Un libro scatena la polemica
Trentatre anni dopo i delitti un libro potrebbe ora aprire nuovi scenari per dare un volto agli autori della strage di Acca Larentia, avvenuta a Roma il sette gennaio del 1978.
Morirono tre giovani ragazzi appartenenti al Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile del Movimento Sociale. I tre erano Franco Bigonzetti, Stefano Recchioni e Francesco Ciavatta. Quest’ultimo era di Montagano.
Vennero uccisi a distanza di poche ore l’uno dall’altro, una pagina drammatica della nostra storia, purtroppo ancora non risolta.
L’ANNIVERSARIO
Come ogni anno in via Acca Larentia si è tenuta una cerimonia per ricordare i tre giovani morti nel 78.
Quest’anno tra i presenti anche il ministro della Gioventù Giorgia Meloni. “Siamo qui – ha detto – per ricordare Franco, Francesco e Stefano, perché non siano dimenticati i loro volti e per raccontare le loro storie. Lo facciamo ogni anno e continueremo a farlo perché non tornino mai gli anni in cui l’odio politico trasformava i ragazzi in vittime e assassini”.
L’esponente del governo ha quindi concluso: “La violenza politica è un nemico subdolo che si nasconde dietro l’angolo e non va mai sottovalutato.
I giovani caduti negli anni Settanta e Ottanta oggi sembrano lontani, ma è importante che le nuove generazioni conoscano le storie di tutti quei ragazzi innocenti di ogni colore politico che hanno pagato con la vita il loro impegno sociale e politico”
IL LIBRO
Sono tante le domande ancora senza risposta attorno all’uccisione di questi tre ragazzi.
La magistratura non si è mai pronunciata, non esiste una verità accertata da un giudice, nessuno insomma ha pagato per quelle giovani vite così barbaramente spezzate.
In occasione del 33esimo anniversario della strage è stato presentato in Campidoglio il libro “Acca Larentia, quello che non è stato mai detto” (Edizioni Trecento).
Gli autori, Valerio Cutonilli e Luca Valentinotti, entrambi avvocati che hanno studiato il caso per molti anni, evidenziano tutti i dubbi e cercano di rispondere agli interrogativi sorti attorno a questa vicenda.
Si tratta di una ricerca molto ampia che apre squarci di luce su una vicenda buia della storia italiana.
“Una attenta disamina di testimonianze inedite di prima mano – scrive Maurizio Martucci nella sua recensione per Rinascita – ipotesi ed atti processuali basati su perizie e verbali, incrociando i dati del paniere probatorio con quelli emersi, molti anni più tardi, nelle confessioni dei pentiti della lotta armata. Un lavoro certosino effettuato col bisturi tagliente della deontologia forense e della critica sensata, senza sensazionalismi di parte o anacronistici slanci vendicativi.
Un libro verità che può contribuire ad abbattere un muro di gomma chiamato futuro”.
“Abbiamo realizzato questo volume – hanno invece spiegato gli autori – per saldare un debito di verità contratto la sera del 7 gennaio 1978. Fallita la via giudiziaria, per far luce finalmente sull’eccidio di Acca Larentia rimaneva solo la ricerca storica. Infatti siamo convinti che esista un solo modo per impedire al passato di continuare a generare danni: conoscerlo e capirlo”.
Nella giornata di ieri intanto una polemica sulla strage di Acca Larentia ha investito il mondo politico. Francesco Storace ha attaccato il figlio del senatore dell’Idv Fabio Giambrone che su Facebook “ha inneggiato a 10-100-1000 Acca Larentia”. “Tre ragazzi assassinati non bastano ai seguaci di Di Pietro, trentatre anni dopo”, ha scritto il segretario de La Destra ricordando Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni. Immediata la replica del senatore dell’Idv e del figlio che hanno spiegato così la vicenda: “Mio figlio ha pubblicato un messaggio che ha trovato sulla rete come tanti messaggi che i ragazzi della sua età pubblicano su Facebook. Appena ha aperto il video e si è reso conto della gravità delle parole che vi erano contenute non solo lo ha immediatamente rimosso ma si è autosospeso da Facebook e mi ha informato immediatamente di quello che aveva fatto. Mio figlio ha 15 anni e non voleva certo mancare di riguardo alle famiglie delle vittime. Chiedo scusa a nome di mio figlio alle famiglie dei tre ragazzi che in nessun modo lui aveva intenzione di offendere, come confermato dalla immediata rimozione del video e del messaggio”.
Enzo Luongo
da La voce nuova del molise
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