La nota del presidente della Fondazione socialista antimafia «Carmelo Battaglia»
COMUNICATO STAMPA
«Il trentennale della strage di Capaci riveste un particolare significato per noi socialisti democratici e riformisti. Giovanni Falcone è stato un’icona dello Stato democratico e di diritto in lotta contro la mafia, un eroe ispirato da un’etica garantista e attento alla scrupolosa ricerca delle prove.
I colpi da lui inferti alla mafia trovarono un prezioso alleato nella legislazione voluta in quegli anni dai socialisti al governo».
Così Antonio Matasso, docente universitario e presidente della Fondazione socialista antimafia «Carmelo Battaglia», ricorda il giudice Giovanni Falcone.
Matasso sottolinea che fu l’allora ministro della Giustizia, il socialista Claudio Martelli, a decidere di «prendere il migliore di tutti per fare la lotta alla mafia».
Alla collaborazione tra il magistrato ucciso nell’attentato del 23 maggio 1992 e l’allora Guardasigilli del Psi «si deve infatti l’architrave tecnico-giuridico che ha consentito di assestare a Cosa nostra letali battute d’arresto: basti pensare all’istituzione della Direzione nazionale antimafia (Superprocura) e della Dia, intuizioni che furono tanto appoggiate dai dirigenti del Psi e del Psdi, quanto avversate da alcuni settori della stessa magistratura».
L’esponente socialista rivendica «le battaglie antimafia della tradizione del socialismo siciliano», ribadendo l’impegno della Fondazione da lui presieduta a «mantenere in vita i valori di chi ha sacrificato la propria esistenza per il diritto e la giustizia». Matasso non cela «un certo disagio nel vedere colleghi ed ex amici di Falcone, che oltre un trentennio fa lo avversarono e lo accusarono ingiustamente di esser diventato uno strumento dei socialisti, ricordarlo oggi con affettati toni encomiastici, simili a quelli di certi personaggi della destra o dell’estrema sinistra putiniane, che tentano quotidianamente di appropriarsi di icone socialiste, come Salvatore Carnevale, Carmelo Battaglia, Giacomo Matteotti, Bettino Craxi o Giuseppe Saragat.
Un provocatorio saccheggio della memoria che li qualifica come magliari e tombaroli».