AMMINISTRATIVE A BROLO 2019 – Ne parliamo con Pierluigi Gammeri
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AMMINISTRATIVE A BROLO 2019 – Ne parliamo con Pierluigi Gammeri

Fra qualche giorno scatta l’ora zero per la presentazione delle liste per le future amministrative e a Brolo c’è fermento… Continuano le interviste di Scomunicando.it. Qualche rifiuto a prestarsi al gioco, qualche rimando, ma ci sta tutto, noi andiamo avanti. Al tavolo del bar, un buon caffè, quattro chiacchiere interessanti con un giovane professionista. Le sue idee possono essere punti di partenza e di riflessione.

Pierluigi Gammeri, oggi architetto, da sempre uomo alla ricerca dell’essenza della cultura in cerca di bellezza. Attento a quel che succede intorno, ha vissuto le precedenti campagne elettorali brolesi sia da consulente nelle progettazioni grafiche di poster e programmi, o da creatore di testi dedicati alla satira politica inventando, con un pugno di amici, una vera quanto inesistente campagna elettorale ma ricca di idee e programmi.

Ma Pierluigi ci ha anche “messo la faccia”, nel dibattito politico, nell’impegno sociale, vedi la Sak-Be, nelle iniziative culturali anche su temi d’attualità scottante.

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Un “personaggio” positivo, mai un cattivo maestro, con il quale è bello confrontarsi.

Quindi nasce quest’intervista  che racconta sogni e progetti, alcuni – i primi – spezzati – altri tutti in divenire.

Da leggere.

Si vota tra pochi mesi a Brolo, parliamone un po’, se ti va.

Si propone uno scontro a due, Laccoto vs Ricciardello, si parla di una terza lista, tutti escludono la bagarre della volta passata… tu che idee ti sei fatto su ipotetici o probabili scenari politici?

La partecipazione è sicuramente un fattore irrinunciabile.

Ritengo che una terza lista sia funzionale a dare un contributo importante al dibattito, se non altro per mettere sul tavolo punti di vista diversi. Detto ciò mi pare abbastanza evidente che, in una comunità piccola come la nostra, occorra fare lo sforzo di non disperdere le risorse più “promettenti” ed evitare di ripetere sfilate di aspiranti primi cittadini come quella della passata tornata elettorale.

Da giovane professionista, ma anche da giovane brolese, secondo te, quanta distanza c’è ancora tra il paese “ideale” e quello “reale”? Se ritieni che distanza ci sia, quali sono i principali elementi che la determinano?

Il modello di “paese ideale” dipende strettamente dal background di ciascuno di noi, quindi è, per definizione, assolutamente soggettivo. Per quanto mi riguarda il “paese reale” è distante anni luce dal mio modello di “paese ideale”.

Brolo ha delle potenzialità straordinarie sia sul piano urbano che su quello delle risorse umane, un milieu di tutto rispetto; ma quando avremo finito di fotografare lo scoglio in mezzo al mare dovremo pur cominciare a decidere cosa vogliamo fare da grandi.

La cosa che manca davvero è una visione, una road map che porti in un punto preciso.

Il mood  di una città, quello che ci comunica, è dato dalla condivisione di un modello da raggiungere, che entra nell’immaginario e diventa strada, fatta di passi.

Re-immaginare la città richiede, da parte della Politica, prima di tutto un grande sforzo di volontà. Comporta l’adozione di un nuovo vocabolario, un pensiero differente da trasmettere.

Non è solo una questione di soldi, servono sensibilità, competenza, creatività, progetto, strategia.

Soprattutto dobbiamo includere: occorre rimettere al centro la comunità, renderla parte attiva di un percorso.

Che giudizio dai al ruolo dell’opposizione e a quello della maggioranza viste a Brolo in questi cinque anni?

Credo che prima di dare qualunque giudizio, a prescindere da tutto, vada ringraziato chiunque si sia messo in gioco, in questa come nelle passate amministrazioni, maggioranze e opposizioni, perché sottrarre del tempo alla propria vita e al proprio lavoro per dedicarlo al paese è un gesto civico importante che, in ogni caso, va riconosciuto.

Detto ciò, ritengo che in questi cinque anni sia mancata totalmente un’idea di paese, sia da parte della maggioranza che, almeno in termini propositivi, da parte della minoranza.

Va reso il giusto merito ad alcuni progetti interessanti ai quali andrebbe garantita continuità, ne cito uno: “Salute Bene Comune”. Ma rimangono iniziative isolate se non le si mette a sistema, se non diventano tasselli di una visione più grande.

Per il resto, poco o nulla.

Non una suggestione, né un confronto aperto sulle trasformazioni urbane, sulla fragilità del tessuto economico o di quello sociale. Non si è parlato di oggi, né tantomeno di domani.

