In appello i giudici cancellano la sentenza di condanna che aveva trasformato un sacrosanto giudizio politico nell’assurdo reato di “vilipendio del Capo dello Stato”. Storace aveva anche rinunciato alla prescrizione per poter dimostrare la sua innocenza e difendere il diritto alla libertà di espressione.
Ora dopo le condanne arriva l’assoluzione “perchè il fatto non costituisce reato”.
Così la prima sezione penale della Corte d’appello di Roma ha assolto Francesco Storace dal reato di offesa all’onore e al prestigio del presidente della Repubblica in relazione alle dichiarazioni rese il 13 ottobre del 2007 nei confronti dell’allora Capo dello Stato Giorgio Napolitano.
Storace, subito dopo l’assoluzione, ribadisce l’offesa a Napolitano. “Assolto! L’indegno era quello che stava al Colle…”, è il suo tweet a caldo, aggiunge: “Ho fatto bene a rinunciare alla prescrizione. Credo nella giustizia”.
Commentando i fatti Storace aggiunge ” L’ennesima assoluzione della mia vita fa anche giustizia in favore del diritto alle opinioni”.
Storace, alla lettura della sentenza, accolta con applausi da chi ha assistito al processo, era in aula ed è stato abbracciato dai suoi collaboratori.
“Mi spiace solo per quanti soldi siano stati spesi per responsabilità dell’allora ministro Clemente Mastella che autorizzò questo sciagurato processo”, ha chiosato con soddisfazione.
In primo grado era stato condannato a sei mesi di reclusione e la conferma di quella sentenza era stata sollecitata dal sostituto procuratore generale.
I fatti per i quali il leader della Destra era finito a giudizio sono legati all’iniziativa dell’allora senatrice a vita Rita Levi Montalcini che contribuì con un suo voto a non far cadere il governo guidato da Romano Prodi.
Un’iniziativa criticata aspramente sul blog di Storace ma non a lui direttamente riconducibile. Napolitano, pochi giorni dopo, ricevendo al Quirinale degli studenti, definì“indegno” l’attacco alla scienziata, scatenando a quel punto il commento dello stesso Storace che proprio in quei giorni aveva presentato un disegno di legge finalizzato ad eliminare la figura dei senatori a vita.
“Giorgio Napolitano – disse Storace – non ha alcun titolo per distribuire patenti etiche. Per disdicevole storia personale, per palese e nepotistica condizione familiare, per evidente faziosità istituzionale. È indegno di una carica usurpata a maggioranza…”.
All’indomani del voto con cui il Senato si espresse per l’insindacabilità delle opinioni manifestate da un parlamentare nei confronti del capo dello Stato, Storace scrisse “una lettera rispettosa” a Napolitano, scusandosi per “i toni e i contenuti” di quelle dichiarazioni e dicendosi disposto a un incontro per manifestare a voce il proprio dispiacere.
E giorni dopo, Storace fu ricevuto dal presidente della Repubblica per un colloquio di quasi due ore.
Il Quirinale, a quel punto, con una nota, dichiarò chiuso l’incidente, che invece è proseguito a livello giudiziario.
“Evidentemente si poteva dire indegno a un presidente della Repubblica fazioso”.
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