Nino Armenio, l’editore di Brolo che ha curato la stampa del libro di Luciano Armeli Iapichino, ieri, con un pò di emozione, tenendo in mano il volume, fresco di stampa, ha comunicato che, finalmente, sabato, sarà disponibile in libreria il libro che parla, ricorda, accende i riflettori dell’attenzione, chiede giustizia sul caso di Attilio Manca, l’urologo barcellonese “suicidato” dalla mafia a Viterbo.
La scelta di distribuire, subito, quasi un’anteprima editoriale, il libro, proprio a Barcellona non è casuale.
Attilio Manca era di Barcellona, qui aveva vissuto, condividendo amicizie e interessi, qui si sono concentrate le indagini sulla sua morte, da qui potrebbe essere partita la mano assassina.. e qui abita ancora la sua famiglia.
E da qui partità la distribuzione del libro, ovviamente atteso da tanti anche per i suoi contenuti, gli stralci dei verbali, le tesi sviluppate sulla sua morte, i riflessori puntati sui depistaggi, sui ritardi, sugli omertosi silenzi, su pericolo che tutto si archivi senza un colpevole, senza una verità… nulla è a caso.
Ma aggiunge Nino Armenio, “domani insieme all’autore, Luciano Armeli Iapichino, andremo direttamente a casa dei Manca a consegnare la prima copia del libro “Le vene violate” alla famiglia, un gesto umano e doveroso”.
Il libro – le prefazioni sono curate da Sonia Alfano e Nichi Vendola; l’editing è Ornella Fanzone che ha curato anche la copertina , verrà presentato alla stampa ed agli addetti ai lavori nei prossimi giorni, mentre già anunciate le presentazioni editoriali a Brolo, nella sala multimediale, nelle librerie di Catania, Viterbo, Palermo e ovviamente anche a Barcellona.
“Abbiamo ricevuto altre richieste da parte di librerie e centri sociali, dice Nino Armenio, stiamo studiando un calendario degli eventi, ma – anticipa – spediremo subito il libro a Giorgio Napolitano, il Presidente della Repubblica, a Magistrati e Ministri, perchè tutti rammentino, sappiano, agiscano affinchè il caso sia giustamente attenzionato, non dimenticato, perchè è necessario che la verità emerga”.
Tornando all’opera editoriale
A scriverla è stato Luciano Armeli Iapichino, le prefazioni sono di Niki Vendola e Sonia Alfano, ed è edito da “Armenio Editore” di Brolo.
248 pagine in una perfetta alchimia tra romanzo e inchiesta giornalistica ben dosata dall’autore, Armeli Iapichino Luciano, classe 1975, nato a Galati Mamertino (sui nebrodi) dove vive e insegna e che ha voluto scrivere, con coraggio, su questo tragico momento di vita siciliana, artatamente dimenticato da tanti, quasi una morte di serie B.
Ed è emblematico il sottotitolo al volume “dialogo con l’urologo siciliano, Attilio Manca, ucciso non solo dalla mafia”.
Armeli ha precedentemente pubblicato, Il Tiranno e l’Ignoranza – nel 2009 -. Opera che ha vinto il Premio Internazionale Letterario ed Artistico Elio Vittorini.
Brani estrapolati da “Le vene violate” di Luciano Armeli.
Attilio Manca: […] “Se la tua indole relazionale e sentimentale si è mossa sui terreni della precarietà e della sofferenza, il tuo genio, seguendo altri itinerari, è esploso in tutta la sua potenza come il bruco che, seguendo le ferree leggi di natura, si tramuta in farfalla. Una farfalla che ha volato dai prati di Roma a quelli parigini e statunitensi per affiancarsi poi alle aquile della scienza medica internazionale.
Attilio, luminare tra i luminari: questa la degna qualifica per te, giovane urologo, dopo il brillante curriculum; e questo il flagello della tua parabola esistenziale”.
[…] “Il vento, sorretto da barbara minaccia e da rintocco funereo di campane, ha avanzato una richiesta: ha chiesto soccorso. Ha preteso soccorso! L’urologo, il giovane luminare d’Italia, ha dovuto prestare soccorso.
Per eventuali prenotazioni rivolgersi all’editore. www.armenioeditore.it
Comunicato Stampa a cura di Massimo Scaffidi
La morte di Attilio Manca dal sito www.attiliomanca.it
Attilio Manca venne ritrovato cadavere il 12 febbraio 2004, verso le ore 11.