La sensazione è che si navighi a vista, senza una rotta precisa.

Non me ne vogliano, non è un processo alle persone, è uno stimolo per chi verrà dopo.

Se poi volevi un giudizio basato su schermaglie varie, relative a giardinetti con l’erba alta, cartelloni estivi, potature, mense, tombini, loculi, pupù dei cani e altra roba di questo genere, insomma sull’abc …beh possiamo anche soffermarci, ma credo che sarebbe avvilente anche per te.

Il gioco delle parti, spesso spinge ad allontanarsi dalla politica dei grandi temi che odora invece di immaginazione, visione, futuro.

Quali sono secondo lei le principali priorità da affrontare, a prescindere da chi vincerà, per il futuro del paese?

Vanno messe in campo, in sinergia con i privati, delle strategie abitative per i giovani allo scopo di ottenere la disponibilità di immobili in locazione ed a canoni calmierati.

A Brolo è letteralmente impossibile per un ragazzo o per una giovane coppia trovare un appartamento in affitto.

Quasi nessuno ha modo di acquistarlo.

Necessitano poi degli sportelli che facciano da driver, che coinvolgano i consulenti finanziari presenti sul territorio allo scopo di fare chiarezza sulle opportunità offerte dalle agenzie nazionali come Invitalia e dai fondi Europei; servono competenza e comunicazione.

I ragazzi sono demoralizzati, occorre un incubatore di fiducia.

Questi sono princìpi di civiltà, perché la libertà è una bolla di sapone quando non sta accanto alla possibilità di camminare in maniera autonoma verso il futuro, quando hai un reddito insignificante, quando non hai indipendenza, quando non puoi accogliere la vita, quando hai paura.

E’ per questi ragazzi che abbiamo il dovere di costruire, qui e non altrove, un cantiere di speranza. E’ di loro che dobbiamo occuparci, e dobbiamo farlo con urgenza.

Non possiamo inoltre abbandonare i commercianti a se stessi nel labirinto dei nuovi paradigmi del business.

Dobbiamo cominciare a comprendere che non è soltanto colpa della crisi se alcune attività non vanno più bene come una volta: sono radicalmente cambiati i codici relativi all’offerta di prodotti e servizi, e continueranno a cambiare.

Possiamo scegliere se gettare la spugna o se stare al passo.

Va in questa direzione l’urgenza di stringere accordi con professionisti del social media marketing, del branding, dell’interior design e dell’ ho.re.ca, affinchè possano tenersi costantemente in loco dei corsi di formazione convenzionati. Non possiamo permettere che nessuno rimanga indietro.

Ogni serranda che si abbassa è un pezzo di comunità che muore.  

Per le contrade vanno messe in atto azioni in grado di stimolare e strutturare un’economia del paesaggio che permetta loro di partecipare attivamente all’offerta turistica del paese.

Abbiamo bisogno di un piano regolatore innovativo.

E’ uno strumento essenziale per indirizzare le scelte e governare le trasformazioni del territorio. La Brolo che vorrei è una città creativa, accogliente, green, che custodisca il suo patrimonio, che riconosca la bellezza e riesca a generarla, tutelarla e trasformarla in un asset strategico.

La Brolo che vorrei è una città attrattiva, consapevole; è una finestra aperta sul nostro tempo.

 

Le tre grandi incompiute sbandierate sempre nelle tante campagne elettorali viste?

La ormai famosa VALORIZZAZIONE DEL CENTRO STORICO di cui francamente ci siamo anche un po’ rotti.

L’idea che si continua a propinare ovunque di un “centro storico cartolina” (tra l’altro nemmeno mai realizzata) è completamente fuori dal tempo.

E’ un modello ingessato che tutta l’Europa considera già arcaico da diversi anni.

E’ fuor di dubbio che il nostro centro storico vada riqualificato e, sul piano della tutela, va dato atto a Salvatore Gentile di aver fatto un ottimo lavoro grazie al quale potremo disporre di una “mappatura” completa dello stato degli edifici, dell’assetto tipologico, di interessanti nozioni storiche e di valide strategie di intervento per la ristrutturazione.

Una guida indispensabile che dimostrerà si da subito la sua utilità.

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Questo però ha a che vedere poco o nulla, in senso lato, con il vissuto quotidiano di un agglomerato urbano.

Occorre restituire a questi luoghi le dinamiche basilari e gli spazi che stanno alla base della vita di una comunità: gli eventi, il commercio, i locali; non occasionalmente ma in modo strutturale.

Va riaffermato il diritto alla cittadinanza degli abitanti perché sentano la consapevolezza di poter partecipare alla costruzione del futuro del loro quartiere.

