Intervista di Giulia Quaranta Provenzano
Oggi la blogger Giulia Quaranta Provenzano ci propone la chiacchierata con lo street artist torinese Andrea Villa, le cui creazioni – citando
Buongiorno! Vorrei domandarle subito quando, con quale intenzione/progettualità e soprattutto mosso da quale motore interiore si è addentrato nel mondo dell’arte e della scrittura – tanto da essere già stato nominato, da @forbes, uno degli street artist più influenti ed essere un opinionista su @la_stampa TorinoSette. “Buongiorno Giulia! Mi sono addentrato nel mondo dell’arte e della scrittura perché volevo creare un progetto che analizzasse il mondo mediatico e dei social media, una forma di street art legata al digitale e non al reale. Il mio scopo era di poter dare una voce opposta a quella dei media classici e provare, tramite i miei lavori, a capire il funzionamento del mondo della comunicazione”.
Da piccolo di cosa immaginava d’occuparsi una volta divenuto adulto e che bambino è stato? Inoltre quale colore e quale canzone assocerebbe ai periodi più significativi della sua vita sinora? “Da bambino, volevo fare il pubblicitario. Il colore che associo ai periodi più significativi della mia vita sinora è il blu (come la luce degli schermi), mentre la canzone è <<White Rabbit>> dei Jefferson Airplane”.
Cosa rappresenta, per lei, la Bellezza e cosa l’Arte e quale ritiene esserne il pregio? “La bellezza è riuscire a ragionare e a sorprendersi guardando un’opera d’arte”.
Se la beltà fosse una ricetta, quali ne sarebbero gli imprescindibili ingredienti alla base e quali quelli che rispondono maggiormente al suo gusto – crede ossia che esista il Bello universale, oppure non v’è possibilità d’oggettivare la bellezza? “La bellezza è soggettiva, non ha canoni e infatti questi cambiano in continuazione”.
Pensando l’arte come realizzazione fisica di un pensiero o/e di un’emozione o di un sentimento, quanto amor proprio e quanta generosità vi è nell’espressione del proprio mondo interiore, nella volontà e nel bisogno di concretizzare in qualche modo una personale rappresentazione della realtà percepita e filtrata con occhi assertivi o interroganti (occhi che fanno da finestre sul mondo)?
Secondo la sua sensibilità, nel caso in cui ritenga che siano aspetti discernibili, si sente più affine alle opere che hanno a che fare con l’intimistico “auto centrico”/autobiografico o maggiormente con il sociale-politico? “Mi sento affine con le opere vertenti sul sociale-politico, tant’è che non vi è alcunché di personale nei miei lavori”.
Quale ruolo le pare che giochi e quale le piacerebbe avesse l’immagine visiva nella quotidianità e nel veicolare significati emozionali, d’impegno verso un qual certo “quid”, psicologici a riguardo di sé e di coloro con i quali ci si interfaccia?
Quali le sembra che siano oggi gli stereotipi estetici, esteriori, e gli atteggiamenti comunemente più radicati e perché in taluni individui c’è una sorta di ossessione di identificare il genere con il sesso di nascita (come se il nascere maschio o femmina implicasse l’imprescindibilità di alcuni comportamenti e determinasse l’insindacabilità di alcune preferenze piuttosto di altre)? “Ognuno di noi dovrebbe e deve poter fare quello che vuole, odio quando le persone danno [e appiccicano alle altre] delle etichette”.
C’è qualcuno al quale guarda con particolare stima e con cui sarebbe lieto di collaborare? “Io lavoro bene da solo. L’avere stima di qualcuno e piacere a collaborarci dipende poi sempre, comunque, da cosa dice tale persona e da quale è la sua mentalità”.
C’è chi sostiene che la capacità di creare e agire in base ai tempi e ai luoghi sia necessario – anche e non di meno per un artista – al fine di fare del personale estro una professione, ma che ciò non si tratti di forzare se stessi… bensì di cogliere il cosiddetto “Zeitgeist”: lei è d’accordo o no? E qualora <<lo spirito culturale che informa una determinata epoca>> non sia conforme alla propria persona, alla propria interiorità e al proprio intelletto, rispondere alle esigenze della contemporaneità come lo vede? “Non so rispondere a questa domanda”.
Il nascere e dove nascere è qualcosa che non decidiamo in prima persona, ma l’iter e l’equipaggiamento temperamentale e caratteriale nel percorrere la quotidianità sono in qualche modo determinati da cosa? Nel suo vivere ipotizza cioè che centri il “destino” – ed eventualmente cos’è il destino – o è dell’idea che l’essere umano sia il solo, totalmente, artefice della propria sorte? “Penso che si sia sempre artefici del proprio destino e che vi sia anche una dose di rischio che può riflettersi sul proprio operato”.
I ricordi, la pianificazione e la progettualità, la sperimentazione e l’osare, l’istinto e la ragione quanto sono fondamentali o meno nel suo vivere quotidiano e per la sua professione, per il suo estro? “Calcolo sempre tutto, non di meno poi vi è una certa percentuale di rischio – non ogni aspetto e non ogni cosa è controllabile”.
Benché io non voglia indurla ad alcuna categorizzazione riduttiva e ingabbiante, dal suo punto di vista cos’è l’Amore – sia esso amor proprio, per altre persone, per situazioni, luoghi, attività – ed è del parere che “Chi si somiglia si piglia (e si tiene)” oppure che “Gli opposti si attraggono (e non si lasciano)” persino artisticamente parlando, professionalmente e nelle relazioni amicali? “Non tratto il tema dell’amore nei miei lavori…”.
Infine, a proposito di talent e di social [clicca qui https://instagram.com/andrealvilla?igshid=YmMyMTA2M2Y= per accedere al profilo Instagram di Andrea Villa], qual è il suo pensiero al riguardo e con quale finalità si approccia e utilizza i secondi? “I talent e i social li studio in maniera acritica, osservo cosa succede su di essi: sono lo specchio delle mie azioni”.
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