldini, prontamente tirato a lucido da “Quella strage fascista. Cosi e’ se vi pare”.

Davvero appassionante il capitolo sette e la sua intitolazione che, altro non poteva essere, se non una dedica ai Romani e ai Normanni di allora. A partire dalle peripezie e dalla curiosità del giovane Rodolfo, dall’indole parecchio simile a quella dell’autore, d’innanzi alla figura del compianto corrispondente del Tempo Giorgio Locchi: precursore della Nuova Destra che influenzò con i suoi studi e le sue opere Marco Tarchi, Massimo Fini e alcuni dei tratti distintivi del pensiero di Alain de Benoist.

Un giovane quale era Gabriele e quali erano Peppe Dimitri e Walter Spedicato, che in questo libro hanno voce, chiarendo alcuni aspetti che li hanno a lungo ritenuti, ingiustamente, gli artefici di un Movimento politico, organico e partecipe, alla mattanza degli anni ’70.

In tal senso, invitiamo a leggere nello stesso capitolo, facendo molta attenzione al dialogo che vede come protagonisti lo stesso Rodolfo e lo scrittore, critico letterario, giornalista, saggista ed ispiratore del movimento regionalista normanno, Jean Mabire.

Un breve ma significativo spaccato della realtà italiana e francese: sopratutto, evidenziando quali fossero le idee e la posizione di Terza Posizione, prima e durante l’assassinio di Aldo Moro.

Consci delle spregiudicatezza di una società spettacolarizzata nelle sue fondamenta (vedasi Orientamenti & Ricerca economici, l’Europa e Terza Posizione su www.gabrieleadinolfi.eu) in grado di assuefare un’intera generazione alle finzioni dell’economia sulla realtà, “I Rossi, I Neri e la Morte”, ha il pregio di essere uno scritto che mette a nudo l’assioma principale della comunicazione moderna, nell’ambito dell’informazione.

Pensando poi, ai cinquantacinque giorni di prigionia di Aldo Moro, a quella passività nel leggere e nell’ascoltare, anni dopo quelle notizie non notizie, come se fossimo degli spettatori inermi dentro uno show. Ma allora è facile immedesimarsi in un presente che ha del surreale ? E’ difficile invece, credere che un romanzo storico, scritto seguendo i canoni classici ma attuale, possa destare interesse verso una vicenda che ha trasformato i carcerieri politici di Aldo Moro, in macellai senza coscienza.

Così vorrebbero.

Il corpo del segretario della DC fu ritrovato a Roma all’interno di una Renault 4 di colore rosso in via Caetani. A metà strada dalla sede della Democrazia Cristiana in piazza del Gesù e via delle Botteghe Oscure, sede del Partito Comunista Italiano. Era il 9 maggio 1978, una data scelta non a caso…

E se per indubbie certezze, sappiamo solo in piccola parte come è andata, scordiamoci le comodità. Questa volta non da spettatori ma da protagonisti, alla ricerca di un lembo di verità e più di ogni altra cosa, della nostra dignità.

 

Gabriele Adinolfi

I Rossi, i Neri e la Morte

Edito da Soccorso Sociale, anno 2014

Ppgg. 199-euro 18.00

In vendita su: www.gabrieleadinolfi.eu/sezione libri.

da leggere

https://www.scomunicando.it/notizie/acca-larentia-roma-40-dalla-strage-finalmente-ce-manifestazione-unitaria-memoria-si-potra-celebrare-simbolicamente-tutta-italia/