Il centro storico deve diventare culla di sperimentazioni da cui ripartire.

Per farlo occorre riunire allo stesso tavolo cittadini, imprenditori, artisti, architetti, professionisti del settore turistico ed enogastronomico. Senza veti di sorta. E’ un lavoro lungo, complesso, che comporta il confronto tra player e competenze molto diverse tra di loro, ma va fatto, e va fatto subito.

L’altro leitmotiv che ritorna in tutte le campagne elettorali e l’amatissimo TURISMO.

Chi ve ne parla facendo riferimento esclusivamente al proprio paese non ha la più pallida idea di cosa significhi occuparsi di turismo, a queste latitudini, alle soglie del 2020.

Questo atteggiamento, perlopiù, è figlio di una visione miope, provinciale e campanilista, e riguarda le amministrazioni più disparate, nella misura in cui qualcuno immagini che un comune di poche migliaia di abitanti possa presentarsi sul mercato con un’offerta turistica indipendente, senza minimamente guardarsi intorno.

E’ indispensabile, infatti, fare rete con i comuni limitrofi mettendo a sistema le diverse peculiarità del territorio. Non riesco a capacitarmi di come non si comprenda l’importanza di costruire un’offerta turistica di tipo comprensoriale che, tra l’altro, permetterebbe anche di destagionalizzare i flussi.

E’ un po’ quello che avrebbe dovuto essere l’ambizioso progetto della Costa Saracena, se solo non lo avessero scambiato per un bancomat da utilizzare a turno…

Va inoltre istituito un circuito privilegiato che operi un serio controllo sulla rispondenza degli immobili a determinati standard qualitativi.

Affittare a tuguri nei mesi estivi, come se si trattasse di pied-à-terre, sui tetti di Parigi, non giova all’immagine del paese.

La verità è che ai nostri Comuni servirebbero sindaci capaci di fare singolarmente un passo indietro, allo scopo di farne, insieme, dieci avanti; sarebbe inoltre il caso di affidarsi a professionisti del settore; l’improvvisazione, in questo settore, non è ammessa.

Quali sarebbero secondo te i motivi che potrebbero indurre la gente a votare Irene Ricciardello e quali invece quelli che potrebbero indurre a votare Pippo Laccoto? E un motivo per non votarli entrambi?

Ho un buon rapporto personale con entrambi, come con i passati amministratori.

Vedo che insisti sui nomi.

Io tendo invece a dare molta centralità alle squadre e al progetto.

Il più grosso errore che è sempre stato fatto da tutte le amministrazioni, è stato quello di stabilire i ruoli in base al numero di voti presi dai singoli candidati; come se ad un assessore non fossero richieste delle specifiche competenze.

Senza questa condizione essenziale non c’è sindaco che possa fare bene e non c’è progetto che possa essere portato a termine.

E’ per questo che il consiglio che mi sento di dare da cittadino, non solo a Irene e al professore Laccoto,  ma a qualunque altro aspirante sindaco, è quello di costruire squadre all’altezza degli obiettivi che intendono perseguire, restituendo valore ai “volti” prima ancora che ai “voti”.

Secondo te perché a Brolo molti giovani si sono disaffezionati alla politica?

Scusami, a cosa dovrebbero affezionarsi?

Abbiamo fatto credere loro che la politica sia misurare i rapporti di forza, insultarsi, denigrarsi, offendersi vicendevolmente, occuparsi di tombini, dimenarsi istericamente tra le dinamiche oscene del potere.

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Cominciamo a raccontargli una storia diversa, cominciamo a dirgli che la politica è guardarsi allo specchio, sentire addosso le ferite di un’intera comunità, vedere la bellezza e preservarla, abbattere i muri, parlare di futuro, di accoglienza, rendere un terreno fertile.

La politica è seminare.

Raccontiamogli che la politica è vincere, ma che deve essere la vittoria di tutti, anche di chi non ha mai vinto, di chi è in difficoltà, di chi ha paura, di chi vuole continuare a credere che esistano valide ragioni per non lasciare questa terra.

Proviamo a raccontar loro questa storia.

Perché quando parli dei giovani è come se te ne tirassi fuori? Infondo hai soltanto 35 anni…

La mia generazione è stata tradita, umiliata, offesa.

Faccio parte di quella porzione di capitale umano che qualcuno ha definito “a futuro zero”.

Conosco gente davvero brillante che a questa terra potrebbe dare un contributo di altissimo valore; professionisti che avremmo dovuto tenerci stretti, ma che una politica del nulla ha deciso di esiliare.

Mi riferisco agli operatori del settore turistico, agli archeologi, agli artisti, ai tanti attori della new economy.

