Categories: Cronaca Regionale

Anche l’ultima lampara in Puglia si spegne

di Sebastiano Abbrescia e Stefania Castellano

Esistono storie ed esperienze personali che meritano di essere raccontate per trarne quel significato che diventa coscienza comune. Specie quando il racconto di comune ha come protagonista quella gente  che vive le difficoltà di una evoluzione sociale difficile da comprendere ed esporre con le parole, ma facile da provare sulla pelle. Queste persone vivono la contemporaneità agganciata alle loro tradizioni culturali, disarcionati da una crudele realtà che spezza la vita in due sponde parallele:  gli affetti da una parte, la sopravvivenza alle dure regole che gli uomini hanno posto nella vita di ogni singolo dall’altra. Le regole vengono chiamate “economia di mercato”: in esse soggiacciono le sorti di tante famiglie che avvertono il disagio nonché l’abbandono delle istituzioni. Queste persone sono vittime di un mostro chiamato “globalizzazione”. Globalizzazione che è figlia della logica del profitto, un profitto senza regole che diventa predoneria  di mercato  spazzando l’economia di quel debole tessuto locale.
Scriveremo di pesca e globalizzazione; racconteremo un’esperienza singolare; narreremo di una storia con l’intento di far comprendere, per quanto possibile, gli effetti di questa moderna competizione dei mercati sull’economia locale.
Abbiamo deciso di salire a bordo di un peschereccio che pratica la piccola pesca per raccontarvi una storia dei nostri tempi. Vi chiederete: cosa c’entra la pesca con Casamassima, un paese a vocazione agricola?  E’ proprio questo il punto di attenzione: vogliamo evidenziare come la crisi del comparto agricolo ha lo stesso comune denominatore di tutte le altre attività produttive interlacciate alla piccola e micro impresa, quelle attività produttive che non godono dei finanziamenti europei e che non reggono più al mercato dei prezzi all’ingrosso.  Si sente parlare spesso di soluzioni per sollevare questi comparti produttivi, ultima per esempio, la proposta di destinare ai giovani  i terreni del demanio a scopi agricoli. Soluzioni che  non affrontano il problema vero e che saranno fallimentari se non si crea e incentiva una nuova filiera di commercializzazione al dettaglio dei prodotti tipici locali, in alternativa alla logica del mercato all’ingrosso che detta i prezzi, tanto da rendere talune volte improduttiva la raccolta dei prodotti che si preferisce lasciar marcire sulla pianta. 
Ma torniamo alla nostra esperienza che ci ha reso non solo più coscienti delle difficoltà del comparto produttivo, ma che ci ha regalato anche delle emozioni suggestive e indimenticabili. 
Sono le ore 19.00 del 10 agosto 2009, siamo in contatto telefonico con Enzo,  comandante di lungo corso del peschereccio Laura1° della marineria di Molfetta in stanza a Giovinazzo.
Le previsioni meteo non sono delle migliori ma si decide comunque di prendere il mare. Il sole è ormai tramontato, nel cielo nuvole ballerine si rincorrono spinte dal vento estivo, le prime luci della sera si riflettono su uno specchio d’acqua incorniciato dalle mura del porticciolo di Giovinazzo.
Raggiungiamo l’equipaggio, pronto a prendere il largo dopo le operazioni di routine: lo stipaggio del ghiaccio, il rifornimento di carburante delle sette imbarcazioni più piccole dotate di lampare. Di queste barchette, tre vanno a posizionarsi in uno specchio d’acqua poco fuori dal porticciolo, le altre quattro seguono il peschereccio per disporsi  a circa 4 miglia dalla costa. Il porto, le case, le luci dei lampioni che illuminano il lungomare sono sempre più lontani, mentre il cielo si imbrunisce per  accogliere un’altra notte.
Nel percorso verso il largo conversiamo con il comandante Enzo, media statura, occhi colore del mare:
“ Laura 1° è l’ultimo peschereccio di  questa stazza ancora in attività in Puglia. La piccola pesca con la lampara, meglio definita  “cianciolo” o pesca luminosa con rete a circuizione, è un’attività che si tramanda da generazioni e nel corso degli ultimi anni,  innovazioni tecnologiche garantiscono maggiore affidabilità e sicurezza. Tempo fa le luci delle lampare erano alimentate col gas o col petrolio, oggi le imbarcazioni sono dotate di motori che fungono anche da alternatori di energia elettrica”.
