ALESSANDRA PIRRI – Sabato ha presentato a Brolo il suo libro “il Tatuatore di Anime”
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ALESSANDRA PIRRI – Sabato ha presentato a Brolo il suo libro “il Tatuatore di Anime”

“Il tatuatore di anime”  racconta come solo il bene può salvare dal baratro. E’ edito da Armenio Editore di Brolo, ed è stato presentato, a cura della  professoressa Pina Freni, con l’intervento della stessa autrice l’8 giugno alle ore 17,00, alla Sala Rita Atria di Brolo.
All’incontro culturale brolese presnete anche Nino Armenio, l’editore, mentre alcuni brani del romanzo sono stati letti da Graziella Lo Vano.

A fare gli onori di casa, l’evento era patrocinato dall’amministrazione comunale, il vice sindaco, l’avvocato Carmelo Ziino  e l’assessore alla cultura, la professoressa Maria Vittoria Cipriano.

Il Tatuatore di Anime è un romanzo intenso e coinvolgente.

L’autrice affronta una tematica inquietante, ma lo fa con garbo ed eleganza. La narrazione, sostenuta da una scrittura lineare e gradevole, come ha spiegato Lina Freni,  incisiva ed essenziale, cattura l’attenzione e la curiosità del lettore e si innesta sullo scavo interiore di un vissuto che, attraverso il ricordo, dalla semplice memoria si radica nella profondità dell’essere e della psiche.

Straordinaria la capacità che l’autore ha di focalizzare ciò che è funzionale alla narrazione.

Protagonista del romanzo, Elisabetta. Una giovane e brillante avvocato che sogna di “assestare” il mondo. Lei, donna lucida e razionale, dopo l’abbandono del marito, finisce tra le grinfie di un babalawo, il padrino di una setta satanica. “La vita si era fermata in un baratro senza fine che non mi faceva vedere la luce”.

Dopo due anni di sofferenza e dolore, riuscirà ad uscirne grazie all’incontro con un uomo straordinario, dotato di un “dono” speciale.

Normale e paranormale si intrecciano in una dimensione sospesa tra realtà e magia. Una magia che le consentirà, non senza sofferenza, di tornare ad essere se stessa. “La magia è una scintilla creatrice”.

L’elemento focale del racconto diventa dunque l’acuto conflitto tra angoscia di morte e ansia di vita. Il problema è “scegliere”: staccarsi o precipitare scegliendo la morte. Ciò che ci imbestia o scegliere la vita, la “chiarità” solare che apre la porta alla felicità. “Non dovremmo mai negare a noi stessi la possibilità di essere felici”.

Elisabetta sceglierà la vita, consapevole che il senso della vita non si lascia decifrare dalla lente di ingrandimento della ragione, ma rimane avvolto in un alone di mistero che dà un tocco magico all’esistenza.

D’altra parte, come leggiamo nella conclusione, affidata al coprotagonista del romanzo: “Esiste qualcosa che non si vede. Ma c’è. È lì. Impalpabile, sottilissima, muta. Molti non lo sanno”. “Però c’è – aggiunge Il nostro spirito, è tatuato dal ricordo. Dall’amore. Dalla speranza”.

Stiamo vivendo in una fase della modernità che cancella la fiducia, la compassione, la pietà, e invece assiste ad un gorgo di smarrimenti e stordimenti, dove uomini e donne si scoprono immersi tra il vuoto esterno e lo svuotamento interiore, ciò che rende fragili e facili a diventare preda di individui subdoli e perversi.

E invece la vita è magia, una magia dalla quale bisogna lasciarsi sorprendere e alla quale bisogna lasciarsi andare. È questo che dona alla vita il suo incanto, unica terapia e antidoto alla sofferenza e al dolore che attraversano la nostra esistenza.

Il romanzo veicola un forte messaggio etico e sociale. Viviamo in una società “liquida”, nella quale abbiamo perduto stabili punti di riferimento. Ciò scava un vuoto profondo nell’anima, ci fa sentire soli e smarriti. Dobbiamo imparare a essere resilienti, a non lasciarci travolgere dagli eventi negativi. E, scommettendo su noi stessi, accettare anche il rischio: “Perché vivere significa osare”.

Alessandra Pirri è nata a Messina. Dopo la laurea in Lettere presso l’Università Cattolica di Milano, vive e lavora nel capoluogo lombardo. È docente di lettere in un istituto tecnico ed è giornalista pubblicista. Collabora con testate giornalistiche ed è viaggiatrice instancabile. Il suo motto: “Ad maiora, semper”.

Protagonista del romanzo, Elisabetta. Una giovane e brillante avvocato che sogna di “assestare” il mondo. Lei, donna lucida e razionale, dopo l’abbandono del marito, finisce tra le grinfie di un babalawo, il padrino di una setta satanica cubana. “La vita si era fermata in un baratro senza fine che non mi faceva vedere la luce”. Elemento focale del racconto, l’acuto conflitto tra angoscia di morte e ansia di vita. Il problema è “scegliere”: staccarsi o precipitare scegliendo la morte. Ciò che ci imbestia o scegliere la vita, la “chiarità” solare che apre la porta alla felicità. “Non dovremmo mai negare a noi stessi la possibilità di essere felici”. Dopo due anni di sofferenza e dolore, la donna riuscirà a uscirne grazie all’incontro con un uomo straordinario, dotato di un “dono” speciale. Un uomo pieno d’amore, anche se ancora non lo sa pienamente nemmeno lui quanto lui stesso sia straordinario. Ed Elisabetta, grazie a lui, sceglierà la vita, consapevole che il senso dell’esistenza non si lascia decifrare dalla lente di ingrandimento della ragione, ma rimane avvolto in un alone di mistero che dà un tocco magico alla realtà. D’altra parte, come viene detto nella conclusione, affidata al coprotagonista del romanzo: “Esiste qualcosa che non si vede. Ma c’è. È lì. Impalpabile, sottilissima, muta. Molti non lo sanno”. “Però c’è – aggiunge -. Il nostro spirito, è tatuato dal ricordo. Dall’amore. Dalla speranza”.

Perché la vita è come un tunnel. Un tunnel che può essere luce, o un tunnel che può portare, dal buio di un’esistenza vissuta male, al buio della morte. Sta a noi decidere. E, quando tutto sembra condurre a scelte folli e alienanti, a volte la vita stessa ti porta inaspettatamente davanti il sole dell’amore. Anche se spesso, prima di capirlo, bisogna superare i propri tabù e le proprie convinzioni. “Perché vivere significa osare”.

10 Giugno 2019

Autore:

redazione


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