Quando invece parlo dei “giovani” mi riferisco alla generazione successiva alla mia che, se vogliamo, è ancora più fragile, tant’è che stanno tutti andando via.

E’ duro dirlo, ma siamo noi che abbiamo il dovere di occuparci loro.

Non possiamo immaginare che a farlo sia la stessa politica che ha ipotecato le nostre vite.

Non dobbiamo permettere che accada anche a loro.

Il loro domani è anche il nostro.   

 

Gioco dalla torre. Dovendo scegliere, dall’attuale giunta, dei compagni di viaggio politici, chi butteresti giù dalla torre? Stesso discorso per l’opposizione.. chi non vorresti in un’ipotetica giunta con te. E ovviamente nel primo e nel secondo caso spiegaci perché, e qui è semplicemente un giudizio politico e non umano.

Quanta gente su questa torre… guarda …credo proprio che alla fine mi butterei giù io.

Si parla del bisogno di pace sociale a Brolo. Tu cosa faresti per attuarla?

La pace sociale è qualcosa che ha a che fare con quella Gramsci chiamava “connessione sentimentale”.

Attiene alla capacità che abbiamo di dialogare insieme, di dirci cosa siamo e cosa vogliamo diventare, non si ottiene con una delibera di giunta.

Basterebbe rimettere al centro di un percorso condiviso quel modello di “paese ideale” del quale abbiam parlato poco fa.

La Politica è nobile quando si mobilita per qualcosa, non contro qualcuno.

Dissesto, conti taroccati, la questione dei mutui… tu ci hai capito qualche cosa?

E’ una matassa piuttosto complessa da dipanare, soprattutto per un semplice cittadino.

In questa fase ciascuno può fare delle valutazioni politiche personali che però, nel merito, nulla aggiungono alla vicenda.

Per il resto c’è un processo in corso.

Ritengo sia da persone civili attenderne l’esito.

Credo che occorra molta cautela e che sia inopportuno, da entrambe le parti, lanciare sentenze affrettate.

Le tifoserie non servono a nessuno.

 

Cosa manca a Brolo per renderlo un paese partecipativo?

Occorre una nuova etica argomentativa che diventi motore di relazioni personali e generatore di responsabilità.

Una sorta crowdsourcing applicato alla politica, in grado di mobilitare intelligenze collettive attorno ad un progetto condiviso.

Serve una nuova idea di cittadinanza, ma servono anche gli spazi per esercitarla.

Vi siete mai accordi che Brolo non ha una piazza?

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Per i Greci sarebbe stato impensabile immaginare uno spazio urbano senza l’agorà.

Rozze dinamiche ci hanno portato, nel tempo, a dimenticarci persino da dove veniamo, così abbiamo trasformato le nostre piazze in parcheggi.

Non è tanto una questione di spazio fisico, sono metri quadrati di confronto dei quali dobbiamo riappropriarci.

Spinti dall’urgenza di reperire delle stanze, abbiamo messo dentro i locali dell’ex stazione FS la protezione civile ed i vigili urbani.

Come se questo non bastasse, ci siamo spinti oltre: abbiamo trasformato l’adiacente scalo merci in un centro di conferimento per i rifiuti. Queste follie posso comprenderle dentro una logica di provvisorietà, ma trovo incredibile il fatto che ancora oggi (per altro facendo trapelare una certa soddisfazione) le si continui propinare come brillanti soluzioni definitive delle quali andare orgogliosi.

Quegli spazi vanno restituiti alla collettività, all’arte, alla sperimentazione, alla contaminazione, ai giovani.

Devono essere spazi pulsanti. Devono parlare di futuro.

Consiglia un libro e una canzone al prossimo sindaco di Brolo.

Sicuramente “le città invisibili” di Italo Calvino.

Si tratta di un libro che offre nuovi spunti all’immaginazione ogni volta che lo si rilegge.

E poi “Ha perso la città”, un pezzo tratto dall’ultimo album di Niccolò Fabi.

 

 

 

Prima di salutarci… scusa ma tu quale sindaco candideresti?

Ancora non te l’ho chiesto. Chi sarebbe il tuo sindaco ideale?  

Il mio sindaco ideale sicuramente è già nato, avrà una quindicina d’anni.

Un ragazzino curioso del mondo, dotato di occhi nuovi, per non perdere l’orizzonte.

Mi piace immaginarlo mentre cammina e si guarda intorno.

Se abbasso lo sguardo, mi pare quasi di vederlo, fermo lì, con le isole Eolie sullo sfondo, mentre si domanda come sia possibile che qualcuno abbia potuto concepire una seduta che da le spalle al mare.

 

Che dirti… grazie. Alla prossima

 

 

da leggere

17 Febbraio 2019

Autore:

redazione


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