Ieri, Martedì 7 giugno 2016 il Presidente del Teatro Vittorio Emanuele, Maurizio Puglisi, e l’Assessore alla Cultura, Daniela Ursino, hanno inaugurato la mostra di Aurelio Valentini, dal titolo “vele di terra“, che concluderà il ciclo “R-esistenza d’artista” curato da Saverio Pugliatti. La mostra si concluderà domenica 19 giugno. Resterà aperta dal martedì alla domenica dalle 9:30 alle 13:00 e dalle 17:00 alle 21:00. Ingresso libero.
Si presenta come un ossimoro il titolo della personale di Aurelio Valentini “vele di terra”.
Accosta due termini, apparentemente contraddittori, per indicare i tendoni che proteggono dal sole e dalla pioggia le bancarelle dei mercati e che a volte scossi dal vento possono sembrare vele.
Eppure l’eco che sprigiona dal titolo, con l’iniziale vele scritto con la lettera minuscola, spinge ad immaginare che l’enunciazione celi altro.
E l’impatto con le opere lo conferma.
Quel che emerge dalle pieghe del racconto pittorico rivela, infatti, che il contrasto tra i due termini è stato scelto per meglio accostare. Per accostare, accostarci, guardare da vicino, uomini e donne, che spesso, ed oggi più che mai, vengono percepiti come opposti, come antitetici. Solo perché diversi sono il colore della pelle, la lingua, la religione.
E i mercati di Palermo, contesto privilegiato di molte delle opere di questa mostra, diventano il paradigma attraverso cui coniugare una quotidianità che parte dal dato realistico ma mai riproduce la realtà. Anche quando il quadro tratteggia uomini, bancarelle, vicoli, tende, l’accalcarsi di più figure in mezzo ad una moltitudine di oggetti, la realtà non riesce ad imporsi perché sovrastata da un’aura di indefinito.
La sofferenza umana, o meglio, lo sforzo di nasconderla immerge i protagonisti in un non-luogo e in uno spazio atemporale che raccontano esistenziali solitudini, abbandoni dolorosi, struggenti lontananze.
Dalle vesti, dai corpi, dai volti, spesso immersi in una accecante cornice bianca, emergono nitidi i segni dell’infelicità e dell’etnia, sia essa occidentale, africana o asiatica.
Ed è la luce, anzi il continuo passaggio tra la luce e l’ombra, che definisce la corporeità dei soggetti e contemporaneamente accenna alla loro dimensione interiore.
Grazie al “pennello, sporcato appena di pigmento”, come sottolinea la curatrice del catalogo, Mariateresa Zagone, Aurelio Valentini sfiora l’universo emotivo che ogni soggetto porta dentro di sé.
Figure maschili e femminili appoggiati ad un muro o colti di spalle, uomini e donne che si stagliano con le sole borse della spesa in mano o intenti a camminare tra i banchi di pesce o di frutta diventano l’inizio di un racconto che Valentini preferisce lasciare continuare a chi si sofferma dinanzi al quadro.
Dove vanno?
Da chi?
Che pensieri occupano la giovane occidentale appoggiata al muro e la donna musulmana che poco lontano, con una pesante borsa della spesa, si avvia verso una meta forse provvisoria?
Pensieri, turbamenti, passioni, affanni possono essere intuiti e proprio per questo non invitano alla resa di fronte ai misteriosi grumi emotivi. Anzi, fanno da sprone a che si esca dal proprio solitario io in cerca del respiro segreto che si cela dietro l’altro.
Chiunque esso sia, da qualunque luogo provenga.
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