Riflessioni tra politica e covid guardando su vari fronti e “leggendo le carte” tra Barcellona e Milazzo
In tempi di covid, non del tutto idonei a favorire la politica, quale momento di partecipazione, di mobilitazione ed aggregazione, certamente si assiste ad una trasformazione radicale della coscienza civica.
Una nuova energia cerca di realizzare nuovi desideri e rendere praticabili idee intese come occasioni per assegnare nuove direzioni di marcia ad una società, in cui i corpi intermedi (come i partiti politici) appaiono appiattiti su posizioni non sempre aderenti ai bisogni dei cittadini, assumendo le vesti di una piccola casta, che in ambito locale e nelle competizioni elettorali amministrative, forniscono una sorta di non-luogo per quanti, randagi, trasformisti e girovaghi, cercano di trovare un posto al sole.
Vi è un materiale umano che si ripropone per l’ennesima elezione in cui (anche a Barcellona P.G. e Milazzo) si misureranno centinaia di candidati senza un progetto, senza una professione e senza un’idea pur di raccogliere un consenso fondato su una sorta di presunta e pretesa credibilità su professionalità malcerte ed impegni più millantati, che vissuti.
In questo quadro la politica, anche in ambito locale, sta mutando.
Se esiste un gran numero di dilettanti allo sbaraglio, tuttavia vi sono leader, seppur in ambito locale, che si stanno muovendo in direzione di una necessaria discontinuità.
Così c’è chi si candiderà, e potrebbe succedere anche a Barcellona P.G, per l’elezione al consiglio comunale, mettendosi in gioco e nel contempo, con autorevole presenza, togliendo acqua e consensi a quanti nelle sue liste vogliono ancora una volta, dopo lo sfacelo perpetrato ai danni della città negli anni passati, riproporsi senza aver ottenuto alcun risultato ovvero dopo essersi dimostrati con l’esperienza vissuta non all’altezza del compito ricevuto.
Tale mossa è coraggiosa perché ipoteticamente potrebbe condurre ad un radicale cambiamento nella compagine eletta, provando a significare che in politica il trasformismo, occasionale e furbo, non sempre paga, laddove manca la qualità e vive di improvvisazione.
Uno scenario dove si sta procedendo ad una sorta di selezione naturale, ad una decisiva occasione per mettere di canto un personale sprovveduto e incompetente.
Di questi tempi quando la politica si limita a perseguire e fornire la speranza di una fonte di sostentamento, senza che vi sia una visione di soluzione alle presenti criticità e/o di sviluppo in prospettiva di una inevitabile ricostruzione del tessuto cittadino, si rischia una forma di desertificazione, giacché non ci si dimostra capaci di coltivare nuovi giacimenti, da cui trarre circolazione di investimenti, materiali ed immateriali.
Insomma in questo festival, che sembra essere senza voci nuove e soprattutto pronto a riproporre, nei vari paese, i melodici motivi di sempre, le declinazioni trasformistiche sembrano poco favorite ed in questo contesto di disperazione diffusa e c’è chi tenta l’unica strada possibile ovvero fagocitare ed eliminare chi della città – se si parla di Barcellona P.G. – ha fatto carne da macello, dilapidando risorse pubbliche, come i 450 mila euro destinati alla messa in sicurezza del lungomare, non riuscendo a risolvere alcunché.
Di contro questo devitalizzato trasformismo riporta in luce non più una destra e una sinistra, ma un mondo in via di dissoluzione con la riproposizione, se non di Cesare, di sua moglie, ritenuta sempre e comunque illibata, per mascherare i volubili passaggi da destra a sinistra e viceversa.
Un bel dilemma, alla fine, per gli elettori che dovranno pur scegliere chi votare.
A Barcellona, senza levar nulla a nessuno, ottimo il lavoro che l’onorevole Tommaso Calderone stà portando avanti, mettendoci la faccia… ma darà i suoi frutti?