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AL VOTO! – Da «disgiunto» a «plurinominale» quel che c’è da sapere

COME SI VOTA

Le parole che servono per capire meglio come funziona il Rosatellum. In mezzo secolo abbiamo cambiato dodici sistemi elettorali.

L’Italia cambia spesso sistema elettorale, ha sperimentato dodici diverse formule in mezzo secolo, come ha ricordato Sabino Cassese nel suo saggio «La democrazia e i suoi limiti». È per questo che ogni volta ci tocca studiare daccapo, districarci tra espressioni come «voto disgiunto», «collegio plurinominale», «soglie di sbarramento». Ecco un piccolo glossario.

Rosatellum

È il nostro sistema elettorale inventato dal capogruppo del Pd alla Camera, Ettore Rosato. Sicuramente tra i peggiori metodi che i nostri politici ci hanno regalato.

Maggioritario

Il Rosatellum è parzialmente «maggioritario», ma questo che cosa vuol dire? I sistemi elettorali si dividono in due grandi categorie. Con quelli «proporzionali» il Parlamento eletto rispecchia più o meno esattamente la composizione della società: se un partito ottiene il 32 per cento dei voti, avrà in Aula grosso modo il 32 per cento dei seggi, cioè degli eletti. Si dice perciò che i sistemi proporzionali privilegiano la «rappresentanza». I sistemi maggioritari, invece, puntano alla «governabilità», agevolano il vincitore attribuendogli dei seggi in più rispetto alla reale consistenza del suo elettorato. In questo modo si ritiene che i governi abbiano più forza e durino più a lungo. Ma come viene privilegiato il vincitore? Il sistema elettorale delle scorse elezioni, il cosiddetto «Porcellum», attribuiva al vincitore un «premio di maggioranza» (poi giudicato eccessivo dalla Corte costituzionale) che ne incrementava i seggi. Il Rosatellum, invece, utilizza il sistema dei collegi uninominali.

Collegi uninominali

Il territorio nazionale è stato diviso dal Rosatellum in 232 collegi per la Camera (erano 475 nel Mattarellum) e 116 per il Senato (erano 232 nel Mattarellum). Da ciascuno risulterà eletto un solo candidato, quello che avrà ottenuto almeno un voto più dei concorrenti. Questo meccanismo caratterizza il Rosatellum in senso maggioritario: tutti i partiti sconfitti nel collegio, infatti, non ottengono rappresentanti (se non per la diversa via proporzionale). In teoria sarebbe possibile che uno schieramento conquistasse il 100 per cento dei seggi con il 40 per cento dei consensi. Un sistema puramente maggioritario come quello adottato in Francia e in Gran Bretagna «evita l’eccessivo frazionamento dei partiti» e «facilita l’accesso al Parlamento di spiccate personalità» come scriveva il costituzionalista Temistocle Martines. Il Rosatellum, però, è un sistema misto. Elegge solo un terzo dei parlamentari con il maggioritario. I rimanenti due terzi vengono eletti con il proporzionale. I sistemi misti, come insegnava Sartori, favoriscono al contrario la moltiplicazione delle forze politiche.

Mattarellum

L’attuale sistema assomiglia un po’ al Mattarellum, con cui abbiamo votato nel 1994, nel 1996 e nel 2001: come quello è un sistema misto maggioritario-proporzionale. Le differenze, però, non vanno sottovalutate. Intanto è notevolmente aumentata la quota proporzionale (da un quarto a due terzi). Poi è stato impedito il voto disgiunto.

Voto disgiunto

Con il Mattarellum si poteva votare per schieramenti diversi al proporzionale e al maggioritario. Al proporzionale si dava una preferenza «politica» per il partito di riferimento, al maggioritario si sceglieva «la persona» che dava un affidamento migliore. Questo aveva favorito l’elezione di deputati e senatori appartenenti alla società civile perché maggiormente radicati sul territorio: le «spiccate personalità» di cui parlava Martines. Con il Rosatellum, invece, il voto disgiunto è vietato: barrare la casella di un partito diverso da quelli che sostengono la propria scelta maggioritaria significa annullare la scheda. Di conseguenza le preferenze degli elettori saranno probabilmente meno influenzate dalle persone dei candidati nell’uninominale e più dalle appartenenze politiche. Come ha giustamente rilevato Sabino Cassese, in una prima fase della nostra Repubblica ai cittadini è stata affidata la scelta del Parlamento e non dei governi. In una seconda fase, che inizia con il Mattarellum, al popolo è stata sostanzialmente affidata anche la scelta dei governi. Ora tornano in campo i partiti, scelgono i parlamentari e, verrebbe da aggiungere, anche i governi.