Il suo corpo era riverso trasversalmente sul piumone del letto (il letto era intatto ed in ordine, come se non fosse andato a dormire), seminudo. Dal naso e dalla bocca era fuoriuscita un’ingente quantità di sangue, che aveva finito per provocare una pozzanghera sul pavimento.
Dalle fotografie effettuate si ricavano i seguenti elementi: il volto di Attilio presentava una vistosa deviazione del setto nasale; sui suoi arti erano visibili macchie ematiche; l’appartamento era in perfetto ordine; nella stanza da letto si trovava ripiegato su una sedia il suo pantalone, mentre inspiegabilmente non furono rinvenuti i boxer né la camicia; altrettanto inspiegabilmente sullo scrittoio erano poggiati suoi attrezzi chirurgici (ago con filo inserito; pinze, forbici), che egli mai aveva tenuto a casa; sul pavimento, all’ingresso del bagno, si trovava una siringa da insulina, evidentemente usata, cui era stato riposizionato il tappo salva-ago; in cucina non v’era traccia di cibo, consumato o residuato; sempre in cucina, nella pattumiera si trovavano, tra l’altro, un’altra siringa da insulina, evidentemente usata, cui erano stati riapposti il tappo salva-ago ed anche quello proteggi-stantuffo, e due flaconi di Tranquirit (un sedativo), uno dei quali era completamente vuoto mentre l’altro solo a metà. Il medico del 118, alle ore 11,45, effettuando l’accertamento del decesso, attestava che Attilio Manca era morto circa dodici ore prima, quindi a cavallo della mezzanotte fra l’11 ed il 12 febbraio 2004.
Veniva disposta immediatamente l’autopsia, che veniva affidata alla dr.ssa Ranalletta, medico legale, curiosamente moglie del prof. Rizzotto, primario del reparto di urologia dell’ospedale Belcolle di Viterbo, nel quale prestava servizio Attilio. Al momento dell’incarico alla dr.ssa Ranalletta, peraltro, il marito era già stato sentito come testimone dalla polizia.
La relazione autoptica, pur lacunosissima (tanto che in seguito il Gip si è trovato costretto a ordinarne un’integrazione), e quella tossicologica attestano che: nel sangue e nelle urine di Attilio Manca erano presenti tracce di un rilevante quantitativo del principio attivo contenuto nell’eroina, di un consistente quantitativo di Diazepam, principio attivo contenuto nel sedativo Tranquirit, e di non ingente sostanza alcoolica; la causa della morte di Attilio Manca va ricondotta all’effetto di quelle tre sostanze, che provocarono l’arresto cardio-circolatorio e l’edema polmonare; sul corpo di Attilio Manca erano visibili, al braccio sinistro, due segni di iniezioni (corrispondenti quindi alle due siringhe ritrovate), una al polso ed una all’avambraccio; su tutto il resto del corpo non era visibile traccia alcuna di iniezioni, recenti o datate. Attilio Manca era un mancino puro e compiva ogni atto con la mano sinistra.
Tutti coloro che lo hanno conosciuto sanno che aveva scarsissima praticità con la mano destra. Tutti i suoi colleghi e amici frequentati nell’ultimo anno di vita, sentiti come testimoni nell’immediatezza, dichiaravano che era da escludersi che Attilio assumesse sostanze stupefacenti e che avesse ragioni per suicidarsi. Veniva anche accertato che, a partire dalle ore 20 circa del 10 febbraio, Attilio non aveva più avuto contatti, telefonici o di presenza, con amici e colleghi. La sera del 10 febbraio aveva deciso di non partecipare, contrariamente al solito, ad una cena fra colleghi.
Nei giorni precedenti aveva chiesto e ottenuto un appuntamento per la sera dell’11 febbraio a Roma con il prof. Ronzoni, primario di urologia al policlinico Gemelli, reparto nel quale Attilio si era specializzato e aveva lavorato per anni.
Inspiegabilmente e senza alcuna comunicazione preventiva, Attilio Manca non si presentò a quell’appuntamento.
Rimane anche un mistero, che la Procura e la Squadra mobile di Viterbo non hanno fatto nulla per sciogliere, che cosa abbia fatto e dove sia stato Attilio Manca fra la sera del 10 febbraio e il momento della sua morte, avvenuta, come si è detto, nella notte fra l’11 ed il 12 febbraio 2004. Un dato certo, però, proviene dalla testimonianza del vicino di casa, il quale, sentito lo stesso 12 febbraio, dichiarò che la sera prima, verso le 22,15 dell’11 febbraio 2004, aveva sentito il rumore della porta di casa di Attilio che veniva chiusa.