Mani al timone manovrato con cura e decisione, le sue parole si imprimono di amarezza: “ Negli anni ‘70 -‘80 si contavano in Puglia una trentina di pescherecci dediti alla piccola pesca con la lampara; oggi  questo tipo di pesca rende pochissimo e il rischio di non ricavare le spese sostenute, legato anche alla diminuzione del pescato, diventa sempre più concreto”.  Con lo sguardo vigile scruta il mare da attraversare: “ Un pieno di gasolio, pari a 25-26 quintali, ha un costo medio che oscilla tra i 1.100 – 1.200 euro, pertanto occorre essere parsimoniosi e centellinare le uscite in mare contemplando la possibilità di avere le condizioni meteo più favorevoli”.
Raggiungiamo la posta di pesca a circa 4 miglia marine dalla costa e a una profondità letta dall’ecoscandaglio di 42 piedi. “Questa sera le condizioni del mare sono avverse, le  forti correnti sottomarine possono creare problemi alla tenuta della rete”- aggiunge il comandante dalla sua cabina di manovra. Il rumore del motore acceso stride con il silenzio di un mare del colore della notte; poche le stelle in quella oscurità che non distingue più cielo e acqua. Solo la luce delle lampare rende meno inquietante lo scenario.
Le quattro piccole imbarcazioni sono già ancorate e le lampare accese, il comandante della Laura 1° perlustra la zona marina. Comincia l’attesa: l’equipaggio ne approfitta per consumare una cena fugace accompagnata da un sorso di birra tenuta fresca tra i sacchi di ghiaccio stipati. Una battuta, il racconto di esperienze vissute scandiscono i minuti, mentre un paio di loro ne approfitta per concedersi al riposo accarezzato da un vento fresco bagnato di sale.
All’orizzonte i bagliori di un temporale minaccioso si fanno sempre più insistenti per rendersi presto conto che non conviene gettare le reti in alto mare. Meno di un’ora in zona: si issano a bordo le ancore delle barche più lontane, le lampare si spengono, si ritorna a terra per accompagnarle nell’ultimo viaggio di quel giorno.
“Il pescato della lampara è costituto prevalentemente da pesce azzurro, quello che viene definito povero, nonostante le proprietà organolettiche eccellenti. Questo tipo di pesce sempre più frequente sulle nostre tavole, non viene allevato, eppure la maggior parte del venduto proviene dall’Atlantico importato dai nostri grossisti”– commenta uno dei pescatori a poppa.
E se l’alto mare non è stato generoso come si sperava, di certo qualcosa regalerà a profondità più basse – è il pensiero che accomuna l’equipaggio a bordo.
Dopo 4 ore infruttuose in mare siamo a 1 miglio dalla costa e raggiungiamo le 3  lampare ancorate. Le condizioni meteo sono favorevoli anche se l’acqua è torbida, condizione non ideale per questo tipo di pesca. Dopo il solito giro di perlustrazione, l’equipaggio si prepara a gettare la rete da disporre in prossimità delle tre piccole lampare. La luce ha attratto il plancton e questo i piccoli pesci, a loro volta esca per i predatori. 
Ognuno indossa gli indumenti per difendersi dall’acqua e dal puzzo della pesca: i colori scuri della notte si animano del giallo, del verde, dell’arancio delle tute che sanno di gomma e plastica. Non si odono ordini né richiami, eppure ogni componente a bordo assume una posizione precisa, occupa uno spazio che è solo suo; ognuno sa quello che deve fare, ciascuno diventa fondamentale per l’altro.
Le operazioni di cala della rete sono coordinate come una piccola catena di montaggio. Il alto a poppa su di un paranco, il verricello salpa rete viene maneggiato con padronanza. È su di esso che la rete fitta e pesante comincia a scorrere. Alle sue estremità grossi anelli di acciaio si lasciano attraversare da una corda spessa e rugosa a delimitare la parte inferiore di quella rete distesa in mare che presto si chiuderà come un sacco per custodire i suoi frutti .