Turno unico

Le elezioni nei collegi uninominali avvengono in un solo turno. Il doppio turno alla francese, attualmente utilizzato in Italia nelle elezioni dei sindaci dei Comuni con oltre i 15mila abitanti, avrebbe avuto il pregio di semplificare il quadro politico e di favorire le aggregazioni tra i partiti ma è stato scartato dal legislatore

Collegi plurinominali

Sono i collegi della parte proporzionale del Rosatellum. La loro caratteristica, spiegava Temistocle Martines, è che “il loro numero è inferiore al numero dei seggi”. Di conseguenza da ognuno di essi risultano eletti più parlamentari. Si tratta, in particolare, dei candidati scelti dai partiti nei loro listini bloccati.

Listini bloccati

Il vecchio sistema proporzionale, quello antecedente al Mattarellum, prevedeva che l’elettore scegliesse liberamente – in un elenco di una trentina di candidati – il nome del suo rappresentante. Andrea Manzella in un libro del 1991, “Il Parlamento”, spiegava quanto questo meccanismo fosse importante per la democrazia. La Corte Costituzionale, infatti, aveva precisato che la scelta dei candidati da parte delle segreterie di partito non ledeva la libertà di voto dei cittadini solo in quanto questi potevano compensarla con l’espressione della loro preferenza. Le preferenze però finirono nel mirino referendario perché attraverso quelle plurime si potevano rendere i voti identificabili (si chiedeva agli elettori di indicare i nomi o i numeri dei candidati in un determinato ordine) e dunque controllabili da parte dei candidati disonesti che praticavano ad esempio voto di scambio. Per evitare brogli sarebbe bastato obbligare alla preferenza unica. Si è finito, invece, con l’abolire del tutto le preferenze. Il Rosatellum, oggi, vincola ogni decisione a listini bloccati già definiti dai partiti con due, tre o 4 candidati. Chi sceglie un partito avalla anche la sua scelta dei candidati

Soglie di sbarramento

Impediscono ai partiti troppo piccoli di eleggere parlamentari con la quota proporzionale. La percentuale minima da raggiungere per i singoli partiti è del 3 per cento, quella per le coalizioni è del 10 per cento. Il Mattarellum prevedeva una quota di sbarramento del 4 per cento alla Camera.

Democrazia diretta e democrazia rappresentativa

Jean-Jacques Rousseau scriveva che «la sovranità non può essere rappresentata» e pertanto che «il popolo inglese crede di essere libero, ma si sbaglia di grosso: lo è soltanto durante l’elezione dei membri del parlamento; appena questi sono eletti esso torna schiavo, non è più niente». Il 4 marzo sarà dunque il nostro unico giorno di libertà? Secondo Cassese la democrazia diretta è inattuabile. Anche Norberto Bobbio, che pure riteneva auspicabile un maggiore coinvolgimento degli elettori, scriveva in «Il futuro della democrazia» che non è possibile che tutti decidano tutto. Bisognerà contentarsi, dunque, della democrazia rappresentativa e delle elezioni perché sono, allo stato, il miglior modo che hanno i cittadini per avere un peso nelle decisioni che riguardano il Paese.

tratto dall’articolo di Mario Garofalo pubblicato oggi sul corriere.it

Per leggerlo tutto

http://www.corriere.it/elezioni-2018/notizie/elezioni-2018-ecco-vocabolario-disgiunto-plurinominale-4ddd52fa-1df8-11e8-af9a-2daa4c2d1bbb.shtml

Redazione Scomunicando.it

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