Questo dato attesta che in quel momento Attilio tornava a casa o, viceversa, che qualcuno, ancora oggi non individuato, usciva da casa sua, in un’ora molto vicina alla morte di Attilio. Nell’abitazione di Attilio a Viterbo vennero fatti gli accertamenti dattiloscopici dalla polizia scientifica. Vennero rinvenute impronte palmari e digitali in un certo numero: non tutte, però, appartenevano ad Attilio. Alcune, quindi, erano state apposte da persona o persone diverse.
Alcuni mesi dopo, dalle comparazioni effettuate dal gabinetto centrale della polizia scientifica, risultò che il titolare di una delle impronte era il cugino di Attilio, Ugo Manca.
Venne allora sentito dalla polizia Ugo Manca, pregiudicato per detenzione abusiva di arma e condannato in 1° grado per traffico di droga, oltre che frequentatore di molti personaggi di interesse investigativo [….].
Ugo Manca riferì alla polizia che quella impronta poteva averla lasciata nell’unica occasione in cui, a suo dire, era stato ospite del cugino, il 15 dicembre 2003, allorché si era recato a Viterbo, dove il giorno successivo venne ricoverato all’ospedale Belcolle ed operato proprio da Attilio, per un intervento in verità banale.
Sennonché i genitori di Attilio Manca hanno riferito alla polizia come fra il 23 ed il 24 dicembre 2003 essi alloggiarono a Viterbo a casa di Attilio e come in quei giorni la signora, come ogni madre premurosa di un figlio che vive fuori sede da solo, aveva provveduto ad un’approfondita pulitura della casa, ivi compreso l’ambiente nel quale era stata ritrovata l’impronta di Ugo Manca.
Tale evenienza contrasta con la tesi di Ugo Manca. Una decina di giorni prima di morire, Attilio, parlando con i suoi genitori, chiese loro notizie di un tale Angelo Porcino.
Disse loro che era stato contattato telefonicamente dal cugino Ugo Manca e che questi gli aveva preannunciato che Porcino sarebbe andato a trovarlo a Viterbo perché aveva bisogno di un consulto.
Contemporaneamente, in effetti, Ugo Manca disse a una terza persona, che di lì a poco sarebbe andato a Viterbo a trovare Attilio.
Nessun accertamento è stato fatto dalla Procura e dalla Squadra mobile di Viterbo circa l’eventuale presenza di Porcino a Viterbo nei giorni precedenti la morte di Attilio.
Né è mai stato verificato quale fosse la ragione che indusse Ugo Manca, giunto nella mattina del 13 febbraio 2004 a Viterbo, a tentare di entrare nell’appartamento di Attilio ed a presentarsi in Procura per sollecitare il dissequestro dell’immobile ed il pronto rilascio della salma di Attilio.
Comportamenti, peraltro, contraddittori con il distacco assoluto che, a partire dal 15 febbraio 2004, Ugo Manca riservò ai genitori di Attilio, ben prima che essi iniziassero a manifestare dubbi sull’uccisione del figlio.
Altro accertamento finora mancante è quello relativo ad un viaggio effettuato da Attilio Manca nell’autunno del 2003 nel sud della Francia, asseritamente per assistere ad un intervento chirurgico, come egli disse ai suoi genitori.
Nel 2005 nell’inchiesta che porta alla maxi operazione antimafia denominata “Grande Mandamento” emerge che Bernardo Provenzano è stato a Marsiglia: una prima volta dal 7 al 10 luglio 2003 per sottoporsi a radiografie e ad esami di laboratorio e in un secondo momento proprio nel mese di ottobre dello stesso anno per subire l’operazione alla prostata.
Ed ecco che al mistero sulla morte di Attilio Manca si aggiunge questo inquietante tassello legato a questa strana “coincidenza”. Comincia la battaglia giudiziaria della famiglia Manca che non accetta minimamente l’idea che la morte di Attilio finisca archiviata come suicidio.
Angelina e Gino Manca si affidano all’avvocato Fabio Repici, un penalista molto noto in Sicilia, legale di diversi familiari di vittime di mafia, difensore tra l’altro nel processo per l’omicidio di Graziella Campagna, così come per quello di Beppe Alfano.
Attraverso una meticolosissima ricerca e un’infaticabile attività investigativa, l’avv. Repici ricostruisce pezzo per pezzo la strana morte del dott. Manca riuscendo così ad evitare l’archiviazione del caso come suicidio.