La rete è ormai a fondo, sulle sue estremità i galleggianti sfiorano l’acqua, visibili solo ai riflessi delle lampare ancora accese; qualche pesciolino saltella come zampilli di acqua in una fontana, ancora ignari della fine ormai vicina.
Quella stessa rete pronta a essere issata a bordo: le braccia si fanno forti, le mani ferme e dalla presa sicura; i movimenti precisi ma veloci, mentre il sudore comincia a brillare sui volti contratti per la fatica. La rete affiora sempre più e con essa il pesce imbrigliato: si distinguono già animali di taglio medio-grande ma l’occhio esperto, comprende subito che il pescato è magro e il ricavato irrisorio per compensare almeno le spese.
Un movimento come di ali spiegate in acqua, colpisce la nostra attenzione … un pesce strano, non riconoscibile a prima vista … una manta dalla lunga coda acuminata. Eccezionale trovarla a queste latitudini, il segnale dei tempi … il riscaldamento del globo e le correnti, spingono sempre più spesso nelle rete dei nostri pescatori predatori di origine tropicale.
Ormai la quasi totalità della rete è issata a bordo, impregnata di acqua, lucida come fosse intinta d’olio, pesante di sale e di pesce da recuperare. Alcuni marinai allineati lungo il bordo del peschereccio affacciato sulla rete, provvedono al recupero del pesce in essa contenuto utilizzando robusti retini; altri disposti subito dietro i primi, li svuotano del contenuto in due grandi contenitori neri; gli ultimi gettano del ghiaccio tra uno strato di pesce e l’altro.
Saraghi, lacerti, sgombri, tonnetti affiorano dall’acqua in quantità, senza contare alici e sarde di piccola taglia: i loro corpi sbattono sulla rete, rimbalzano nei retini, si torcono nelle grandi tinozze. Gli ultimi spasimi di vita vengono soffocati dal freddo pungente del ghiaccio che congela i loro movimenti disperati e frenetici.
Schizzi d’acqua bagnano ogni punto del peschereccio, rimbalzano sui corpi degli uomini di mare, mentre sale forte l’odore della salsedine.
La rete è tornata ad adagiarsi a bordo, aggrovigliata e disarmata come un guerriero dopo la battaglia; le lampare hanno assopito i loro bagliori, il motore dell’elica torna a farsi sentire prepotente. Si riparte verso terra. Conclude la battuta di pesca, la selezione del pesce pescato: mani veloci aggrinzite dall’umidità, smistano il pesce secondo la specie o la taglia, in numerose cassette di legno chiaro e plastica.
L’operazione viene conclusa nel porticciolo: ancora a bordo, l’equipaggio riempie le ultime cassette disponibili, mentre un furgonato attende sulla banchina di caricarsi di quel pescato per rivenderlo di buon ora al mercato generale.
Sono le 24.00 di questa meravigliosa notte di San Lorenzo: il paese dorme cullato dalla notte, tra poche ore il sole tornerà a rischiarare il nuovo giorno come solo nelle terre del Sud sa fare.
La meravigliosa avventura è terminata; salutiamo l’equipaggio ringraziandolo per l’ospitalità e l’esperienza vissuta insieme. Nei loro sorrisi ripercorriamo i momenti unici del tempo trascorso in mare.
Vi abbiamo raccontato un’esperienza che ci ha emozionati, che ha reso quella notte unica e indelebile. Vi abbiamo raccontato una storia che avremmo voluto avesse un lieto fine: quanta fatica, quanto sacrificio, quante ore in mare, quanta caparbietà. Eppure tutto questo non basta per salvare questa tradizione marinaresca che pian piano sta scomparendo e di cui presto perderemo le tracce. La Laura I° è in vendita e, a meno che non trovi un acquirente, presto sarà destinata alla rottamazione. Con essa scomparirà quel rapporto di conoscenza e di cultura che ci lega al mare … quelle emozioni che le parole non rendono … quegli odori, quei colori che solo il ricordo può far rivivere.

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