Un nuovo e per certi versi inedito Alessandro Maio, è quello che emerge dalla sua espressione artistica avente come supporto la terracotta.
Giare tipiche siciliane, piatti o il volto allegro del sole, un cesto di frutta e ortaggi e sopratutto la classica rappresentazione della Sicilia con le sembianze mitiche della Trinacria con annessi medusa, frutti e oggetti autoctoni diventano strumenti dove esprimere tutta la propria fantasia creativa, in un momento straordinariamente felice della sua carriera.
Vi si dedica a questo linguaggio espressivo e congeniale per lui, tanto da cominciare una ampia sperimentazione che lo accompagna ormai da qualche anno intrecciandosi indissolubilmente con le sue opere su tela. Talvolta disegna i vortici originali di sua invenzione, utilizzando i risultati dei suoi esperimenti sempre sorprendenti e spesso espressionisti. Esperimenti, questi, in gran parte frutto del suo atteggiamento per nulla convenzionale nei confronti delle forme e delle tecniche della ceramica.
Nelle sue mani, con i suoi pennelli, queste ceramiche vengono trasformate con lo stesso spirito che anima le creazioni ispirate da curiosità insita profondamente nella sua indole o dentro alla sua grande cultura. Sono supporti questi, scoperti per caso, e tra le quali la più sentite dal suo ego c’ è senza dubbio la trinacria appunto.
Di essa si appropria e, la trasforma in opera d’arte, dipingendola utilizzando una nuova varietà di sfumature e tinte, per sottrarla al proprio immaginario originale. In questo modo Maio crea una stupefacente tensione tra il carattere artigianale e commerciale del negozio tipico e l’opera unica, comunicativa universalmente e ospitabile nelle collezioni d’arte private e anche pubbliche.
La rappresentazione grezza della trinacria è costituita da riproduzione di un viso femminile, la medusa,paffuta, ironica e alata e serpenti posti alla base, frutta tipica e oggetti vari a contorno del gruppo scenico, all’esterno le tre gambe, simboli delle tre punte della Sicilia a delimitare i contorni dell’isola.
Ora è con la pittura, che Alessandro Maio riesce a completare la trasformazione dell’opera. In questa creazione, nello specifico, ha usato il grigio per i capelli e le ombre del viso, il nero per il contorno degli occhi, il blu e l’ocra con ancora il grigio per le ali, ai frutti e agli oggetti di contorno ha riservato sfumature varie e un rosso magico come il vermiglio per le gambe, a imprimere luce e calore all’opera e delimitarne le forme. Mistero, denotano le labbra metà rosse e poi di colore anonimo, come a raccontare di un sorriso interrotto a metà, forse un pensiero sospeso. La visione improvvisa dell’opera desta meraviglia, viene da toccarla e tastarne la materia.
E’ veramente sintomatico, come quest’opera mostri l’efficacia espressiva dell’artista, che pure lavorando la terracotta, crea un’armonia tra le caratteristiche opposte della pittura e della scultura. Scultura, infatti, è il supporto sopra descritto. Ora nella ceramica tradizionale la rappresentazione della scena è spesso condizionata dalla forma dell’oggetto, Maio innova questa usanza raffigurando, con esiti via via sempre più sorprendenti e originali una lettura alternativa all’offerta prettamente seriale che l’industria propone.
“La ceramica, dunque, che nei primi momenti poteva sembrare un divertente viatico secondario della sua arte, si trasforma in una strada maestra di scoperta artistica. Di ulteriori ricerche mi parla sempre più spesso, con supporti, dai vari artigiani ceramisti prodotti e da lui condivisi. La creatività di Alessandro si manifesterà attraverso numerosi mezzi espressivi, evoluzione della sua grande ispirazione, freschezza e audacia.
Io penso e più mi convinco, che, dal modesto proposito di imparare a padroneggiare un’antica tradizione, tranquillamente Maio possa contribuire a instillare nuova vita e nuova linfa in un’arte millenaria, quella della terracotta, sino a farla propria. Bravo Alessandro siamo a pag sette di un libro di mille pagine, mai la ricerca dovrà interrompersi, l’arte ne decanta i vari passi e l’artista ne è la mente.
Roberto Santoro
da leggere