Il 18 ottobre 2006 il Gip del tribunale di Viterbo, Gaetano Mautone, riapre il fascicolo sulla morte di Attilio Manca. Il Gip accoglie il ricorso con il quale la famiglia di Attilio si è opposta per la seconda volta alla richiesta di archiviazione del caso avanzata dalla procura della Repubblica di Viterbo, secondo la quale il giovane si sarebbe suicidato.
Il Gip di Viterbo dà mandato al pm di far eseguire, entro tre mesi, l’esame del Dna su alcuni mozziconi di sigarette e sugli strumenti chirurgici (un bisturi, un paio di forbici, un ago e del filo di sutura) trovati su un tavolo nell’abitazione di Attilio Manca.
In particolare il Gip dispone che il Dna venga confrontato con quello di Angelo Porcino.
Il 9 marzo 2007 la procura della Repubblica di Viterbo emette dieci avvisi di garanzia nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Attilio Manca. Gli avvisi di garanzia sono finalizzati a mettere a confronto il Dna di tutte le persone che hanno frequentato la casa di Attilio con quello rilevato su un mozzicone di sigaretta e sugli strumenti chirurgici (un bisturi, un paio di forbici, un ago e del filo di sutura) trovati nell’appartamento di Attilio.
Nell’ambito degli accertamenti sulla morte del medico, uno degli avvisi di garanzia emessi dalla procura di Viterbo viene notificato ad Angelo Porcino, già in carcere con l’accusa di tentata estorsione con l’aggravante mafiosa. Tra gli indagati c’è anche il cugino di Attilio Manca, Ugo Manca.
Il 17 marzo 2007 viene disposto lo svolgimento di un incidente probatorio, per accertamenti relativi al Dna dei dieci indagati. Su richiesta del Pm il Gip di Viterbo stabilisce che il Dna delle dieci persone raggiunte nei giorni precedenti da avviso di garanzia per i reati di morte o lesioni come conseguenza di altro delitto e omicidio colposo, venga comparato con quello rilevabile sia nelle cicche di sigaretta sequestrate nell’abitazione di Attilio che sugli strumenti chirurgici trovati nella sua camera da letto, al fine di risalire alla persona sulla quale siano stati eventualmente utilizzati.
Il giorno 1 luglio 2008 il Gip di Viterbo dispone un ulteriore supplemento d’indagine sulla morte di Attilio Manca.
Il gip Mautone, su richiesta del legale della famiglia Manca, dispone il confronto delle impronte digitali trovate nell’appartamento di via Santa Maria della Grotticella (dove fu trovato il cadavere di Attilio), con quelli di due concittadini del medico, collegati con ambienti mafiosi barcellonesi, che erano a Viterbo quando il medico morì.
Il 14 novembre 2008 si conclude l’incidente probatorio. Davanti al Gip Gaetano Mautone avviene l’audizione del perito che nei giorni precedenti aveva presentato una relazione scritta inerente le impronte digitali rinvenute a casa di Attilio Manca.
La perizia riscontra che 14 delle impronte rilevate sono di Attilio. Una particolarità della perizia riguarda una impronta ritrovata su una piastrella del bagno che corrisponde, con canone di assoluta certezza, ad Ugo Manca, cugino di Attilio.
Un’altra ancora riguarda la presenza di 3 impronte che non appartengono a nessuno degli indagati, ne tanto meno ai familiari del giovane urologo.
In virtù del fatto che nel periodo di Natale del 2003 Angelina, Gino e Luca Manca erano stati ospiti a casa di Attilio e che in quella occasione la signora Angelina aveva provveduto a fare una pulizia a fondo dell’appartamento del figlio, il ritrovamento dell’impronta del cugino di Attilio resta un giallo.
Ugo Manca ha sempre dichiarato di aver fatto visita alla casa di Viterbo del cugino tra il 15 e il 16 dicembre del 2003 e non dopo.
Non si spiega quindi come dopo un’accurata pulizia di tutto l’appartamento eseguita dalla signora Angelina nei giorni di Natale di quello stesso anno sia risultata un’impronta di Ugo Manca proprio nel bagno. Il bagno è di fatto il luogo dove è presente una maggiore umidità che è la causa primaria del deperimento delle impronte, ma ciononostante l’impronta di Ugo Manca è rimasta.
Così come il mistero che ruota attorno a lui.
A conclusione dell’incidente probatorio gli atti sono stati restituiti al Pm, il dott. Renzo Petroselli, che si è riservato le decisioni da assumere.
Nel frattempo resta ancora da sciogliere il nodo delle responsabilità di Bernardo Provenzano nella morte del giovane urologo.
Solamente dopo potremo avere la chiave per comprendere fino in fondo la storia di Attilio Manca.
Lorenzo Baldo