Anche la redazione di Scomunicando.it si unisce agli appelli delle associazioni di difesa dei diritti umani e della libertà di informazione che in queste ore si moltiplicano sui social media e sul web in favore della liberazione dei due giornalisti di Vice News e dei due collaboratori della testata fermati in Turchia con l’accusa di essere terroristi.
E lo facciamo facendo nostro l’appello scritto da Roberto Saviano.
Tutta la solidarietà a questi giornalisti che come tanti altri cercano di fare al meglio il proprio mestiere, esercitando il diritto fondamentale di raccontare ciò che accade, sfondando quel muro del silenzio comodo a molti governi anti democratici.
Oggi più che in passato le nostre “democrazie” sono quotidianamente messe a rischio dal tentativo di imbavagliare l’informazione e le minacce alla libertà di stampa non vanno ricercate nella storia dei totalitarismi del secolo scorso, né in luoghi o paesi lontani, ma qui ed ora.
Sto parlando – scrive Saviano – non solo della mia vita, ma di quella di tantissimi colleghi scrittori e giornalisti che ogni giorno subiscono ogni sorta di repressione.
Jake Hanrahan e Philip Pendlebury sono due giornalisti inglesi con un lunghissimo curriculum di inchieste internazionali (bellissimo questo servizio sugli effetti della crisi dell’immigrazione sulla politica inglese).
Quando sono stati fermati giovedì si trovavano a Diyarbakir, in quel sud-est della Turchia a prevalenza curda dove da mesi si sta consumando una vera e propria guerra tra forze governative e oppositori del Pkk, il partito che rappresenta la minoranza curda. Stavano filmando gli ennesimi scontri tra la polizia e i giovani lavoratori aderenti al Pkk.
Quell’area è una zona cruciale di congiunzione e soprattutto di separazione tra Europa e Medio Oriente. Qui si erano concentrati anche i sostenitori del Partito dei Popoli, la rivelazione delle ultime elezioni politiche di primavera, che ha impedito al presidente Erdogan di ottenere la maggioranza assoluta.
In quest’area, al confine con la Siria, a pochi chilometri da Kobane, città simbolo della resistenza all’Isis, si consuma un doloroso tentativo di fermare il sogno di totalitarismo di Erdogan, che vuole riportare il paese alle urne il 1 novembre, non prima di aver messo a tacere tutte le opposizioni. Nei suoi progetti c’è l’istituzione di un canale all news sotto il controllo governativo, che accompagni fin da ora la campagna elettorale con una voce monocorde, quella dei suoi discorsi, dei suoi interventi, della sua politica. Non c’è spazio per il pluralismo.
I due giornalisti inglesi sono stati interrogati ieri.
Arrestati con l’accusa di filmare senza autorizzazione (come se per riprendere degli avvenimenti pubblici fosse necessario ottenere un lasciapassare…), ora sono accusati addirittura di terrorismo, di essere sostenitori dell’autoproclamato Stato Islamico.
Per Amnesty International, che ha diffuso un comunicato su questa vicenda le accuse sono insostenibili, oltraggiose e bizzarre.
Screditare e delegittimare: resta questo il principale mezzo per sbarazzarsi di chi è scomodo al potere.
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