L’etimologia della parola resilienza è controversa; vi sono, secondo alcuni, legami tra il significante psicologico del termine e l’atto di risalire su di un imbarcazione capovolta.
L’indicazione dell’atteggiamento di andare avanti senza arrendersi – nonostante le difficoltà – di resistere ad una condizione momentaneamente avversa; un’atto, insomma, che ha nel persistere e nell’abnegazione le caratteristiche principali.
La resilienza è la capacità di leggere gli eventi negativi come momentanei e circoscritti; riuscire a possedere un margine di controllo sulla propria vita motivandosi sino a raggiungere gli obiettivi che ci si era prefissati.
Nel progetto espositivo la resilienza traspare dai vari elementi in mostra, dalle immagini, dai dati della memoria raccolti in interviste.
Un atteggiamento resiliente ha aiutato a superare le condizioni di disagio ed è ora, l’oggetto dell’intero processo.
Il concetto viene fuori dai dispositivi di registrazione dalle tracce del tempo – macchine fotografiche, videocamere, audioregistratori – dalle testimonianze degli spostamenti, dai viaggi, degli attraversamenti, dalla memoria dei cibi consumati.
Una traccia audio, due proiezioni video, una videocamera VHS, sono gli strumenti e i messaggi a cui sono affidate le testimonianze di quegli spostamenti, di quei pericoli oramai scampati. La resilienza è parte integrante di chi oggi ripensa a quei momenti senza riuscire a spiegarli completamente.
Una lettura del viaggio che, nell’immaginario collettivo, viene percepito come avventuroso, come il cambiamento di uno status quo, come un pericolo a cui si va incontro, ma da cui scaturiscono cose nuove e diverse, a volte migliori.
L’atteggiamento resiliente è in tutte le persone intervistate ed emerge dai materiali d’archivio messi in mostra.
a cura di Vincenzo Estremo
La rassegna artistica si puù vedere nei locali di “Area Contemporanea” della Sak Be di Brolo